SALUTO Cardinale Giuseppe Betori

PRESENTAZIONE A. Guerrieri

Sono molto legato al Cardinal Giuseppe Betori.
In un drammatico colloquio gli ho confessato i pensieri mostruosi di chi non ce la fa più.
SENTIRSI SOLI, questa drammatica percezione, è ciò che più di ogni altra cosa ci spinge tra le braccia della disperazione. Quando sono uscito da quella stanza, non ero più una Persona Disperata. Sentivo e sapevo di non essere più SOLO.
E’ in quella circostanza che è nata l’idea di questo Convegno. Questo Convegno ha un filo diretto con quel colloquio: il dovere di comunicare a tutte le Persone Disabili Gravissime ed ai loro Familiari, la CERTEZZA di non essere più soli. Di non essere abbandonati.
Affido la continuità di questo “SENTIRSI TUTTI INSIEME” alle parole di Sua Eminenza, Cardinale Giuseppe Betori.

SALUTO Cardinale Giuseppe Betori

Ho accolto volentieri l’invito a portare il mio saluto e quello della Chiesa fiorentina a questo Convegno sul “Diritto ad una vita dignitosa”, dedicato particolarmente alle persone disabili gravissime e ai loro familiari.

Rivolgo un cordiale saluto al Sig. Alberto Guerrieri, referente del Movimento Associativo “DIRITTO VITA DIGNITOSA”, alle Autorità, ai Relatori e a tutti i partecipanti. Alle persone disabili e ai loro familiari assicuro da parte mia e della Comunità ecclesiale affetto, solidarietà e pastorale sollecitudine.

Le tematiche che il Convegno intende affrontare sono complesse e delicate. Sono convinto che il punto di partenza per ogni riflessione sul vasto pianeta dell’handicap debba radicarsi sulle persuasioni fondamentali dell’antropologia cristiana: la persona disabile, anche quando risulta ferita in forme gravissime nelle sue capacità psico-fisiche, è un soggetto pienamente umano, con diritti sacri e inalienabili propri di ogni creatura umana. L’essere umano, infatti, indipendentemente dalle condizioni in cui si svolge la sua vita e alle capacità che può esprimere, possiede una dignità unica e un valore singolare a partire dall’inizio della sua esistenza fino al momento della morte naturale. La persona del disabile, con tutte le limitazioni e le sofferenze da cui è segnata, ci obbliga ad interrogarci, con rispetto e saggezza, sul mistero dell’uomo. Quanto più ci si muove, infatti, nelle zone oscure e ignote della realtà umana, tanto più si comprende che proprio nelle situazioni più difficili e inquietanti emerge la dignità e la grandezza della persona umana, e l’umanità ferita del disabile ci sfida a riconoscere, accogliere e promuovere in ciascuno di questi nostri fratelli e sorelle il valore incomparabile dell’uomo e della donna creati da Dio.

Il grado di civiltà di una comunità si misura in buona parte dall’impegno nell’assistenza ai più deboli e ai più bisognosi e nel rispetto della loro dignità di uomini e di donne. Ogni disabile dev’essere facilitato a partecipare, per quanto è a lui possibile, alla vita della società ed essere aiutato ad attuare le sue potenzialità di ordine fisico, psichico, affettivo e spirituale nell’ambito della famiglia, della scuola e del lavoro, adattando la società alle sue esigenze e abbattendo ogni forma di barriera, in primo luogo quelle di natura culturale. La società può dirsi fondata sul diritto e sulla giustizia soltanto se vengono riconosciuti i diritti dei più deboli: il disabile non è persona in modo diverso dagli altri, per cui, riconoscendo e promuovendo la sua dignità e i suoi diritti, noi riconosciamo e promuoviamo la dignità e i diritti di tutti e di ciascuno di noi. Una società che desse spazio solo ai membri pienamente funzionali, del tutto autonomi e indipendenti, non sarebbe una società degna dell’uomo. Con molta efficacia il Papa Francesco condanna duramente questa società e questa cultura dello “scarto”. La discriminazione in base all’efficienza fisica non è meno deprecabile di quella compiuta a causa della razza o del sesso o della religione.

Quando poi la disabilità raggiunge livelli di estrema gravità, allora insieme alla persona disabile la società deve farsi carico della sua famiglia. Sono infatti le famiglie dei disabili a subire i pesi più gravi della situazione. La loro solitudine è un tradimento da parte di una società che nasconde lo sguardo verso problemi che vorrebbe non vedere e che considera irrilevanti i casi che non fanno numero e quindi faticano a raggiungere le pagine dei giornali e i video televisivi. Famiglie condannate all’anonimato perché faticano a farsi sentire e a trovare chi ascolti il loro grido di aiuto.

Al riconoscimento dei diritti deve seguire, dunque, un impegno concreto di tutti, da parte della politica e della società, per creare condizioni di vita, servizi di sostegno e tutele giuridiche capaci di rispondere ai bisogni e alle dinamiche dei fratelli e delle sorelle “portatori di un’abilità differente”, come li chiamò il Beato Giovanni Paolo II, e delle loro famiglie, presso le quali è da privilegiarne la permanenza, anche se ciò comportasse un maggior carico economico e sociale. Perché la ricchezza dei rapporti e degli affetti non può avere prezzo ed è un fattore di sostegno più efficace delle stesse risorse tecniche.

Concludendo, ritengo che, in relazione al mondo della disabilità, il problema sia anzitutto culturale, poiché faticano ancora a crescere una mentalità ed una prassi attente ai diritti e ai doveri di ogni persona. Ecco, i fratelli e  le sorelle disabili possono essere il punto di avvio di una “conversione solidale”, che coinvolga l’intero sistema dei rapporti delle persone con la comunità, mettendo in luce le responsabilità di ognuno verso gli altri e verso il  bene comune. Una società che si china sui suoi membri più deboli è una garanzia di attenzione e di giustizia per tutti, dando la certezza che nessuna nostra fragilità, piccola o grande, sarà lasciata indietro.

Cari Amici, la Vostra presenza qui e il Vostro impegno sono una testimonianza che state dalla parte dei piccoli, dei bisognosi, dei sofferenti e degli emarginati. A nome della Chiesa vi esprimo il più cordiale apprezzamento.

 

Giuseppe card. Betori

Arcivescovo di Firenze

 


 

 

INTERVENTO  Alberto Guerrieri Referente
www.dirittovitadignitosa.it
 
Buongiorno a tutti.Nel dare inizio al Terzo Convegno Nazionale, Diritto ad una Vita Dignitosa, saluto i partecipanti ed ho il piacere di riferire che in data 4 novembre, il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Sua Eminenza Cardinale Angelo Bagnasco, ha inviato una lettera di sostegno alla nostra iniziativa per sensibilizzare sulla delicata tematica relativa al Diritto ad una Vita Dignitosa.
Non solo. In data 18 novembre  sono stato convocato a Roma dall’Ufficio di Presidenza del Quirinale per ricevere la Medaglia del Presidente della Repubblica. Il riconoscimento Presidenziale è così motivato: Egregio Signor Guerrieri Alberto, ho il piacere di trasmetterLe l’unita medaglia che il Presidente della Repubblica ha voluto destinare, quale suo premio di rappresentanza, alla Terza Edizione del Convegno Nazionale del Movimento Associativo “Diritto ad una Vita Dignitosa”. L’occasione mi è gradita per farLe giungere, insieme con l’augurio sentito per il successo dell’iniziativa, i saluti più cordiali.
Oltre a queste attestazioni di sostegno, è giunta anche quella del Prof. Melazzini, Assessore ai Servizi Sociali della Regione Lombardia.a Mi impegno a pubblicarle sul nostro Sito. Riconoscimenti indubbiamente significativi ed autorevoli, che da un lato ci gratificano e dall’altro ci impegnano nella responsabilità di trasferire alle Persone Disabili Gravissime ed ai loro Familiari la “Certezza che Nessuno verrà abbandonato”.
Ciò premesso, esprimo gratitudine a Sua Eminenza Cardinal Giuseppe Betori, per l’immediata disponibilità data.
Ringrazio il Vice Sindaco Stefania Saccardi ed attraverso Lei la Città di Firenze per averci ospitato.
Ringrazio i relatori tutti, per la disponibilità data ad argomentare contenuti Bioetici, Professor Massimo Gandolfini, Vice Presidente Nazionale, Scienza&Vita.
Biocostituzionali, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Prof. Ugo De Siervo.
Bioassistenziali,Prof. Luciano Eusebi, Ord. Diritto Penale all’Univ. Cattolica, Milano.
Biogiuridici, Prof.ssa Virginia Messerini, Doc. all’Univ.Pisa, Dipart. Giurisprudenza.
Biofiscali, Prof. Alessandro Giovannini,Ord. Diritto Tributario, all’Univ. Di Siena.
Termino con l’Assessore alla Salute della Regione Toscana, Dr. Luigi Marroni, che relazionerà contenuti della Legge Regionale Toscana 2013.
Tutti, autorevoli esponenti della CHIESA, della CULTURA, delle ASSOCIAZIONI e della POLITICA, che non hanno certo bisogno della mia presentazione.
Il Convegno così strutturato,è finalizzato a trasferire alle Persone Disabili Gravissime ed ai loro Familiari, cioè alle fasce più deboli della Società, a quelle Persone che non appartengono a Lobby, a chi non è nei pensieri di nessuno, la CERTEZZA che NESSUNO, verrà abbandonato.
Nel contesto di questa crisi economica internazionale, di questa diffusa incertezza Politico-Istituzionale, ci confronteremo con questo obiettivo, proponendo una Legge Nazionale di Iniziativa Popolare. Mettere in sicurezza le fasce sociali più deboli, deve essere considerata una questione PRIORITARIA ED INELUDIBILE, con la quale confrontarci e dare risposte CREDIBILI ancor prima che prevalga l’idea del Vantaggio Individuale: SI SALVI CHI PUO’ !
Per dare concretezza ad un problema così drammatico, abbiamo pensato di dar voce direttamente alle Persone Disabili Gravissime, attraverso le parole di una di loro, vocalizzate con l’ausilio di un computer ed estratte da un testo di NEWSLETTER di SCIENZA&VITA.
Inizia così: Rivendico il Diritto di Vivere in modo Dignitoso e Libero.
Manifesta quanto sia GRANDE LA SUA VOGLIA DI VIVERE E SENTIRSI ED ESSERE ANCORA PERSONA.

Testo Vocalizzazione: Rivendico il Diritto di vivere in modo Dignitoso e Libero. Diritto per Disabili in Condizioni Gravissime, a condurre una Vita Dignitosa, in piena autonomia ed indipendenza. Tragicamente mi viene in mente l’articolo 3 , comma 2, della nostra Costituzione: E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della Persona Umana.

Ma percepire che cosa significa essere Persona Disabile Gravissima, cercare anche soltanto di avvicinarsi un pò, è MERA ILLUSIONE. E’ IMPOSSIBILE.
La conoscenza non riesce a frugare nell’anima, nei pensieri, di questa sofferenza. Essere Persona Disabile Gravissima.
Allora ci siamo chiesti: Cosa accade se la Famiglia non è in grado per cultura, età avanzata od altro, di tutelare le Necessità Assistenziali ed i Diritti Inalienabili della Persona Disabile Gravissima? E soprattutto se queste Persone Disabili Gravissime, non appartengono a LOBBY?  Ad Organizzazioni cioè strutturate Socialmente e Politicamente sul territorio Nazionale e così efficienti da incidere concretamente sulla Esigibilità dei Diritti da loro rappresentati,
Resta invece escluso chi NON E’ NEI PENSIERI DI NESSUNO: I SENZA VOCE.
Questa realtà ci impegna maggiormente a fronteggiare una questione di particolare rilevanza Sociale: Mi riferisco all’incremento dei SUICIDI, quelli circoscritti esclusivamente alle Persone Disabili ed ai loro Familiari.
E’ oggettivamente difficile parlarne. Per chiunque. Ma qualcuno deve farsene carico. Ci siamo assunti la responsabilità di questo impegno, del farsi carico dell’ALTRO.
Mi fa paura l’idea dell’indifferenza e dell’assuefazione a queste tragedie. Soprattutto perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità, pone al primo punto, la Prevenzione del Suicidio, inteso come un lungo percorso di sofferenza ed in quanto tale, MALATTIA PREVEDIBILE E CURABILE.
La sofferenza quindi, non relazionata per indurre sentimenti di pietà, ma come Conoscenza del lacerante conflitto fisico, spirituale e psichico, di chi sopravvive in condizioni limite di estrema criticità.
Ciò che andremo a proiettare è unicamente finalizzato a questo obiettivo.

PROIEZIONE: Tratta dal Il Tirreno 2012. Evitato di documentare casi recenti.

TRAGEDIA A BARGA
UN PADRE UCCIDE IL FIGLIO DISABILE
VINTO DAL RIMORSO SI TOGLIE LA VITA

Non è una provocazione estremistica, perché sulla morte non si specula.
Lo abbiamo proposto perché la SOFFERENZA della Vita Umana, è uno di quegli argomenti di cui la Società preferisce non parlare. Imbarazza la nostra COSCIENZA. Franz Kafka, nelle lettere a Milena Jesenskà, non prova alcun imbarazzo. Anzi, drammatizza l’uomo malato che si avvoltola nel PUZZO del suo letto di morte, per poi dire all’amico medico: Se non mi uccidi, sei un assassino.
Questa proiezione quindi, è finalizzata unicamente a trasferire consapevolezza del Prezzo Sociale  che queste Persone pagano, nella percezione di essere abbandonate.
E’ come assistere alla separazione di due Continenti. Una enorme Faglia Sociale, separa il Continente di CHI ce la fa, dal Continente di CHI non ce la fa.
Concludo invitandovi a riflettere su quanto sia enorme il Pericolo di questa SEPARAZIONE, DI QUESTA DISGREGAZIONE SOCIALE.
 
 
 
 
 


Grazie per l’attenzione
 

 


 


INTERVENTO Stefania  Saccardi

 

PRESENTAZIONE  A. Guerrieri

Cedo la parola al Vice Sindaco Stefania Saccardi ed attraverso Lei, esprimo gratitudine, personale ed a nome dell’Associazione , alla Città di Firenze, per l’ospitalità offerta al nostro Convegno. La invito a riferire le personali esperienze, sia nell’impegno di Assessore alla Salute che di Assessore alle Politiche Sociali di Firenze. A Lei la parola

 

INTERVENTO  Stefania Saccardi

 

Do il benvenuto a tutti. Ringrazio Guerrieri per aver scelto la Città di Firenze per interrogarci su una questione così rilevante come quella della Vita Dignitosa riferita a Persone con Disabilità Gravissima. Quando ci siamo parlati, quando è venuto da me a riferirmi la sua vita, le sue difficoltà, ed i problemi di suo figlio, quando è venuto a dirmi che la Sua Battaglia non era personale, ma voleva essere una Battaglia per tutte le Persone Disabili Gravissime, soprattutto quelle che non sono nei pensieri di nessuno, mentre lo ascoltavo, pensavo che sono questi gli interrogativi che la politica dovrebbe sentire forti, ogni giorno,sulla propria pelle. La politica, come diceva il Cardinale Betori, ha un senso se riesce a declinarsi nella tutela delle Persone più DEBOLI.

Nessuno che abbia mezzi, strumenti e capacità ha bisogno della politica e delle istituzioni.

Sono le Persone che non ce la fanno, che hanno piena necessità, che hanno bisogno della politica. E questa dovrebbe essere la missione di ciascuno di noi, delle nostre Istituzioni, delle nostre diverse responsabilità. E la cosa più difficile con cui un politico deve confrontarsi è quella di fare delle scelte. Perché governare vuol dire fare delle scelte. E soprattutto in tempi di difficoltà economiche, non è semplice capire e definire le priorità. Quando i bisogni  che ci chiedono, che esigono una risposta, sono bisogni che hanno diritto ad una tutela. La scelta quindi,  è la cosa più difficile. Chi fa politica deve capire quali siano le priorità rispetto a bisogni che devono essere tutelati. Abbiamo a che fare con Associazioni che si occupano di Disabilità, nella consapevolezza che ogni storia di Disabile, sia una storia a parte, una Sua Storia. Per questo ci sono tantissime Associazioni. Per certi versi questa è una ricchezza ed un limite. Perché ogni tipologia di disabilità sente una sua specificità, sente che è diversa dall’altra e quindici chiede una risposta personalizzata, una risposta più precisa. E questo è il senso, la direzione verso cui andare, per rispondere ad una richiesta di intervento.

La Regione Toscana sta facendo delle cose importanti sulla Disabilità. Si consideri che i Progetti di Vita Indipendente non ci sono in tutte le Regioni d’Italia. La Città di Firenze gestisce 75 progetti e riusciamo ad erogare un contributo medio di 1400 euro, a fronte di contributi compresi tra 850 e 1600 euro. A Firenze , di media siamo intorno a 1370 euro riferiti a ciascuna persona disabile che tenta di trovare la via dell’autonomia. Credo che per una Persona Disabile, riuscire nei limiti del possibile a raggiungere una propria autonomia sia la cosa più importante di tutti. In questo senso è molto importante il lavoro. E’ molto importante avere la possibilità di spostarsi, di comunicare. Riuscire a comunicare significa mantenere i contatti con il mondo. Significa sentirsi vivi. Significa sentirsi ancora parte della Società. Il Comune di Firenze ha stanziato in bilancio 5 milioni di euro per risorse da destinare alla Disabilità. Un bilancio mai facile anche se per questa legislatura abbiamo cercato di reperire risorse da declinare a risposte residenziali, risposte domiciliari, nei centri diurni e per la Vita Indipendente. Su questa parte ci sono anche le risorse della Regione e dei Comuni. Stiamo provando a fare un ragionamento di integrazione. So che bisognerebbe farlo sempre di più per riuscire a dare risposte sempre più personalizzate ed efficaci. Quindi mi rendo conto che quando parlo con le Associazioni sento, percepisco le loro difficoltà nell’affrontare la vita quotidiana con dignità.

DIGNITA’. Questa parola bellissima che Guerrieri ha messo a base della Sua Associazione.

Mi riconosco nelle parole del Cardinale Betori in relazione alla necessità di sensibilizzare l’Opinione Pubblica, la Società nel Suo insieme, attraverso un percorso di comunicazione  sulle tematiche della Disabilità. Potremmo definirlo come un percorso di educazione alla Disabilità. Sono concetti importanti.

Una delle cose di cui mi sono interessata in passato e di cui mi occupo anche ora, è l’inserimento lavorativo delle Persone con Disabilità. E’ una partita difficilissima in cui ci misuriamo ogni giorno ed è fortemente condizionata dagli aspetti economici. Nonostante il fatto che questo Paese abbia una legge di grande civiltà, la Legge 68, che obbliga le Aziende ad assunzioni di Persone con disabilità, tristemente registriamo una rete di Aziende che preferiscono pagare MULTE, piuttosto che assumere Persone con disabilità. Sfugge loro che molto spesso invece, il lavoro rappresenta la cura per certe disabilità. Penso alla Disabilità Intellettiva. Riuscire a mettere a lavorare queste Persone, significa risolvere gran parte dei loro problemi. I passi da fare sono tanti. Penso che la politica debba occuparsi di questo. Penso che questa sia la nostra missione. Penso a quegli Industriali che tranquillamente hanno la possibilità di gestire la loro vita. Ma per contro penso a quanti, nel contesto di questa crisi, ci chiedono di intervenire su tanti fronti. Dobbiamo così affrontare tanti problemi e tutti, per certi versi, comunque bisognosi.

Per quel che riguarda l’Amministrazione Comunale di Firenze, nonostante tutte le difficoltà, cercheremo di non fare un passo indietro su questo fronte. Faremo il possibile per fare un passo in avanti insieme con tutte le altre Istituzioni che si occupano di questo tema.

Certamente sempre di più insieme con la Regione Toscana per sviluppare politiche integrate, mirate a dare risposte efficienti ai tanti bisogni. Insieme anche alle Province, soprattutto per quanto attiene le politiche di inserimento al lavoro. Insieme alle Associazioni, perché spesso sono le Associazioni i soggetti che hanno piena consapevolezza dei bisogni e delle necessità riferite al mondo della disabilità. Per quanto ci sforziamo, non riusciremo mai a conoscerle fino in fondo.

Concludo nel rinnovare il ringraziamento a Guerrieri per la Sua Battaglia che ogni giorno fa non solo su un piano personale, ma finalizzata a garantire condizioni possibili di DIGNITA’, a Tutte le Persone Disabili Gravissime. Auguro quindi a TUTTI buon lavoro e vi dico che su questo fronte, il Comune di Firenze sarà sempre pronto, non solo ad ospitarvi, ma anche a condividere un possibile percorso comune.

 

 

 
 
 

INTERVENTO  Massimo  Gandolfini

PRESENTAZIONE  A. Guerrieri

Affrontare una questione quanto mai complessa, quale l’esigenza di mettere in sicurezza le PERSONE DISABILI GRAVISSIME, I PIU’ BISOGNOSI, non può prescindere da porre una riflessione

BIOETICA. Mi tornano utili le parole del Prof. Lucio Romano. La riflessione di ordine Bioetico, è Questione Sociale, è Questione Politica. Tema che affido al Prof. Massimo Gandolfini, Vice Presidente Nazionale dell’Associazione “Scienza&Vita”.

Prego, Prof. Gandolfini

 

 

 

INTERVENTO  Massimo  Gandolfini

Grazie Sig. Guerrieri, grazie a tutti loro. Mi associo a quello che ha detto il Prof. Romano, citato adesso dal Sig. Guerrieri. Il tema Bioetico è davvero e possiamo dire, dovrebbe essere l’Orsa Maggiore che ci indica la direzione nella quale poi le scelte sociali, economiche e politiche devono mirare. Per cui penso che avere un po’ chiaro il tema della Disabilità e quali contorni questo tema abbia, sia di grandissima importanza.

Anche qualche piccolo dato statistico, perché, parlare di Disabilità, significa parlare di una larga fetta, non soltanto della popolazione italiana, ma addirittura della popolazione mondiale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che le Persone portatrici di forme di Disabilità, ovviamente le più varie nel mondo, sono circa il 20% della popolazione mondiale. Si parla di qualcosa da un Miliardo ad un Miliardo e mezzo di persone, per cui è l’intera Comunità Umana che deve affrontare questo tema. E siccome il tema che mi ha affidato il Sig. Guerrieri, riguarda soprattutto le forme di Gravissima Disabilità, io di professione, faccio il medico chirurgo e guardando in modo particolare al mondo delle malattie neurologiche, un esempio, per avere sempre chiare le dimensioni del tema, sono i gravi disturbi della prolungata assenza di coscienza. Anche qui qualche dato ci aiuta. In Italia si pensa che anche se non esiste purtroppo allo stato attuale un Registro, ma si parla di 3500-4000 concittadini italiani affetti da gravi disturbi prolungati di coscienza. Un 60% addirittura in quello che viene ancora chiamato Stato Vegetativo Persistente. E l’età media di questi nostri concittadini è di 55 anni. Queste Persone hanno bisogno di un accudimento che viene stimato intorno alle 5 e/o 6 ore/giorno. Il carico nettamente maggiore è quello che viene supportato dalla Famiglia. E supportato dalla Famiglia, là dove le Famiglie ci sono. Perché in un contesto sociale in cui purtroppo anche la Famiglia viene ad essere terribilmente ferita e disgregata, anche l’apparato di ammortizzatore sociale che la Famiglia dovrebbe avere nei confronti di queste Persone, sta venendo meno. In modo particolare il ruolo della Donna. Pensate che le statistiche ultime  dell’ISTAT, ci dicono che il 91% dei Caregivers sono Donne, sono Mamme, sono Mogli, sono Sorelle, sono Familiari Donne. E molte volte hanno rinunciato alla propria carriera, al proprio lavoro, alla propria Vita, per poter accudire il loro Fratello, Marito, Genitore, in questa condizione. Per questo parlando di una questione Sociale di grandissima importanza, è necessaria una piccola premessa. Perché è soprattutto nel nostro mondo, e dal punto di vista Bioetico, bisognerebbe aver chiara la distinzione fra due Principi. Il Principio di CURA  ed il Principio di  TERAPIA. Mi permetto di sottolinearlo con forza perché purtroppo su questi due Principi si fa tanta confusione. Nel momento in cui si parla della possibilità di sospensione delle TERAPIE, molte volte si mette dentro la fattispecie della TERAPIA anche la fattispecie della CURA. E quindi di pensare della legittimità di poter sospendere le CURE. Ma in realtà, da un punto di vista strettamente medico, mondo al quale appartengo personalmente, le due fattispecie sono molto diverse. La TERAPIA, il concetto di TERAPIA è un qualsiasi periodo, un qualsiasi trattamento sanitario che ha come finalità di prevenire, di bloccare, di vincere se è possibile, la malattia. Per cui il criterio è il concetto di TERAPIA è relazionato al concetto di MALATTIA. La CURA invece, si intende , lo leggo dal manuale della Associazione degli Infermieri Professionali Italiani, si intende ogni periodo finalizzato a soddisfare bisogni fisiologici elementari propri  di ogni Persona umana. Ogni uomo ha cura della propria Persona. E tale cura viene affidata ad altri in condizione di non autonomia. Quindi vedete che così come il principio, il concetto di TERAPIA è relazionato al concetto di MALATTIA, il concetto di CURA è relazionato al concetto do PERSONA. Sono due piani totalmente diversi. Là dove esiste, sussiste la Persona, questa Persona ha necessità di CURA. Detto anche in termini molto più semplici, è la CURA del proprio corpo, della propria Persona che ognuno ha di se stesso. Questa CURA che noi abbiamo di noi stessi, deve essere necessariamente trasferita ad altra Persona, nel momento che in cui non siamo più abili e non siamo più autonomi per poter curare noi stessi. Ecco perché dal punto di vista strettamente etico, con una gravissima caduta, ovviamente anche di ordine strettamente antropologico, mi permetterei di dire, anche di ordine geopolitico, paventare l’idea che le cure assistenziali di base, possono essere sospese al pari di una TERAPIA, significa fare un’invasione di campo e dal punto di vista Bioetico è ILLEGITTIMA.

Dobbiamo sempre tener presente che quando parliamo di Disabile, disabile è aggettivo, il sostantivo è Persona. E purtroppo molte volte , nello stigma, diciamo così, diffuso, si fa una sorta di equazione per cui la menomazione fisica o mentale che determina un certo tipo di Disabilità, diventa una sorta di menomazione della Dignità della persona. Per cui, di tragica memoria, si portano avanti teorie sulle Vite Indegne di essere vissute e sulla Morte Dignitosa da infliggere a colui che invece viene detto non poter vivere una Vita Dignitosa.

Questo è uno stigma INACCETTABILE.

La menomazione, la grave menomazione, la grave disabilità non infligge Nulla. In Nulla fa scadere anche soltanto di un millimetro, la Dignità che è legata alla Persona umana. Inoltre sempre sottolineando questo terreno molto poco virtuoso e pericolosissimo, proprio direi per l’Umanità, in generale dobbiamo sempre tener presente che l’idea della Autonomia Totale, l’Onnipotenza dell’Autonomia, è un’idea che in realtà non dovrebbe neanche far parte  del bagaglio umano, perché la nostra vita è legata a due fattispecie molto importanti

quali la Vulnerabilità e la Dipendenza.

Eva Kittay, che è stata ed è una importante Bioeticista, di area assolutamente laica, sostiene anche per un’esperienza personale, questa filosofa e mamma di una ragazza portatrice di una gravissima disabilità mentale, sostiene che dalla constatazione di essere tutti figli e noi siamo comunque tutti figli, nasce il nostro essere contemporaneamente Vulnerabili e Dipendenti. La vita di relazione all’interno della piccola comunità Familiare  o all’interno della grande comunità Sociale, è una relazione che sa di dipendenza da altri e che ammette proprio per questa ragione, una propria Vulnerabilità intrinseca.

Per volerla dire in termini Bioetici correnti, ognuno di noi può donare e prendersi cura dell’altro, ma contemporaneamente, abbiamo bisogno di essere curati. E non soltanto nel momento in cui, nessuno di noi sa quando, quel momento potrà avvenire, se mai verrà di una grave Disabilità, ma dal fatto della stessa vita corrente. Abbiamo bisogno di dipendenza, di riconoscere Dipendenza e Vulnerabilità.

Nella diciamo così Antropologia, nella Bioetica del prendersi cura, la distinzione fondamentale deve essere fatta sul concetto di Persona. La Persona realizza, evoca i concetti di Solidarietà, di Responsabilità, di Giustizia. Oggi forse si sposta molto più l’obiettivo e l’illuminazione, come dire si sposta l’attenzione dalla Persona, i riflettori si spostano di più sul concetto di Individuo. E tanti problemi che all’interno della nostra Società oggi vanno assumendo sempre più peso, sempre più importanza, nascono dal fatto che si perde l’idea di Persona, quindi di relazione per sottolineare l’idea di Individuo. L’Individuo è per sua natura Autonomo, Indipendente. Ed ecco che legato al criterio di Individuo, c’è il criterio di fruibilità ed addirittura di trasformazione in Diritto, il Desiderio della singola Persona. Naturalmente il farsi carico, il prendersi cura, richiede delle tappe. Non è un’affermazione generica, romantica o poetica di un principio. Questo principio richiede delle tappe anche di ordine tecnico, di ordine scientifico. Ecco che allora per farsi carico, è necessario stilare, riconoscere i bisogni dell’altro. Bisogna chiedersi se si può fare qualcosa per l’altro e contemporaneamente se si è in grado di soddisfare questi bisogni. Da questi due primi addendi, deriva un terzo addendo che fa la somma generale del prendersi cura ed è il fatto di verificare se il bisogno dell’altro poi è stato anche realizzato.

Concepire la categoria della Dipendenza e della Vulnerabilità umana, non fa parte della moralità personale. Certamente ognuno di noi, in coscienza e personalmente, deve dare risposte a queste domande del prendersi cura dell’altro.  Ma cercare di relegare il prendersi cura, il “ to care “alla Moralità individuale e privata è senz’altro sbagliato, perché è la struttura di una Società civile democratica. Concetti che sono stati espressi dal Vice Sindaco Stefania Saccardi, dall’Assessore Marroni ed in maniera così alta, anche da Sua Eminenza Cardinale Betori, la misura di una Società realmente civile, è la capacità di prendersi cura della Persona gravemente Disabile, cioè del suo cittadini più Vulnerabile, più Debole. Quindi il dovere di dare cura, si lega al Diritto di ricevere Cura.

Oserei dire che è quasi un vero e proprio Patto Sociale di rooseveliana memoria. Si lega al dovere da parte della Società abile di dare cura, al Diritto della Persona di ricevere Cura.

Oggi nel mondo Bioetico si stanno scontrando due grandi partiti: il partito dell’Etica della Cura, quella di cui vi ho appena detto, e poi c’è soprattutto nel mondo anglosassone, tutto il partito della così detta  Disability Star.

Questa visione a chi crede nell’etica di prendersi cura,è una visione terribilmente meccanica e quindi anche molto pericolosa. Ad esempio il soggetto, la Persona Disabile, viene etichettata come la Persona Bisognosa.  Legato al bisogno si lega il concetto di Sudditanza, come una Persona Succube.  E siccome tutto questo viene letto all’interno del mito dell’Autonomia, dell’Indipendenza è chiaro che il prendersi cura, il “ to care”, viene letto come una forma di oppressione, di imposizione, di infantilizzazione della Persona Disabile, che in questa maniera verrebbe ancora più marginalizzata.

Jenny Mares arriva a scrivere che l’unico modo per dar potere alle Persone Disabili, è abbattere l’ideologia della Cura. Perché avere Potere significa Scelta e Controllo. Non si può avere contemporaneamente Potere, il termine che viene usato è empowerment, e fornire Cura.

Per cui dobbiamo spostare il concetto di Dipendenza, da tema morale, non solo ripeto di moralità individuale, ma di moralità Sociale, al tema di Contratto di lavoro. Smettiamola di parlare delle persone che si prendono cura, come i caregivers, ed assumiamo anche delle

dizioni diverse. Vengono proposte dizioni di dependency worker o di personal assistant.

Possono stare così le cose? Il dato tecnico può assumere in sé tutte le fattispecie della cura della persona Disabile? Si può fare a meno di una visione morale facendo una visione esclusivamente meccanica? Per dare una risposta bisogna fare riferimento al dat prendersi cura. La domanda fondamentale è : il soggetto Disabile costituisce una finalità come Persona od è soltanto un oggetto di relazione professionale? E l’agire professionale è soltanto strumentale od è anche comunicativo relazionale? La Persona Disabile è soltanto un oggetto che deve essere trattato tecnicamente anche in maniera magari idonea e perfetta e quindi la relazione verso la Persona Disabile è un fatto soltanto di tecnicismo di contratto di lavoro o questa relazione, questo prendersi cura investe la Persona nella sua totalità, anzi meglio, due persone nella loro totalità. La Persona di chi dona e la Persona di chi riceve cura.

Dobbiamo anche probabilmente staccarci dal modello medico della Disabilità, lo dico da medico. Il modello medico della Disabilità ha questa proposta. Cercare di definire la Disabilità, cercare di fornire una terapia alla disabilità è certamente una strada da praticare, da percorrere che deve essere incentivata come la ricerca scientifica e quant’altro. Ma se ci si limita al modello medico, là dove ci si trova di fronte a delle forme di Disabilità non trattabili dal punto di vista terapeutico, probabilmente tutto il compito è finito. Ecco perché il modello medico è soltanto un angolo di prospettiva e di visuale. Questo deve essere assolutamente coniugato a livello relazionale della cura, dove Cura e Giustizia sono la compensazione di questo rapporto asimmetrico che esiste tra la Persona Disabile e la Persona Abile e magari il mondo della medicina.

Certamente questo rapporto è asimmetrico, ma facendo riferimento alla relazione di cura e facendo riferimento al rapporto di Giustizia, cioè alla pari Dignità, e quindi alla fruizione dei medesimi Diritti che sono legati alla Persona umana, si può superare e si può trovare un giusto equilibrio fra l’etica della cura ed il fornire dei presidi anche tecnici ed anche lavorativi.

Le Convenzioni Internazionali, non mi dilungo molto, sono molto esplicite da questo punto di vista e ringraziando il cielo, mantengono alto il livello del dibattito. La Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità dell’O.N.U. del 13 dicembre 2006, dice testualmente all’art. 5 , comma F, che bisogna prevenire il rifiuto discriminatorio di Assistenza Medica o di Prestazioni di Cura, di Servizi Sanitari o di Cibo, o di Liquidi, in ragione della disabilità. La disabilità non è una categoria, diciamo così, che permette di discriminare tra cittadini. E’ quello che molte volte dico anche ai miei studenti della specializzazione, quando si parla grandi principi sui quali anche si fonda o si dovrebbe fondare la medicina, dico che dovremmo  imparare a memoria come sappiamo a memoria l’Ave Maria o il Padre Nostro. E’ il preambolo della dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo. Questo preambolo recita il riconoscimento della Dignità propria di tutti i membri della famiglia umana e dei loro Diritti, Eguali ed Inalienabili, costituisce il fondamento della Libertà, della Giustizia e della Pace.

Se veramente vogliamo costruire una Società giusta, una Società che viva secondo Giustizia  in Pace e Libertà, il primo elemento, oserei dire la condizione “ sine qua non “ è il riconoscimento di questi Diritti che sono legati ad ogni membro della Famiglia umana. Quindi questo membro della Famiglia umana, non ha bisogno di aggettivazioni particolari, perché gli vengono riconosciuti i Diritti Eguali ed Inalienabili. Per il fatto stesso di essere un membro della Famiglia umana, è titolare di questi Diritti e questi Diritti vanno a lui riconosciuti. Permettetemi in conclusione, anche di fare un piccolo accenno ad un altro principio etico che dovremmo recuperare o comunque avere sempre presente. Ed è il concetto di Dono. C’è un’antropologia che è legata al concetto di Dono. Il prendersi cura, certamente è un’attività che richiede anche delle conoscenze tecniche e quindi diventa un’attività lavorativa. Ma il prendersi cura, conosce un’espressione ancora più grande se facciamo riferimento al concetto di Dono. Il concetto di Dono ha un valore antropologico relazionale enorme. Significa il riconoscimento di una Persona che è di fronte a me di pari Dignità alla quale io sono disposto gratuitamente a donare qualcosa delle mie competenze, del mio tempo, delle mie capacità, delle mie doti, perché riconosco nell’altro, in fondo, un me stesso. Il Dono non è unidirezionale. E’ bidirezionale. La Persona Disabile è portatrice di un grande, di un grandissimo Dono per le Persone Abili e per la Società Abile. Per le Persone Abili ci impone quasi di ritornare ad una moralità, ad una umanità che molte volte possiamo anche perdere o comunque dimenticare. La Persona Disabile è un Dono per la Persona Abile ed è contemporaneamente un Dono per la Società. Impone alla Società la verifica quotidiana del domandarsi se ancora davvero è una Società inclusiva od è una Società discriminatoria che crea dei livelli e che quindi come tale, non meriterebbe quasi neanche più di essere chiamata Società civile. Concludo citando, facendo una citazione Laica ed una citazione Cristiana. La citazione Laica , è di Simon Vey. Nel 1980 scrive un libro ricchissimo di umanità. Cito questa frase: LUI NON MI INTERESSA.

Ecco una parola che un uomo non può rivolgere ad un altro uomo senza commettere una crudeltà e ferire la Giustizia. Se di fronte ad una Persona sentiamo nascere dentro di noi l’idea che di LUI NON MI INTERESSO, NON MI COINVOLGE, NON MI RIGUARDA, davvero stiamo sfiorando il livello della Crudeltà e certamente il livello dell’Ingiustizia. La beata Madre Teresa di Calcutta, diceva per esperienza personale: quando per TUTTI sei diventato NESSUNO, quel dolore non ha più limiti.

Vorrei concludere dicendo che dobbiamo imparare a riconoscere la nostra responsabilità non solo Morale, ma Sociale e Civile verso la Persona Disabile, se vogliamo continuare a rispettare in noi stessi la nostra stessa umanità, condizione perché possiamo costruire una Società che sia davvero Civile.

 

Ringrazio per l’attenzione.


 

INTERVENTO Ugo De Siervo

 

PRESENTAZIONE A. Guerrieri

Fuori da queste mura, le Persone Disabili Gravissime ed i loro Familiari percepiscono un clima inquietante di incertezza Politco-Istituzionale, in rapporto alla crisi economica  internazionale, alla quale si sovrappongono scenari di guerra  e di chi fugge dalle tragedie.

Per queste famiglie resta un sol punto di riferimento verso cui indirizzare le loro speranze a tutela del Diritto di Eguaglianza, Diritto di Assistenza, Diritto di Garantire la Dignità della Persona. Mai come ora, si avverte forte e prepotente  l’esigenza del rispetto e dell’applicazione della Costituzione Italiana.

Tema delicatissimo e quanto mai attuale, che affido alle riflessioni del Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Prof. Ugo De Siervo.

 

 

INTERVENTO Ugo De Siervo

 

Non è certo difficile evidenziare i fondamenti costituzionali relativi alle necessità che a ciascuno, specie se in situazione di particolari difficoltà sanitarie, sia garantita una Vita Dignitosa; semmai, il problema si pone sul versante dell’effettiva adozione delle diverse politiche di sostegno necessarie ed efficaci per garantire questo obiettivo. Ma anche su questo piano, vi sono già alcune importanti concretizzazioni nella legislazione e nella giurisprudenza costituzionale.

La nostra Costituzione , sorta per dare una risposta positiva ai grandi drammi evidenziati dalla crisi degli antichi Stati liberali, dagli abusi intollerabili dei totalitarismi, dai drammi e dalle distruzioni delle guerre, contiene, come ben noto, alcune fondamentali disposizioni a tutela della Persona Umana, considerata anche nella Sua concretezza e nei suoi bisogni, e del ruolo degli organismi sociali che operano fra gli Individui e le Istituzioni politiche.

Non a caso, Giorgio La Pira, nei fondamentali dibattiti iniziali alla Costituzione, finalizzati all’individuazione dei principi di fondo del nuovo Patto Costituzionale, partì dall’affermazione che lo Stato Democratico deve prendere atto di dover necessariamente tutelare i Fondamentali Diritti Umani, ora necessariamente estesi anche ai Diritti Sociali.

Oppure si può ripensare alla proposta vittoriosa di Aldo Moro, sempre alla Costituente di riportare all’inizio del testo costituzionale quelli che sono ora gli Art. 2 e 3 della Costituzione, da lui definiti come “ la chiave di volta della nostra Costituzione”, una sorta di criterio interpretativo fondamentale del nuovo patto: in realtà in queste brevi disposizioni si trova espressa, in estrema sintesi, la concezione di fondo del rapporto intercorrente fra i soggetti che compongono la nostra comunità politica e l’organizzazione istituzionale, ma anche le caratteristiche di fondo del nostro regime democratico.

Anzitutto vi è nettamente affermata la priorità concettuale, ma anche giuridica, delle Persone e delle realtà sociali allo Stato “ La Repubblica riconosce e garantisce i Diritti Inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la Sua personalità”: affermazione che solo in apparenza sembra essenzialmente filosofica, ma che in realtà costituisce la solida base delle libertà individuali e collettive, nonché delle molteplici tutele dei diritti che noi troviamo in tante successive disposizioni costituzionali. Il fatto poi che questa norma si riferisca anche alle così dette “Formazioni sociali” ( dalla Famiglia alle Comunità linguistiche, dalle Confessioni religiose, ai Sindacati, a molte manifestazioni delle fenomenologie associative) pone la premessa per tutte le disposizioni costituzionali che a queste attribuiscono responsabilità e poteri e per lo stesso principio della sussidiarietà, dal 2001 reso esplicito dall’ultimo comma dell’art. 118 della Cost. ( principio secondo il quale le diverse istituzioni pubbliche devono anzitutto favorire”L’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale”).

Ma lo stesso art. 2 della Cost. affianca alla piena tutela dei valori personalistici e comunitari la richiesta che i diversi soggetti adempiano ai “ doveri inderogabili di solidarietà politica , economica e sociale”: prescrizione di grandissima importanza anch’essa , non solo perché i doveri sono definiti “Inderogabili”, ma per il riferimento esplicito al concetto di Solidarietà e cioè al riconoscimento dell’esistenza di rilevanti interessi comuni che accumunano tutti i soggetti dell’Ordinamento Repubblicano, senza che quindi, alcuno, al di là di tutte le lecite diversità di opinioni e di interessi, possa pretendere di sottrarsi alle responsabilità che gli derivano dal vivere associato.

Al tempo stesso, la scelta per lo Stato Sociale ha rappresentato una sicura scelta di fondo, con la quale si è rifiutato di ridurre la Democrazia alle sole, pure essenziali, norme sulla partecipazione politica ed alla necessaria rappresentatività degli organi legislativi. Come ben noto, da questo punto di vista è particolarmente significativo il famoso secondo comma dell’Art. 3 della Cost. perché nella prescrizione dell’impegno attivo delle nostre Istituzioni a rimuovere le tante disuguaglianze di fatto esistenti dà per scontato, da una parte, che “ ostacoli di ordine economico e sociale” possano portare a significative alterazioni dell’Eguaglianza dei punti di partenza e, dall’altra, che ciò che la Repubblica deve, invece, cercare di tutelare è “ il pieno sviluppo della Persona Umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.Ma certo, l’impegno per l’Eguaglianza sostanziale viene dopo la solenne e precisa riaffermazione del classico principio di Eguaglianza, ora anzi arricchito dalla dichiarazione che tutti hanno “pari Dignità Sociale e sono Eguali dinanzi alla Legge” e che comunque è inaccettabile ogni discriminazione per motivi “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”: e questo principio non ha certo esaurito la sua funzione con la intervenuta ( seppur lenta), eliminazione di tante vecchie ed inaccettabili discriminazioni, in una Società come quella attuale, nella quale l’ossessione per il potere e la stessa grande dimensione degli apparati pubblici e privati tendono a far sorgere continuamente nuovi privilegi o ad affidare le tutele sociali solo a pesanti strutture burocratiche, mentre la vasta ripresa dei flussi migratoti verso le aree più sviluppate alimenta gravi tendenze discriminatorie.

Questi nuovi principi costituzionali hanno contribuito a produrre  molteplici conseguenze sul piano legislativo, con una progressiva concretizzazione di molti diritti sociali, ma naturalmente anche con non pochi problemi, allorchè ci si è limitati a mere espansioni di inadeguati o pesanti servizi pubblici, senza valorizzare in modo adeguato le realtà sociali più vicine alle situazioni di bisogno, a cominciare dalle famiglie. Ma poi, specie in prolungate fasi di crisi delle finanze pubbliche, sono palesemente aumentati i rischi di grave regressione delle tutele verso i più deboli.

Qui però vi è lo spazio e la responsabilità anche degli organi giurisdizionali, a cominciare dalla Corte Costituzionale, nel cercare di tutelare quanto meno, le Fasce Sociali più bisognose, sulla base dei Principi Costituzionali. Penso, ad esempio, alla sentenza della Corte Costituzionale ( n. 80/2010) che, malgrado ribadisca il tradizionale riconoscimento al legislatore di una sua naturale discrezionalità nelle tutele delle Persone Disabili, ha però dovuto dichiarare l’illegittimità costituzionale delle disposizioni legislative che avevano ridotto drasticamente gli insegnanti di sostegno assolutamente indispensabili per gli studenti affetti da gravi disabilità. E ciò per radicale irragionevolezza, poiché per la Corte le norme impugnate arrivavano a contraddire il nucleo indefettibile delle garanzie del Diritto all’Istruzione del Disabile Grave.

Ciò anche con riferimento al ruolo del tutto particolare che hanno i Genitori del Disabile Grave: è del 2003, ad esempio, una sentenza ( la n.350) che ha affermato l’Incostituzionalità della disposizione sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative della Libertà che impediva che si potesse concedere, ovviamente a particolari condizioni, la detenzione domiciliare alla madre condannata , od in sua assenza, al padre condannato che convivesse  “ con un figlio portatore di handicap totalmente invalidante”. Nella legislazione si prevedeva , infatti, la possibilità della detenzione domiciliare soltanto se la prole avesse meno di dieci anni, ma nulla del genere nell’ipotesi di figli gravemente invalidi: ma la Corte allora obiettò che la salute psico-fisica del figlio gravemente malato “ può essere …e notevolmente, pregiudicata dall’assenza della madre, detenuta in carcere , e dalla mancanza di cure da parte di questa, non essendo indifferente per il disabile grave, a qualsiasi età, che le c ure e l’assistenza siano prestate da persone diverse dal genitore. In questa prospettiva , la possibilità di concedere la detenzione domiciliare al genitore condannato, convivente con un figlio totalmente handicappato, appare funzionale all’impegno della Repubblica, sancito nel secondo comma dell’Art. 3 della Costituzione, di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale che impediscono il pieno sviluppo della personalità”.

Soprattutto, di recente, su basi analoghe, la giurisprudenza costituzionale sta intervenendo in vari settori a tutela dei soggetti più gravemente handicappati: qui mi limito a richiamare l’attenzione su un vero e proprio piccolo filone giurisdizionale che sta fortemente incidendo sulla legislazione relativa alla disciplina  dei congedi per assistere familiari gravemente handicappati, di cui ultima e pregevole espressione è una recentissima sentenza del luglio scorso, la n. 203 del 2013, che fa il punto della situazione , ora in parte migliorata anche sul piano legislativo. Mentre, infatti originariamente ci si riferiva solo ad un periodo di congedo non retribuito, non superiore a due anni, riferito ad un disabile grave da almeno cinque anni, con le più recenti modifiche legislative il congedo è retribuito e non presuppone  più il lungo periodo di disabilità grave ; inoltre ora si prevede che possano utilizzare il congedo tutta una vasta serie  di soggetti dell’ambito familiare, secondo alcuni rigidi criteri di priorità tra loro ( qui in sostanza si sono recepite le sentenze della Corte Costituzionale  nn. 233/2005,  158/2007, 19/2009 che hanno progressivamente allargato la platea dei possibili soggetti legittimati,  in origine ristretti ai soli genitori ed ai fratelli conviventi, nel caso di decesso dei genitori). Ed è curioso che con la recentissima sentenza la Corte abbia però dovuto ulteriormente allargare  le categorie dei possibili interessati al congedo ai fini assistenziali, estendendolo, in caso di mancanza o impossibilità degli altri soggetti, anche al parente od all’affine entro il terzo grado convivente con il disabile grave.

Ma ciò che maggiormente rileva sono alcuni importanti passaggi argomentativi della recentissima sentenza, che mettono bene in evidenza le norme ed i valori costituzionali incidenti in questa particolare materia. Anzitutto la Corte afferma che “ il legislatore ha istituito una forma indiretta o mediata di assistenza per disabili gravi, basata sulla valorizzazione delle espressioni di solidarietà esistenti nel tessuto sociale e, in particolare, in ambito familiare, conformemente alla lettera ed allo spirito della Costituzione a partire dai principi di solidarietà e di sussidiarietà di cui agli art. 2 e 118, quarto comma, Cost…..

Il congedo straordinario è dunque espressione  dello Stato sociale che si realizza, piuttosto che con i più noti strumenti dell’erogazione diretta di prestazioni assistenziali o di benefici economici, tramite facilitazioni ed incentivi alle manifestazioni di solidarietà fra congiunti”.

Ed inoltre la Corte ribadisce che “ nella sua formulazione attuale… il congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del dls n. 151 del 2001,  fruibile per l’assistenza delle persone  portatrici di handicap grave , costituisce  uno strumento di politica socio-assistenziale, basato sia sul riconoscimento della cura prestata dai congiunti sia sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale ed intergenerazionale, di cui la famiglia  costituisce esperienza primaria, in attuazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma , Costituzione”.

Ed infine per massima chiarezza: “ sottolineando l’essenziale ruolo della famiglia nell’assistenza e nella socializzazione  del soggetto disabile…. La Corte vuol mettere in rilievo che una tutela  piena dei soggetti deboli richiede, oltre alle necessarie prestazioni sanitarie e di riabilitazione, anche la cura, l’inserimento sociale, e soprattutto, la continuità delle relazioni costitutive della personalità umana”.

Parole e concetti che vanno evidentemente al di là dello specifico settore legislativo a cui si riferiva la sentenza , ma che, invece, configurano il chiaro quadro dei principi e dei valori costituzionali entro cui collocare ogni profilo di doveroso sostegno delle persone  in particolare situazione di bisogno.

 


 

INTERVENTO  Luciano  Eusebi

PRESENTAZIONE  A.  GUERRIERI

Il tema Biogiuridico conclude la prima parte del programma, finalizzata a definire la cornice di Valori e Diritti entro cui è nata e si è sviluppata l’idea della nostra Proposta di Legge Nazionale di Iniziativa Popolare che verrà illustrata dopo l’intervento del Prof. Luciano Eusebi, Ordinario di Diritto Penale presso l’Università Cattolica di Milano. Cedo la parola al Prof. Eusebi.

INTERVENTO  Luciano  Eusebi
Grazie. Alla luce di una amicizia che in qualche modo si è instaurata da anni con il Sig. Guerrieri, mi riferisco al Primo Convegno tenuto a Piombino nel novembre 2010, in cui già allora sottolineavo che è necessario passare, dalle fondamentali enunciazioni ad una attenzione come quella che è emersa qui in mattinata, alle Norme, alle Legislazioni in materia di Diritto Sanitario, in materia Tributaria, in materia di Politiche Familiari. Forse è venuto il tempo per cui si possa, si debba addivenire ad una sorta di Testo Unico, ad una sorta di Normativa omogenea, riconoscibile almeno per quanto riguarda la funzione di coordinamento della legislazione dello Stato in questa materia. Non è un’affermazione solo velleitaria, un testo di questo genere, a mio avviso potrebbe avere un valore enorme e sul piano sociale e sul piano dell’orientamento dei comportamenti sociali. Potrebbe essere una di quelle normative che vengono ad avere, se non di Diritto, di Fatto, un rango quasi Costituzionale. Cioè tale da segnalare la modalità di porsi della nostra Società rispetto al tema della Giustizia, perché quando ci si interroga su come ci si pone verso i soggetti che vivono particolari situazioni di debolezza, ci si interroga su che cosa davvero è Giustizia. E con un poco di timore e tremore, dicendo qualche parola, dopo quelle preziose del Prof. De Siervo, e vorrei fare anch’io riferimento alla Costituzione, perché anche per il penalista che si occupa al di là delle pene, che dovrebbero essere molto più umane, che si occupa della tutela dei beni fondamentali, la Costituzione ovviamente è punto di riferimento. La Costituzione ci dà, da questo punto di vista, un’indicazione credo straordinaria,alternativa rispetto al modo che è tutt’ora diffuso nella Società, di percepire che cosa è Giustizia. Perché ciascuno di noi, se dovesse scegliere un’icona per il proprio computer, che definisce che cosa è Giustizia, sceglie la Bilancia. Ma la Bilancia costituisce già una precisa interpretazione per la Giustizia, che non è quella della Costituzione. La Bilancia ci dice che Giustizia è la reciprocità dei comportamenti. Ed è un concetto di Giustizia devastante. Perché se Giustizia è agire in modo positivo dinanzi a ciò che valuto positivamente e rispondere con il negativo a ciò che è negativo, ne derivano conseguenze che purtroppo sono sotto gli occhi di tutti, da millenni. Quali conseguenze? Bene, del negativo lo si trova in qualsiasi Persona. E se la Giustizia giustifica l’agire negativamente perché troviamo del negativo in qualcuno, questo diventa un moltiplicatore del negativo. Ma purtroppo, ed è questo il tema che qui ci interessa, noi non giudichiamo negativamente, soltanto chi si è reso responsabile di qualche cosa, ma tante volte giudichiamo negativamente una persona per la sua condizione, per il fatto che non è utile ai nostri progetti. Allora immaginiamo che la realizzazione della nostra vita possa passare eliminando il confronto con quelle persone che non riteniamo utili ai nostri progetti e che ci fanno un problema. Magari dimenticando che forse la realizzazione della vita, sta proprio nell’accettare la sfida di quel confronto che mi consente di esprimere ciò che è la più Alta Dimensione dell’Umano. Che non è un Respingimento in terra o in mare, ma è l’Accoglienza. E’ ACCCOGLIENZA! La Costituzione, da questo punto di vista ci dà un’indicazione che ho trovato sempre alternativa ed è estremamente suggestiva. Dopo aver detto con quella frase straordinaria che poi è stata ripresa dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e che fu, in qualche modo, coniata da Giorgio La Pira, quella frase che inverte il rapporto di Stato-Cittadino, la Repubblica riconosce i Diritti Inviolabili, non li crea, non li concede, non li istituisce. La Repubblica è al servizio della Persona in quanto titolare dei Diritti, non viceversa. L’Organizzazione Giuridica è servizio alla Persona. Ecco, dopo aver fatto questa affermazione, lo ricordava già con tanta profondità il Prof. De Siervo, la Costituzione all’Articolo 3, ci dice che la Dignità Sociale, che poi è la Spendibilità dei Diritti Inviolabili nel rapporto con l’altro, non dipende, e ci sono alcune esemplificazioni, ma non dipende dalle condizioni personali o sociali. Cioè non dipende dalla Lingua, dalla Razza, dal Sesso, dalla Religione, ma non dipende da qualsivoglia condizione personale e sociale. Cioè non dipende dalle mie qualità o dalle mie capacità, non dipende dal giudizio che altri dia delle mie capacità o delle mie qualità. Dipende esclusivamente dall’Esistenza in Vita. Ecco che allora la stessa tutela della Vita, non è la tutela di un valore predicabile in ambito filosofico o religioso. No, la tutela della Vita è presidio del Principio di Eguaglianza. Proprio perché rispetto la Vita, io mi sottraggo all’idea che possa giudicare se l’altro ha capacità o qualità che lo rendono degno di avere dei Diritti. No, è degno di avere Diritti perché è un Essere Umano Vivente. Ma la Costituzione va oltre perché affermando che l’agire verso l’altro, non può essere segnato da un pregiudizio sulle qualità dell’altro, sulla condizione esistenziale dell’altro,  mi dice che la Giustizia non ha a che fare con la reciprocità dei comportamenti, ma ha a che fare con il riconoscimento dell’altro. Io  sono giusto quando agisco secondo la Dignità che inerisce alla Vita dell’altro. La Giustizia ha a che fare con il primo passo. Non è questione di Reciprocità, non è questione di Compravendita; se mi hai fatto qualche cosa, io ti corrispondo con qualcos’altro. La Giustizia ha a che fare con il primo passo. Agisco conformemente alla Dignità dell’altro. Per cui coloro che fanno questo primo passo, magari andando in un paese povero per dare aiuto, non sono dei Santi. Troppo comodo dire che sono dei Santi, perché poi la conseguenza è affermare che la Santità in fondo, non è obbligatoria. No, fanno semplicemente giustizia. Ma ne deriva una ulteriore conseguenza. Quello splendido secondo Comma, dell’articolo 3 della Costituzione che ci dice, mi consentite di giocare per un momento in modo forse retorico con il testo costituzionale, che ci dice, guardate che finora abbiamo scherzato, guardate che i Diritti non esistono, non esistono i Diritti, avete mai visto un Diritto camminare per strada? No. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli. Cioè i Diritti esistono nella misura in cui qualcuno si fa carico dei Doveri. Vengono prima i Doveri dei Diritti. Ci sono i Diritti, se avviene quel riconoscimento dell’altro secondo Giustizia, che muove ad agire secondo la Dignità dell’altro. Se ci saranno tante Persone disposte ad assumere gli oneri necessari per compiere i Doveri, per agire secondo la Giustizia del primo passo, allora ci saranno i Diritti, altrimenti i Diritti restano sulla carta.
Ecco, è proprio alla luce di questa rivoluzione nel modo di intendere il rapporto con l’altro, che io credo oggi, si possa pensare ad una sorta di Testo Unico, ad una sorta di Elaborazione di Riferimento, ad una sorta di Magna Carta che, presentata anche sul piano educativo ai nostri giovani, come modello di costruzione della Società, ecco io credo che per tutto questo, oggi si possa pensare ad una simile iniziativa. Si diceva perché una Società che si piega su uno dei suoi membri in difficoltà, è una Società che indica le modalità di rapporto umano su cui immagina di costruire il Futuro. Ma questo, pur essendo grande, resta ancora insufficiente. Non dobbiamo avere la visione paternalistica della Società che si limita a piegarsi sui Soggetti in Difficoltà. Dobbiamo avere la consapevolezza che questi soggetti in difficoltà, alla luce della loro Dignità, hanno una capacità di offrire alla Società esperienze, competenze che sono preziose. Non abbiamo soltanto l’esigenza di una Società che si pieghi, ma di una Società che sappia ascoltare e sappia sapere, consentitemi, che queste Persone possono dare moltissimo, non soltanto in termini umani, ma anche consentendo per esempio, che una persona fortemente provata dalla vita, ma che ha competenze professionali, di studio, possa continuare con i mezzi informatici, con i mezzi di aiuto che oggi sono disponibili, a dare il suo contributo a questa Società, uscendo da una logica anche di mero assistenzialismo. La Persona in difficoltà non è soltanto destinataria di un’assistenza, deve essere protagonista in questa nostra Società e concludo anche nell’ottica di un messaggio alternativo rispetto a quello che qualche volta ha lasciato intendere che, al di là, lo diceva già il Prof. Gandolfini,del fatto che ogni terapia dovrà essere sempre proporzionata, ha lasciato intendere che ci fosse una sorta di spinta ad una sorta di passo Solidaristico all’Incontrario del Soggetto in Difficoltà. Bene, fai un passo indietro rispetto alla Vita e così liberi gli altri dall’onere della tua presenza. Sono stato molto impressionato, essendo un membro poco diligente della Commissione per gli Stati Vegetativi, poco diligente perché poi sono stato nominato in un’altra Commissione vicina alla mia competenza per la Riforma del Sistema Sanzionatorio Penale, che mi ha preso tutto il tempo. Sono stato stupito da come il messaggio, il messaggio totale che deriva dalla base, dalle Associazioni, era quell’ Aiutateci a Curare, aiutateci ad Essere Vicini, aiutateci a NON ABBANDONARE NESSUNO!
Tutt’altro che la suggestione intesa a ricercare una sorta di fittizia libertà, che non è una libertà. E’ quella di rinunciare alla propria esperienza esistenziale , magari colpevolizzando chi continua  a chiedere risorse per poter vivere e non per morire.
Credo che quindi un’elaborazione normativa di questo tipo, potrebbe essere una grande ricchezza  di riferimento per il nostro Paese. Un grande Messaggio Culturale.
Credo anche che possa spendere un’ultima parola sul tema della Ricerca.
C’è da fare anche Ricerca Scientifica, perché alcune di queste situazioni, alcune dovute a patologie, alcune dovute ad incidenti, possano avere una risposta. E qui, anche rispetto ad alcune semplificazioni che si sono avute nel giudizio, nei confronti di alcuni casi noti, degli ultimi mesi, credo che sia importante constatare che oggi la sperimentazione in ambito medico, può avvenire soltanto in contesti che hanno a disposizione risorse ingenti e sono quei contesti che poi anche ci consentono economicamente, di avere a disposizione dei farmaci. Ma dobbiamo avere la capacità di verificare che nelle scelte che inevitabilmente devono anche tener conto di Considerazioni Economiche, la Valutazione Economica non prevalga sull’Interesse  Finale delle Persone, che attendono una risposta. Se in un settore ci sono elementi razionali che depongono per l’importanza di una Sperimentazione, dobbiamo essere in grado di verificare che non ci siano altre considerazioni rispetto al miglior perseguimento dell’iter scientifico che può portare  una risposta al malato, che possano portare a decidere di non percorrere  quella strada, magari perché si tratta di una Malattia Rara, o magari perché si tratta di una prospettiva che potrebbe mandare fuori mercato altri, altri farmaci, altri prodotti. E c’è una grande necessità per dare una risposta ai  Soggetti Deboli, anche una grande attenzione all’Etica della Ricerca Scientifica, tenendo conto che purtroppo la Ricerca così detta spontanea, la Ricerca che viene dai nostri Reparti Ospedalieri e basta, la Ricerca non mediata da quelle realtà che sono necessarie, sia ben chiaro, che però dispongono delle risorse necessarie per cui una Ricerca possa essere compiuta, ecco su tutto questo, è necessaria una grandissima attenzione anche da parte del Legislatore.
Ringrazio per l’attenzione.

 

 

 


PROPOSTA  LEGGE  NAZIONALE
DI INIZIATIVA POPOLARE

INTERVENTO  A.  Guerrieri


Premetto che la Proposta di Legge Nazionale di Iniziativa Popolare che andremo ad esaminare, è stata presentata per la prima volta, come Proposta di Legge Regionale di Iniziativa Popolare, in occasione del Secondo Convegno Nazionale “Diritto ad una Vita Dignitosa”, tenutosi a Firenze, presso il Consiglio Regionale della Toscana, in data 26 novembre 2011. Ha fatto seguito un incontro con l’Assessore alla Sanità, Luigi Marroni, in data 15 maggio 2013, nel corso del quale furono argomentate le ragioni di convertire l’iniziale Proposta, da Legge Regionale in Legge Nazionale.
Vedi sito
www.dirittovitadignitosa.it, alla voce “Contatti e Lettere”: Definizione e Diritti delle Persone Disabili Gravissime.
Ciò premesso, semplifico e sintetizzo il contenuto della nostra Proposta:
“ Là dove sia riconosciuta Persona Disabile Gravissima, da apposita Commissione di Valutazione Regionale, entro 60 giorni, deve essere redatto un Progetto Socio-Assistenziale Integrato, specifico per quelle particolari esigenze”.

Il tema del BIODIRITTO relativo alla Sanità, nell’ambito delle questioni attinenti l’Eguaglianza, in questi anni, è stato affrontato in diversi Convegni. Molti giuristi si sono confrontati sulla questione dell’Eguaglianza di Assistenza, come Diritto Costituzionale. Nel senso cioè, che l’Assistenza sia garantita su tutto il territorio nazionale e risulti efficiente e specifica, per quelle determinate necessità.
Ma non risulta invece, che sia mai stato affrontato il tema della DISUGUAGLIANZA DI TRATTAMENTO ASSISTENZIALE. Non risulta cioè, che sia mai stata affrontata la questione spinosa del RICONOSCIMENTO DI NECESSITA’ ASSISTENZIALI CONCESSE  AD ALCUNI, MA NON AD ALTRI !
E’ nata così l’idea di mettere in diretta correlazione Diritti Costituzionali, Principi e Valori Universalmente Riconosciuti, con FATTI CONCRETI; con la REALTA’.
Proponiamo due esempi di Sostegno Socio Assistenziale, riferiti a Persone Disabili Gravissime, entrambe nella sindrome LOCKED-IN, ma l’una, residente nella Città di PIACENZA / Sindaco Dr. Roberto Reggi, mentre l’altra, nella Città di PIOMBINO / Sindaco Dr. Gianni Anselmi.
Anche in questo caso, I FATTI non sono riferiti a Casi Recenti.

 

 

Sostegno Socio-Assistenziale a Persona Disabile Gravissima, residente nella Città di Piacenza

 

 

Sostegno Socio-Assistenziale a Persona Disabile Gravissima, residente nella Città di Piombino (LI)

 

Dalla documentazione, nel caso di PIOMBINO, si evince come siano stati disattesi VALORI E DIRITTI COSTITUZIONALI INALIENABILI, posti a garanzia di una
VITA DIGNITOSA E LIBERA. Disattesi proprio  quei Diritti previsti a tutela delle  Fasce Sociali Più Deboli, di Chi non è nei Pensieri di Nessuno: I SENZA VOCE.
Nel caso di PIACENZA invece, la Persona Disabile Gravissima, con l’utilizzo di un elicottero dell’aviazione militare, è stata portata in visita dal Papa, a testimonianza dell’attenzione e della sensibilità dell’Amministrazione Comunale che ha promosso un’iniziativa di indiscussa Solidarietà Sociale.
L’esempio proposto è discriminate ed inaccettabile nella condivisione che il fondamento della Democrazia è la COESIONE SOCIALE, finalizzata a garantire pari Dignità di Diritti e Doveri, privilegiando nell’Assistenza , coloro che si trovano in condizioni limite. Concetti che l’Associazione “Scienza&Vita” da anni propone come  “EDUCAZIONE ALLA DEMOCRAZIA”.
Dalla percezione di questa Ingiustizia , di questi Casi Discriminati, nasce l’esigenza di una Proposta di Legge Nazionale di Iniziativa Popolare a difesa proprio dei Casi Limite, di CHI NON E’ NEI PENSIERI DI NESSUNO.  A difesa anche di quelle Famiglie che per cultura, età avanzata od altro, non sono neppure capaci di rappresentare le Necessità Assistenziali ed i Diritti Inalienabili della Persona Disabile Gravissima.
Con questa premessa, invito la Prof.ssa  Virginia Messerini, Docente presso l’Università di Pisa, Dipartimento Giurisprudenza, a relazionare i contenuti della Normativa Sovranazionale, Nazionale e Regionale, attinenti la nostra Proposta di Legge.
A Lei la parola, prego.
 

 
 
 

INTERVENTO  Virginia  Messerini

PRESENTAZIONE  A.  Guerrieri
Con questa premessa, invito la Prof.ssa Virginia Messerini, Docente all’Università di Pisa, Dipartimento Giurisprudenza, a relazionare i contenuti della Normativa Sovranazionale, Nazionale e Regionale, attinenti la nostra Proposta di Legge Nazionale di Iniziativa Popolare.
Prego,a Lei la parola.

INTERVENTO  Virginia  Messerini

Innanzi tutto vorrei esprimere il mio plauso ad Alberto Guerrieri per questa iniziativa che è frutto della sua determinazione, del suo impegno, del suo coraggio, per come è stato già sottolineato, è volto non solo ad affrontare temi tesi ad affermazioni di Diritti che riguardano in specifico, una Persona Cara, suo figlio, ma che sono volti soprattutto ad affermare dei Principi e dei Diritti che costituiscono un bene generale, un bene della comunità, un bene della Società intera, un punto di crescita del nostro sistema di convivenza. E vorrei anche complimentarmi per il riconoscimento che ha avuto da parte del Presidente della Repubblica, perché indubbiamente il riconoscimento se è rivolto per l’iniziativa di oggi, per il tema che stiamo affrontando è soprattutto affidato e dedicato al Alberto Guerrieri, perché con la sua ostinazione, con il suo impegno ha portato avanti questa iniziativa. Parlare di una Proposta di Legge Nazionale di Iniziativa Popolare in materia di Assistenza Integrata Socio-Sanitaria per Persone affette da Disabilità Gravissima, parlare di questo tema non è facile, perché questo tema viene a collegarsi con un sistema di rapporti tra lo Stato, le Regioni, gli Enti locali in cui si articola il settore dell’Assistenza Socio-Sanitaria e perché in questo tema si vengono a toccare, come è già stato sottolineato prima, dei Principi Fondamentali, dei Diritti che richiedono una particolare attenzione e nei confronti dei quali, occorre intervenire con estrema delicatezza. Comunque questa iniziativa appare estremamente importante ed utile per riuscire ad assicurare a Persone che si trovano in situazioni di particolare debolezza, dal punto di vista sociale, per garantire a queste Persone una Vita Dignitosa. Vorrei fare la storia di questo Progetto di Legge che sta maturando e che vuole maturare in questa giornata. Vorrei fare la storia, perché siamo partiti,dall’iniziativa del Primo Convegno di Piombino del novembre 2010, come è stato ricordato prima,nella quale l’attenzione era volta soprattutto ad indicare, precisare, ricostruire quella che era la sfera dei Diritti della Persona e cercare di ricostruire una nozione di Dignità della Vita che permettesse di rivolgere l’attenzione nei confronti di Persone che sono, comunque, titolari di Diritti, di Valori anche al di là di quella che è la loro situazione fisica e materiale.
A Piombino maturò l’idea di prendere delle iniziative perché questi Diritti delle Persone con Disabilità Gravissima, potessero comunque affermare questo loro Diritto ad una Vita Dignitosa, delle iniziative che permettessero di introdurre delle modifiche alla Legislazione vigente, per rendere effettivo questo loro Diritto. Ed ecco quindi che maturò l’idea di una Proposta di Legge Regionale di Iniziativa Popolare, per poter assicurare in concreto piena affermazione di questo Diritto. La reale possibilità di godere dei Diritti che a livello normativo potevano essere riconosciuti. Alberto Guerrieri faceva riferimento alla ricostruzione dell’assetto normativo. Ora di questi problemi abbiamo già parlato a lungo anche nei precedenti incontri. Qui mi limito a ricordare che , ormai a livello normativo, a livello legislativo, l’evoluzione della Legislazione, il riconoscimento di principi, è arrivato ad un punto soddisfacente sia per un processo di crescita culturale e giuridica interna al nostro paese, ricordo che la Legge Quadro del ’92, già poneva un’attenzione particolare al problema della Disabilità Grave e prevedeva uno strumento adeguato, quale quello di Progetti Personalizzati, volti ad assicurare a Persone che si trovano in situazioni di Disabilità grave, di Handicap Grave, allora si usava questa espressione di Handicap Grave, una forma di Assistenza adeguata alle specifiche esigenze di quel Soggetto. Un Progetto Personalizzato che aveva un significato particolarmente importante perché poneva al centro del sistema di Assistenza, la difesa della Persona, con la propria Dignità, con il suo Diritto a rimanere nella propria Comunità, a contatto con la rete familiare e sociale. La possibilità quindi che la Persona con Disabilità non fosse solo oggetto, come prima già si sottolineava del sistema di prestazioni, ma anche fosse Soggetto che partecipa, che collabora, che sceglie il Processo di Inclusione Sociale che gli assicura quindi , un sistema di prestazioni che gli assicura la piena Dignità come Persona Umana.
Più come Persona con Diritti, direi. La Legge Quadro del ’92 prevede questa possibilità di Progetti Personalizzati. Cosa vuol dire Progetti Personalizzati? Vuol dire Progetti che sono frutto di un accordo, di una convergenza verso le forme di Assistenza definite dallo stesso Soggetto interessato e con le Istituzioni e che permette alla Persona con Disabilità Gravissima di poter vivere questa sua situazione nell’ambito familiare. Quindi si dà già attenzione a queste possibilità di un’assistenza nell’ambito familiare anche se in termini piuttosto generali. Ma c’ è stata poi una sollecitazione a livello Internazionale, nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite del 2006 che espressamente è stato ricordato prima, ha sollecitato proprio gli Stati a prendere iniziative volte a garantire alle Persone con Disabilità, di poter avere le Cure, le Assistenze necessarie, nell’ambito familiare, per affermare il Diritto alla loro inclusione. Si parla in questi termini, per evitare l’esclusione  dalla Società, per mantenerli in un ambito di relazioni che sono essenziali per la piena affermazione della personalità di queste Persone. Vi sono stati poi anche interventi a livello Comunitario, ricordo anche la Comunicazione “ Strategia Europea per la Disabilità”, 2010-2020 dell’Unione Europea in cui si afferma il rinnovato impegno per un’Europa senza barriere. Una Comunicazione emessa dalla Commissione Europea  e rivolta al Parlamento Europeo, al Consiglio, agli Organi dell’Unione Europea, per garantire assistenza alle Persone Disabili che deve essere assicurata attraverso forme ed azioni che permettano alle Persona Disabile di mantenere la sua Dignità di Persona. Di poter svolgere, di poter realizzare la Sua piena personalità anche nell’ambito familiare, se questa è la volontà della Persona. E quindi di promuovere da parte degli Stati,l’elaborazione di Piani di Finanziamento, come strumento concreto a che sia garantita l’Assistenza personalizzata. La creazione di buone condizioni di lavoro per il personale sanitario ed un sostegno per le Famiglie e l’Assistenza alle Famiglie. E qui viene fuori l’altro punto che è la premessa e anche l’obiettivo delle iniziative legislative che abbiamo intrapreso e che vogliamo intraprendere che è quello di voler garantire anche il sostegno alle famiglie. Quindi non solo il pieno rispetto della Dignità Umana, il pieno riconoscimento del Diritto alla Vita, ma anche porre al centro del Sistema di tutela dei Diritti della Persona, la Famiglia. Quella formazione sociale che ha una piena tutela da parte della nostra Costituzione ed in cui, per prima, si viene ad esprimere appieno la personalità dei singoli Individui. Anche alle Persone con Disabilità Gravissima, deve essere assicurato il Diritto di vivere in Famiglia, la cui azione a sostegno del Disabile si inserisce in quella consacrazione del Principio, non solo di Cura, di Assistenza alla Persona, al Caro, che è in situazione di Disabilità Gravissima, ma anche per consacrare il Principio di Solidarietà al quale prima il Prof. De Siervo ha fatto riferimento, quel principio di Corresponsabilità che è finalizzata al Bene Comune, che è rivolto a perseguire il Bene Generale. Quindi non è un’iniziativa che si limita e si circoscrive al singolo contesto Familiare, ma che ha una ricaduta sull’intera Società. Il Progetto Personalizzato infatti, è riferito sia alle Persone con Disabilità Gravissima sia alle condizioni esistenziali della Famiglia nel sostenere il loro Caro, nella consapevolezza che la Persona con Disabilità Gravissima, costituisce con la Famiglia, un “ UNICUM INSEPARABILE” come espressamente relazionato nel Convegno tenutosi a Firenze nel novembre 2011.  E qui vorrei fare una sottolineatura. Il porre l’accento sull’esigenza di assicurare Cure alla Persona con Disabilità Gravissima, all’interno del Nucleo Familiare, secondo la volontà dello stesso Disabile, comporta un diverso modo di considerare l’Assistenza, di considerare la Cura alle Persone. L’Assistenza non è un mero problema materiale. Infatti non può più essere considerato come un mero problema materiale, ma come Cura di bisogni fisici, di esigenze fisiche , ma non è solo il contenuto dell’Assistenza, ma è importante anche il Soggetto che fornisce l’Assistenza. Il Soggetto che fornisce l’Assistenza appare infatti meritevole, per quanto possibile, di una soluzione “ ad Personam” ed essendo sempre preferibile l’Assistenza di un Familiare, quando ciò comporti una migliore socializzazione  della Persona Disabile. Cioè voglio sottolineare come non sia indifferente chi presta la Cura. La stessa Cura Materiale si può avere anche in altri contesti, ma importante è il Soggetto che offre questa Cura e se il Soggetto che offre questa Cura è la Famiglia, può anche dare qualcosa di più, se assicura delle relazioni che sono fondamentali per assicurare quel Diritto ad una Vita Dignitosa, dalla quale ho preso le mosse. E quindi in questi termini la Disabilità riassume le dimensioni di un proprio e vero bilancio familiare e deve essere presa quindi in considerazione anche la Famiglia per lo sforzo che compie, per il ruolo che svolge ed è per questo che la normativa si rivolge attraverso queste forme di Assistenza Individualizzata anche al sostegno delle Famiglie. Poste queste premesse, vorrei richiamare il Contesto Normativo che permette di raggiungere questi obiettivi. Il contesto normativo, come ho già detto prima, da un punto di vista culturale, da un punto di vista dei contenuti è abbastanza soddisfacente. Come ho detto a livello nazionale abbiamo la previsione di una possibilità di Assistenza Individualizzata , di Progetti Personalizzati che permettono un’Assistenza  del Disabile  anche nel contesto familiare venendo incontro anche alle singole esigenze del singolo individuo, della singola Persona Disabile. Quindi la nostra Legislazione non è in uno stato di arretratezza, rispetto anche alle sollecitazioni che vengono a livello Internazionale ed a livello dell’Unione Comunitaria. Ma cos’è che manca? Quale è il punto debole di questa Normativa? E’ innanzitutto la mancanza di Diritti Esigibili, della Esigibilità del Diritto, il Diritto viene affermato dal Legislatore, riconosciuto. Gli strumenti vengono offerti, ma mancano disposizioni che permettano ai singoli cittadini, di rendere esigibile, concreto, questo Diritto. Lo affermava prima Alberto Guerrieri. La difficoltà a vedere approvato nei tempi adeguati, un Progetto di Assistenza Integrata e personalizzata. Mancano strumenti sanzionatori che impongano il rispetto delle regole e manca una piena affermazione della possibilità di utilizzare gli strumenti che la legislazione prevede ed offre indipendentemente dai limiti delle risorse messe a disposizione. Questo è l’altro punto critico della normativa. Infatti si dice sempre, le prestazioni sono fornite nei limiti delle risorse del fondo nazionale per le politiche sociali delle risorse del Fondo, stabilito dalla Regione per la Disabilità. Sappiamo che c’è nella Regione Toscana una tendenza a destinare risorse abbastanza rilevanti per queste forme di Assistenza alle Persone con Disabilità ed in particolare alle Persone con Disabilità Gravissima. Ma è chiaro che bisogna rimanere entro i limiti stabiliti dalle scelte, dalle opzioni che vengono fatte nelle Politiche Sociali. Lo affermava anche il Vice Sindaco Stefania Saccardi, e quindi non sempre vi è la possibilità di garantire ai soggetti con disabilità gravissima, questa (assistenza?) in modo continuativo. E questo è l’elemento che più disturba questa assistenza domiciliare.
Altro elemento. Si è prima sottolineato una Differenza di trattamento tra Regione e Regione. Una differenza di trattamento che deriva dal fatto che il settore della Assistenza Sanitaria, il settore dei Servizi Sociali, dell’Assistenza e Beneficenza, è un settore nel quale le Regioni hanno una Potestà Legislativa di tipo Residuale. Cosa vuol dire? Hanno una piena Potestà legislativa pur nel rispetto di alcune linee che possono essere definite dallo Stato. Quindi la Potestà legislativa in questa materia è riservata alle Regioni. Lo Stato come può incidere, come può intervenire? Lo Stato può intervenire, prima interveniva  attraverso le Leggi Quadro, ed infatti quella che ho citato prima, la Legge Quadro del ’92, che poi ha subito una serie di modificazioni sino al 2000, era una Legge Quadro che si inseriva nel contesto della Costituzione del 1948, nella quale lo Stato aveva il potere di definire i Principi fondamentali della Materia, lasciando alla Regione la Potestà di dare attuazione a questi Principi fondamentali attraverso normative di dettaglio. Nel 2001, il contesto Normativo è cambiato. E’ cambiato e quindi lo Stato si è riservato l’intervento legislativo in alcune materie, in via esclusiva, in altre materie, nel settore della Sanità, si è riservato il Potere di definire le Leggi Fondamentali, lasciando alle Regioni il Potere di legiferare nell’applicazione di questi Principi Fondamentali. E poi ha lasciato alle Regioni, tutto ciò che non è espressamente indicato nelle materie elencate nella Costituzione. Tra queste materie non espressamente elencate, si ritrovano proprio quei settori ai quali prima ho fatto riferimento. Settori dei Servizi Sociali, dell’Assistenza, della Beneficenza. A questo punto viene spontanea la domanda: come si può fare allora ad evitare Disparità di Trattamento? Ad assicurare quindi un trattamento Omogeneo od almeno tendenzialmente Omogeneo in tutte le Regioni? Si può fare utilizzando una materia nella quale lo Stato si è riservato di Legiferare. Ed è la materia della Determinazione  dei Livelli Essenziali delle prestazioni concernenti i Diritti Civili e Sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio Nazionale. E la lettera ( M?) del comma 2 dell’articoli 117 della Costituzione che tra le varie materie di riserva esclusiva dello Stato, indica anche questa materia, questo settore. Qui non si fa riferimento all’Assistenza. Si parla di prestazioni concernenti Diritti Civili e Sociali. Ma non vi è dubbio che l’Assistenza Sociale sia anche che i livelli di Assistenza Sociale siano da ricondurre anche a questa materia. Ecco dunque che, attraverso una normativa volta a definire i Livelli, e qui è stato ricordato prima, i Livelli essenziali delle Prestazioni Socio-Assistenziali, lo Stato può intervenire, garantendo questa uniformità e quindi la Proposta di Legge Nazionale  è volta ad assicurare che in questi Livelli, nella definizione dei Livelli Essenziali delle prestazioni Socio-Assistenziali, venga anche puntualmente precisata l’esigenza di assicurare una Assistenza Domiciliare attraverso “Progetti Personalizzati ed Individuali” ai Singoli, alle Persone Disabili Gravissime a garanzia di una Omogeneità di attuazione  di questo strumento in tutte le Regioni.
Anche le Regioni potranno migliorare ulteriormente rispetto ai Livelli essenziali stabiliti dallo Stato, ma occorre garantire un livello di prestazioni unitario per evitare queste Disparità di trattamento. E naturalmente, nel Progetto di Legge Nazionale occorre anche inserire quelle esigenze di garanzia di una piena Esigibilità del Diritto ai fini di evitare che affermazioni di Principio contenute nella legge, poi non trovino la possibilità di essere concretamente realizzate per la mancanza di sanzioni, di percorsi che prevedano entro termini precisi la possibilità per i singoli soggetti di usufruire di queste prestazioni.
Grazie per l’attenzione.

 


 

INTERVENTO  Alessandro  Giovannini


PRESENTAZIONE A. Guerrieri
Faccio notare che tra le pieghe delle parole del Vice Sindaco Stefania Saccardi, è emerso l’auspicio che le varie Associazioni di Volontariato, sull’esempio di “ Scienza&Vita”,avvertano la necessità di sviluppare insieme,la Proposta di Legge Nazionale di Iniziativa Popolare. Riferisco questo nella considerazione che partendo dal Primo Convegno del novembre 2010, siamo giunti ad un buon punto nella definizione di un percorso concreto. Mi riferisco al fatto che lo Studio “Giovannini&Partners” di Pisa, da anni affianca e sostiene la nostra iniziativa. Nel riconoscimento di questa collaborazione, invito il Prof. Alessandro Giovannini, Ordinario di Diritto Tributario alla Università di Siena, a relazionare i contenuti Biofiscali della nostra Proposta. Prego, a Lei la parola.

INTERVENTO   Alessandro Giovannini
Grazie tante. Ovviamente mi associo ai complimenti che già molti relatori hanno formulato ad Alberto Guerrieri, per l’iniziativa, per l’alto riconoscimento del Presidente della Repubblica. Credo che la Sua tenacia, come ricordava Virginia Messerini, alla fine cominci a pagare, a premiarlo per i buoni risultati che si stanno conseguendo.
Mi devo occupare di Diritto Tributario. Materia normalmente antipatica, nel senso che riguarda aspetti non ludici. Cercherò di occuparmene con tre riflessioni molto brevi. Per prima riflessione, direi che il Diritto Tributario costituisce colonna portante all’interno di questo Progetto. Non solo all’interno di questo specifico Progetto, ma in generale rispetto alle Politiche Sociali Nazionali, perché è lo strumento e/o è uno degli strumenti, forse senz’altro il principale, che contribuisce alla realizzazione dei Progetti stessi. Si occupa di risorse, ma se ne occupa da più punti di vista. Non soltanto come acquisire risorse, ma anche come le risorse devono essere spese. E l’articolo 53 della Costituzione, che diciamo così, è il fulcro intorno al quale ruota l’intera materia delle entrate, è insomma, non è soltanto una norma messa lì dai Padri Costituenti, per prendere risorse dai cittadini. E’ lo strumento fondamentale, è il criterio di riparto fondamentale che hanno stabilito proprio i Padri Costituenti, per dare attuazione alla Solidarietà, articolo due della Costituzione e all’Uguaglianza, articolo tre.
La Spesa Pubblica costituisce l’altra faccia del tributo, perché è il modo indiretto attraverso il quale si attua la redistribuzione della ricchezza  ed il modo attraverso il quale si attuano le politiche. Per tornare a noi, le politiche sociali che possono dare voce, come ha ricordato bene il Presidente Ugo De Siervo, che possono dare voce all’Eguaglianza e alla Solidarietà, sono l’articolo tre e l’articolo due della Costituzione.
Come si muove il Diritto Tributario attuale in questo contesto? Direi che si muove male. Direi che la Legislazione Nazionale è povera da tutti i punti di vista. Lo vedremo tra poco, perché mette a disposizione risorse troppo scarse per questo settore. Ma è povera anche culturalmente.
Cioè è una legislazione vecchia. E’ una Legislazione scritta guardando all’indietro anziché guardando al futuro. E come tutte le Leggi che si scrivono guardando all’indietro, poi alla fine portano davvero a scarsi risultati. Perché anche i più recenti provvedimenti in questo settore, si sono limitati a ribadire delle scelte di politica fiscale, che ormai, hanno fatto il loro tempo.

Non sono più adeguate alle esigenze della Disabilità che oggi conosciamo. Sono superate dai contesti Internazionali, dalle Politiche di altri Stati Europei. In che cosa consiste la Politica Tributaria del nostro Paese? Consiste nel concedere ai Soggetti portatori di Disabilità ed alle loro Famiglie, una serie di Detrazioni. Sostanzialmente delle Detrazioni Fiscali di poca roba, per l’acquisto dell’auto o Detrazioni per Carichi di Famiglia, di importi modestissimi. Quest’anno sono stati ritoccati. Siamo arrivati a 1600 euro. Veramente delle briciole rispetto a quel che vuol dire, patire personalmente o dal punto di vista familiare, una Disabilità Grave o Gravissima. Abbiamo delle agevolazioni sempre in forma di Detrazioni dell’Imposta, sempre per l’acquisto dei mezzi di ausilio e sussidi tecnici ed informatici. Anche qua è poca roba. Abbiamo agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie, per quanto riguarda l’abbattimento delle barriere architettoniche, e poi abbiamo delle Detrazioni sull’Imposta per quanto riguarda l’Assistenza Personale. Per l’Assistenza Personale ai Disabili è consentita una Detrazione sugli Oneri Contributivi delle Persone che assistono e per una riduzione  del 19%. Questa misura è abbastanza ridicola,  perché si pone un tetto di 2100 euro l’anno, per quanto riguarda gli stipendi che devono essere dati. La retribuzione che viene erogata al personale medico o paramedico, che forma o dà l’Assistenza al Disabile. Perciò questo è il panorama  complessivo che non fa fare bella figura  alla Fiscalità del nostro Stato.
Ho detto che salto una serie di cose ulteriori che si potrebbero dire a questo riguardo ed arrivo invece ad una considerazione di Sistema, secondo me più interessante. Ho detto che il Diritto Tributario su questo aspetto è stato scritto con la testa volta all’indietro. Quindi non ha guardato  molto ad Esperienze Straniere, non guarda ad esperienze Statunitensi e di altri Paesi. Invece da alcuni anni si sta assistendo ad una diversa Politica Fiscale di sostegno alle Famiglie ed ai singoli Soggetti. Si sta assistendo cioè alla graduale introduzione di uno strumento che tecnicamente si chiama IMPOSTA NEGATIVA. E’ un vecchio cavallo di battaglia economico perché è stato studiato fin dalla fine dell’ottocento, e poi ha avuto il suo sviluppo teorico soprattutto con il Premio Nobel del 1962, conferito a Milton Friedman. Quindi non è nuovissimo. Gli Stati Uniti d’America ed il Canada lo stanno adottando da alcuni anni per le Politiche Sociali più importanti. In cosa consiste l’IMPOSTA NEGATIVA? L’imposta negativa è una sorta di credito che viene concesso, nel nostro caso, ai Portatori di Disabilità, oppure potrebbe essere concesso ai loro Familiari. Una sorta di credito per tutte le spese o una serie di spese che vengono concordate con la Pubblica Amministrazione o con l’Autorità Sanitaria o con altri Soggetti. Il Credito viene erogato per supportare la Cura. Termine ampio che ci ha ricordato il Prof. Massimo Gandolfini. Cioè tutte quelle funzioni necessarie per “curare” la Persona. Se volete una semplificazione eccessiva tecnicamente non corretta, l’Imposta Negativa è un Assegno che viene concesso dallo Stato, al “Singolo”, affinchè lo spenda all’interno di una serie di regole che lo stesso Stato detta e che poi chiede che queste spese siano rendicontate allo Stato stesso. Tutto sommato, al momento in cui redige la Dichiarazione dei Redditi, è un meccanismo semplice. Ha il controllo che deve essere svolto perché poi si deve evitare l’abuso dello strumento. Però è un meccanismo molto valido per attuare questo tipo di politica, anche se occorre avere delle risorse. Poco fa, diceva bene Virginia Messerini; il problema poi alla fine è quello della ESIGIBILITA’. Si possono avere tutti i DIRITTI più belli in questo mondo, scritti sulle Leggi della Repubblica, ma poi, se questi Diritti non sono concretamente attuabili, ci si fa un bel manifesto, una bella cornice, ma rimangono lì. Anche per arrivare ad una prospettiva ipotetica, ad un sistema imperniato sull’Imposta Negativa, cioè sullo strumento che ora vi ho accennato per larghissimi tratti, bisogna avere le risorse. La situazione da questo punto di vista è ancora più tragica delle politiche fiscali prettamente intese. Propongo soltanto alcuni dati perché bisogna ragionare anche in concreto. Come ci muoviamo e quali sono le scelte di Politica Finanziaria del nostro Stato? Il fondo Nazionale per le Politiche Sociali nel 2013, ammonta a 343 Milioni di euro. All’interno di questi 343 Milioni di euro, 275 Milioni di euro, sono dedicati alle Politiche della Non Autosufficienza; alla Non Autosufficienza.
Penso che queste cifre siano scandalose, ma non dico per un Paese civile, perché il senso di questa frase è banale, è soltanto di bandiera, non ha un costrutto. E’ incivile, se raffrontato alla Spesa Pubblica Generale del nostro Stato e se raffrontato al PIL del nostro Stato. Abbiamo una  Spesa Pubblica complessiva al lordo degli Interessi Pubblici, pari a ( 2013…….? ) quindi con proiezione di pochi mesi pari a 811 Miliardi di euro. Spesa Pubblica che per il 93% è di Spesa Corrente. Il nostro PIL è un pò diminuito negli ultimi quattro anni. Attualmente è di 1400 Miliardi di euro. Se noi riportiamo l’entità delle somme messe nel Fondo per la Non Autosufficienza, che è quello che più riguarda il settore della Disabilità Grave e Gravissima, se noi lo rapportiamo alla Spesa Pubblica complessiva, abbiamo che in percentuale il Fondo è pari allo 0,034 % della Spesa Pubblica Nazionale. Lo 0,034% rispetto al PIL, è pari allo 0,20%.
Qui non è necessario un discorso etico a monte. Qui ci vuole il buon senso del Padre di Famiglia.
Semplicemente questo per arrivare a dire che queste cifre gridano vendetta. Nessuna Politica Sociale seria, può essere fatta con queste cifre. E’ utopia pura parlare di Diritto verso queste Categorie. Saranno solo Diritti  vergati per iscritto sulla carta. Non potranno avere attuazione se non marginale. Capisco che è un Problema Politico, capisco che è un Problema di Risorse, e di possibilità di destinare Risorse Pubbliche a queste politiche. Anche qui però, tanto la Politica Fiscale, quanto la Politica di Spesa del nostro Paese, è spesso fatta con la testa girata all’indietro, mentre invece, forse, si potrebbe iniziare un cammino nuovo per il Reperimento delle Risorse Finanziarie da destinare anche, non solo, perché poi la Disabilità è grande e le Politiche Sociali hanno molte sfaccettature, ma per destinarle anche alla DISABILITA’ GRAVISSIMA. Si potrebbe iniziare a ripensare l’intera disciplina della raccolta delle Risorse Finanziarie, con una modifica radicale del Sistema di Tassazione delle Imprese. Non sembri un’utopia. Già altri Stati hanno avviato Politiche di questo genere. Si tratterebbe di cambiare il concetto che noi abbiamo di Commercialità delle Attività Produttive, per arrivare ad una Detassazione degli Utili e destinarli completamente a questi Progetti. Possono essere Progetti congeniati o variamente combinati con l’Autorità Sanitaria, in modo da garantire un nuovo Welfare al nostro Stato, che probabilmente, con le Risorse Pubbliche che abbiamo a disposizione, non siamo più in grado di sostenere.
Grazie.

 

 

 

 

INTERVENTO  Luigi  Marroni

PRESENTAZIONE   A.  Guerrieri
Rivolgo un particolare ringraziamento, personale ed a nome della Associazione, all’Assessore Luigi Marroni, in relazione al fatto che la Sua partecipazione è testimonianza di un nuovo percorso; un rapporto non conflittuale “amico-nemico”, tra chi rappresenta le criticità delle Persone Disabili Gravissime e chi è preposto a farsene carico. La Sua partecipazione lascia spazio alla comprensione dei reciproci problemi. Per questo, Le esprimiamo vera gratitudine!

 

INTERVENTO  Luigi  Marroni
Ringrazio innanzi tutto chi ha organizzato questo Convegno, le Persone presenti a questa importante giornata di studio. Riferendomi alle parole di Sua Eminenza, Cardinal Betori, vorrei fare il punto su quello che la Regione Toscana sta facendo. Calarci nella realtà di ciò che tutti noi riconosciamo come il dovere di dare attuazione ad un Diritto delle Persone; un atto di grande civiltà ed umanità. Cioè quello di occuparsi in maniera specifica delle Persone con Disabilità e con Disabilità molto Grave e ancora più nello specifico. Quindi direi che ci sono delle attività di tipo assistenziale, clinico, medico che vanno da questioni come la Diagnosi precoce e tempestiva, l’Aiuto, la Formazione delle Famiglie, questioni come la Riabilitazione, la Disponibilità di Ausilii, la disponibilità di Elementi di Riabilitazione, diciamo tutto quello che è Cura fisica di queste Persone. Poi c’è un passaggio ulteriore che va più nella qualità della Vita della Persona Disabile.
Quindi la necessità di poter offrire dei Programmi, oltre ad un aiuto di tipo sanitario e fisico. Offrire la possibilità di poter dare una Vita Indipendente o il più possibile Indipendente. Poter avere dei Programmi che puntino a varie cose,come per esempio l’inserimento nel mondo lavorativo, quando questo risulti possibile e/o il sostenere dei Progetti chiamati anche di Vita Indipendente , cioè Progetti  Personalizzati dove  si possa offrire la possibilità di poter accedere ad un lavoro, di conseguire un titolo di studio, di svolgere un’attività culturale, di rendere la Vita della Persona Disabile il più possibile vicino ad un percorso di Vita e di un Progetto. Anche su questo abbiamo tutta una serie di attività. Mi riferisco ai Progetti di Vita Indipendente dove ci sono dei Progetti Personalizzati. C’è un finanziamento apposito, per avere una Persona che aiuta il Disabile, in un percorso di Vita Indipendente. Un’altra questione dove siamo molto impegnati e che è altrettanto importante , è quella relativa al sostegno Giuridico che è sostanziale, quando possibile, a quelle che sono le Fondazioni di Partecipazione  chiamate “ DOPO DI NOI”. Nate per dare tranquillità, sicurezza alle Famiglie e alle Persone Disabili ,quando con il passare degli anni rimarranno sole. Queste Fondazioni operano sul territorio già da qualche anno. Sono importanti e noi le sosteniamo come tipo di attività. Abbiamo già detto della questione dell’Inserimento nel mondo lavorativo, che è importante. Poi, naturalmente c’è tutto quello che è a che fare con le barriere architettoniche, con tutto quello che può rendere la Vita della persona Disabile, il meno complessa possibile. Costituiscono un insieme di attività che determinano la finalità di una Vita Dignitosa e Degna di Essere Vissuta con possibilità di sviluppo, possibilità di poter accedere a percorsi di normalità, nelle relazioni e nei movimenti, nella possibilità di poter studiare e di poter avere un lavoro. Su questo vorrei anche ricordare alcune questioni importanti come le Risorse Economiche. Quando una Persona assolve il compito di Assessore Regionale alla Salute, alla fine si trova sempre nella necessità di parlare di Risorse, di Soldi. Sono questi che permettono di realizzare le tante e belle idee. Senza la disponibilità economica, ci mancano i mezzi per realizzarle. Per spiegare quello che è il nostro impegno,che dà sostegno, che dà corpo a quanto ho riferito e che non siano solo buoni Programmi e buone Intenzioni, riferisco alcuni dati. La Regione Toscana per il mondo della Non Autosufficienza, mette a disposizione dei finanziamenti specifici per 87 Milioni di euro/anno, ai quali si aggiungono tutti i percorsi classici delle Persone Anziane ecce. ecc. In questo ambito esistono progetti riservati alle Persone Gravemente Disabili. Cito per esempio  i 7 Milioni di euro/anno, destinati al Progetto di Vita Indipendente. La questione è molto importante perché il Progetto di Vita Indipendente, “ NON E’ NEI LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA”. Cioè, non è in quello che lo Stato Italiano ritiene debba essere  un obbligo del servizio sanitario per queste Persone. E’ un tema molto delicato e molto importante. Lo dico per chi non fosse a conoscenza della Legge Nazionale che stabilisce appunto ciò che debba intendersi come “LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA”. In sostanza, definisce ciò che il Servizio Sanitario è tenuto a dare ed erogare. Naturalmente ci sono molte altre cose che non sono, come dire, in questa lista, per cui, se le Regioni decidono di sostenere questo tipo di servizi, lo fanno trovando le Risorse altrove. Trovando Risorse proprie, facendo efficienza, risparmiando altrove.
In sostanza si devono autofinanziare, perché la legge Nazionale a cui ho fatto riferimento, non prevede che siano,  di per sé, dovute. Per esempio, tutto il sostegno alla Vita Indipendente, che sono 7 Milioni di euro/anno, siamo costretti a trovarli altrove. Non solo, abbiamo in programma di portarli ad 8 Milioni di euro/anno e persino di aumentarli per l’anno prossimo. E’ un percorso che pensiamo di potenziare.
Faccio un altro esempio in cui invece abbiamo il sostegno della Legge Nazionale che ci ha consentito un impegno di 5 Milioni di euro, a tutte le Persone affette da “S.L.A.” e patologie correlate. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un impegno importante per il quale la Regione Toscana ha anche deciso di finanziare l’erogazione di Apparecchi Elettronici, Puntatori Ottici, che permettono ad una Persona nella fase avanzata di “ S.L.A.”, di poter comunicare con
l’ausilio di questi Computer. Anche in questo caso, l’ausilio di questo particolare computer, non è previsto nei Livelli Essenziali di Assistenza, mentre la Regione Toscana ha deciso di metterlo a disposizione di chi ne abbia bisogno. Ho fornito due esempi finalizzati a dimostrare che il nostro impegno non è solo normativo, che pure viene assolto, e non è solo di indirizzo generale, ma vuol essere anche un impegno molto concreto e significativo, nella consapevolezza che sia possibile fare di più e meglio. Ma per migliorare, abbiamo anche bisogno dell’Aiuto e del Sostegno delle varie Associazioni, di chi è portatore di queste necessità, di chi conosce meglio di ogni altro, la Vita di queste Persone, di chi può suggerire meglio di ogni altro, che cosa si possa fare. Con questa impostazione siamo riusciti a definire Programmi Personalizzati, perché spesso si presentano situazioni molto complesse che hanno necessità di essere gestite “ ad personam” per le specificità delle loro esigenze. Occorre comunque tener presente che viviamo in un periodo di grandi ristrettezze economiche, per cui si rende necessaria una precisazione. A livello europeo è stato formulato un Indirizzo rivolto agli Stati consistente nel “Normare” questa questione e definire cosa rientra e cosa non rientra, nei “Livelli di Assistenza”. Lo Stato Italiano non ha ancora recepito questa normativa. E’ per questo che le Regioni si muovono autonomamente. Viviamo in un periodo dovuto anche alla contingenza nazionale, che tutti conosciamo. Nel senso che anche a livello regionale non si vive in una fase di espansione. Questa circostanza è dovuta a due fattori. Uno di tipo contingente e nella contingenza, tutto diminuisce con il rischio che i Servizi Sanitari che si occupano di tutto, in questo “mare magno”, c’è il rischio di privilegiare Ospedali, Pronto Soccorso, questioni di maggior interesse collettivo. Altre questioni, invece rischiano, non di essere trascurate, ma nell’insieme, per chi deve fare delle scelte, rischiano di non essere pienamente valorizzate. Anche se questa è la tendenza registrata a livello nazionale, la Regione Toscana pur nella difficoltà del momento, ha fatto una scelta diversa. Ha deciso di sostenere e di continuare a sostenere e dove possibile, incrementare questo tipo di Assistenza. Una riflessione importante è comunque il fatto che le Risorse Economiche sono essenziali per sostenere queste iniziative, per altro doverose, ma la nostra Nazione vive in una fase di recessione economica che condiziona anche la Sanità. E’ un rischio concreto. Per questo siamo impegnati tantissimo in una profonda Riforma del nostro Sistema Sanitario, proprio per riuscire a trarre da una migliore Efficienza, da una migliore Organizzazione, da un miglior Modo di Lavorare, quelle necessarie Risorse che consentano di garantire queste funzioni.
Vorrei condividere con Voi una difficile decisione che presi un anno fa, in relazione al fatto che nella nostra Regione Toscana,  avevamo troppi letti ospedalieri. Sono stato duramente criticato per il Programma di riorganizzazione, definito per la riduzione dei letti ospedalieri. Non era stato considerato il fatto che il Programma di Riorganizzazione era finalizzato a far lavorare di più ed al meglio, per recuperare Risorse da utilizzare per altre necessità. Ridurre in un Ospedale cinque letti che non sono utilizzati, significa recuperare Risorse per l’acquisto di un computer particolare che consenta a chi ne abbia necessità di poter comunicare, leggere. Risorse da destinare all’acquisto di una carrozzina particolarmente attrezzata, per finanziare un Progetto di Vita Indipendente. Quando si affronta il tema della Sanità, ci troviamo di fronte ad un sistema di vasi comunicanti molto complesso, dove le Riforme sono necessarie per trovare le Risorse che servono.
Purtroppo la critica si innesca, ogni qual volta si operi a compartimenti stagno.
Servono molte cose. Serve la Carrozzina, serve l’Attrezzatura speciale per leggere, serve un respiratore speciale e costosissimo. Ma le Risorse sono insufficienti rispetto alle necessità. Per questo siamo impegnati in una profonda Riforma, per trovare e destinare al meglio le Risorse. Occorre avere consapevolezza che le Riforme sono comunque complesse. Non promuovono amicizie, ma critiche. Il messaggio che comunque desidero trasferire è che la Regione Toscana è molto impegnata nel settore della Sanità, sia nella forma Giuridica, sia nell’approccio organizzativo. Ma poi alla fine servono le Risorse Economiche ed è quindi mio dovere andarle a reperire dove sia possibile.
Il messaggio che intendo trasferire a conclusione delle riflessioni esposte, è che  pur nelle difficoltà di questa crisi, la Regione Toscana ed il sottoscritto in prima persona, siamo determinati a risolvere i problemi che attengono alla Sanità.

 

 


 

 

CONCLUSIONI


Nel dichiarare concluso il Terzo Convegno Nazionale “ Diritto ad una Vita Dignitosa”, auspico coerenza circa il comune impegno per la costituzione del “Gruppo di lavoro”, composto da specifiche competenze nei vari settori inerenti la nostra Proposta di Legge Nazionale di Iniziativa Popolare. Gruppo di Lavoro, finalizzato alla definizione di un testo normativo, redatto in collaborazione con altre realtà Associative, sull’esempio di “Scienza&Vita” e di chiunque operi nel settore Socio-Assistenziale e condivida la necessità di promuovere e definire Progetti Socio-Assistenziali Integrati e Specifici, in tutte le Regioni d’Italia, a tutela e garanzia delle Persone Disabili Gravissime e dei loro Familiari, nel rispetto e nell’applicazione dei Principi Costituzionali del Diritto di Eguaglianza, Diritto di Assistenza, Diritto di garantire la Dignità della Persona.
Concludiamo rivolgendo un particolare ringraziamento a tutti e nello specifico, al Comune di Firenze ed alla Regione Toscana, per la collaborazione ed il contributo di esperienze offerto dal Vice Sindaco Stefania Saccardi e dall’Assessore alla Salute della Regione Toscana, Luigi Marroni.

 

A nome e per conto www.dirittovitadignitosa.it

 

Alberto Guerrieri

 

Il 25 Novembre 2011 si è svolta a Firenze

presso il Consiglio della Regione Toscana

la seconda edizione del convegno:

 

DIRITTO AD UNA VITA DIGNITOSA

 

 

 

 


 

Prof. Gianvito Martino Direttore della Divisione di Neuroscienze dell'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele - Milano

 

 

Gentile Guerrieri Alberto

Mi lasci esprimere il mio più vivo ringraziamento a lei ed a tutti gli organizzatori per aver organizzato la seconda edizione del Convengo "Diritto Vita Dignitosa".

Penso fortemente e convintamente che ci sia sempre più bisogno di parlare dei bisogni, dei problemi, e delle speranze delle persone disabili gravissime e dei loro familiari e soprattutto di parlarne in modo costruttivo come fate voi.

Concordo soprattutto sul concetto innovativo che volete ribadire e che cioè le persone disabili gravissime ed i loro familiari sono un unicum indivisibile.

Molto spesso si sentono proclami altisonanti circa l'assistenza che viene erogata a questi malati ed alle loro famiglie ma questi proclami sono per lo più propagandistici che fattuali e le famiglie si trovano sempre di più a dover affrontare situazioni limite, in condizioni di completa solitudine. Solitudine soprattutto istituzionale che in uno stato di diritto uno non si aspetterebbe.

Spero con tutto il mio cuore che le vostre richieste vengano prese in considerazione seriamente dalle Istituzioni deputate a ciò e che ai proclami conseguano le azioni; in questo momento così difficile per il nostro paese ancora di più dobbiamo vigilare attentamente sulla tutela dei più deboli.

Nella speranza che il vostro grido di dolore e di aiuto non venga soffocato da un silenzio assordante, le invio i miei più cordiali saluti e le ribadisco il mio appoggio incondizionato alla vostra campagna di sensibilizzazione.

Con immutata stima

Gianvito Martino

 

Gianvito MARTINO.

MD Director,

Division of Neur

oscience

San Raffaele Hospital

Via Olgettina 58

 

 

 


SOSTEGNO Matteo Renzi

 

 

 


SOSTEGNO Giuliano Fedeli

 

Caro Guerrieri,

il convegno che l'associazione "Diritto ad una vita dignitosa" promuove questa mattina acquista un particolare valore in un momento di difficoltà per la Toscana ed il nostro Paese.

Numerose sono le iniziative ospitate in queste sale o promosse dal Consiglio regionale. Tuttavia, rare sono le occasioni in cui riflettere sulle condizioni di vita delle persone disabili gravissime e degli oneri a carico delle loro famiglie. Da qui l'importanza dei tema dell'incontro, che pone al centro il rapporto tra le Istituzioni ed i cittadini ovvero il ruolo delle stesse Istituzioni nel rispondere ai bisogni dei propri cittadini. Questa è una sfida che la politica non può ignorare e deve, a mio avviso, affrontare. Una comunità che fonda la propria legittimità sui valori democratici della Costituzione repubblicana ha il dovere, prima di tutto morale, di garantire ad ognuno i propri diritti e la possibilità di vivere una vita dignitosa.

In questo senso un'iniziativa anche di natura legislativa che si pone l'obiettivo di garantire un sostegno concreto alla persona disabile gravissima ed alla sua famiglia potrebbe rappresentare, in primo luogo, uno strumento per richiamare l'attenzione sulla condizione di coloro che vivono da esclusi nella società, non per scelta, ma a causa degli ostacoli che si creano tra la loro disabilità ed il contesto quotidiano. In secondo luogo una simile iniziativa, con il sostegno dei cittadini, potrebbe avere il merito di richiamare la politica ad assolvere il proprio compito fondamentale quello di contribuire alla costruzione di una società migliore per tutti. Ti prego di informarmi sull'esito della petizione che stai promuovendo a partire dalla nostra comune ed amata città di Piombino.

Precedenti impegni istituzionali, fuori sede, mi obbligano ad affidare a questo breve messaggio il mio indirizzo di saluto e ne sono rammaricato. Confido nel successo dei convegno e sono certo che porterà nuove motivazioni all'attività dell'associ

azione "Diritto ad una vita dignitosa" e nuove energie al suo presidente. Caro Alberto, permettimi di menzionare, in questa occasione, come il ricordo dell'incontro con Roberto, tuo figlio, susciti sempre in me una profonda emozione che ravviva la volontà all'origine del mio impegno civile e politico.

Ringraziandovi per l'attenzione, auguro ai partecipanti buon lavoro.

Giuliano Fedeli

 


SOSTEGNO Daniela Scaramuccia

 

 

 


SOSTEGNO Massimo Toschi

 


 

SOSTEGNO Ass. SCIENZA & VITA di Brescia


INTRODUZIONE Alberto Guerrieri Referente www.dirittovitadignitosa.it

 

Saluto ed esprimo gratitudine

per la partecipazione, a testimonianza di una sensibilità ed impegno, a favore delle Persone Disabili Gravissime , nell’osservanza del rispetto di ogni Vita, indipendentemente dalle condizioni esistenziali.

Padre di una Persona Disabile Gravissima, sento su di me un’altissima responsabilità, nell’affrontare un problema ineludibile e nella consapevolezza che :

 

TUTTI HANNO DIRITTO AD UNA VITA DIGNITOSA !

 

Una verità, dalla quale nessuno può prescindere. Entrerò subito in argomento, precisando che questo Convegno, è riferito esclusivamente , a sostegno Delle Persone Disabili Gravissime e dei loro Familiari.

In questa occasione verrà presentato un elaborato, riferito ad una proposta popolare di Legge Regionale, finalizzata a promuovere una riflessione sul fatto che, le Persone Disabili Gravissime ed i loro Familiari, costituiscono un “ UNICUM INSEPARABILE”.

Sfugge ai più, la compesiità dei problemi esistenziali, soprattutto l’aspetto economico, riferito a questi casi estremi. Sfugge ai più, che le “Criticità” dell’uno, sono le “Criticità” dei Familiari, ma anche viceversa. Il Prof. Gianvito Martino, Direttore della Divisione di Neuroscienze, presso l’Istituto Scientifico Universitario del San Raffaele-Milano, considerato tra i max esperti internazionali, nella ricerca ed applicazione delle cellule staminali, impedito a partecipare alla nostra iniziativa, ci ha fatto pervenire la Sua vicinanza. Cito alcuni passaggi:

“Penso fortemente e convintamene , che sia sempre più necessario parlare dei bisogni, dei problemi e delle speranze delle Persone Disabili Gravissime e dei loro Familiari. E soprattutto di parlarne in modo costruttivo, come fate voi”. “Concordo sul concetto innovativo che volete ribadire e che cioè, le Persone Disabili Gravissime ed i loro Familiari, sono un “UNICUM INSEPARABILE”.

Prosegue : “Le famiglie si trovano sempre di più a dover affrontare situazioni limite , in condizioni di completa Solitudine. Solitudine soprattutto Istituzionale, che in uno stato di Diritto, uno non se lo aspetterebbe. In questo momento così difficile per il nostro Paese,ancora di più dobbiamo vigilare attentamente sulla tutela dei più deboli”. Chiude con questo impegno: “Le ribadisco il mio appoggio incondizionato alla vostra campagna di sensibilizzazione. Con immutata stima , Gianvito Martino”.

Prima di concludere, faccio riferimento ad un evento di altissimo livello: L’ottavo Convegno Nazionale di “SCIENZA&VITA”, tenuto a Roma , il 18 novembre 2011, presieduto dal qui presente Prof. Lucio Romano. Di altissimo livello, per il contributo della “LECTIO MAGISTRALIS”, del Car. Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Cito un passaggio fuori dell’ottica religiosa: “Ma ci dobbiamo chiedere : Chi è più debole e fragile , più povero, di coloro che neppure hanno Voce, per affermare il proprio Diritto? E chi, più indifeso, di chi non ha Voce perché non l’ha più? “. Dichiaro aperto il Convegno , nella serena consapevolezza, che quanto andiamo a rappresentare : “Diritto ad una Vita Dignitosa, per i “Senza Voce”, è in piena consonanza con le parole del Card. Angelo Bagnasco.

Rappresento i saluti di Giuliano Fedeli, Vicepresidente del Consiglio Regionale, assente per impegni Istituzionali. Evidenzio il Suo concreto aiuto per l’organizzazione del Convegno. Questa magnifica Sala delle “Collezioni”, è stata offe

rta dal Vicepresidente , a cui rivolgo un sentito ringraziamento. Oltre i Saluti di Giuliano Fedeli, abbiamo ricevuto lettere di sostegno da parte del Sindaco di Firenze, Matteo Renzi, dell’Assessore alla Salute, Daniela Scaramuccia, del citato Prof. Gianvito Martino, del Prof. Massimo Toschi e degli Amici della Associazione “SCIENZA&VITA” di Brescia. Impossibile rappresentare le relative lettere di sostegno, senza penalizzare i Relatori.

Mi impegno, sin dalla prossima settimana, a pubblicarle sul nostro sito www.dirittovitadignitosa.it.

Invito il Dr. Paolo Bongioanni, ad illustrare lo stato attuale e le prospettive future, che la Scienza Medica offre alle Persone Disabili Gravissime.

Invito l’Avv. Luigi Marciano, a relazionare sullo stato della normativa vigente e di illustrare , l’elaborato riferito alla nostra proposta di una Legge Regionale, nel concetto innovativo che le Persone Disabili Gravissime ed i loro Familiari, costituiscono un “UNICUM INSEPARABILE”.

La Prof.ssa Virginia Messerini, svilupperà il problema del sostegno ai soggetti Disabili Gravissimi, dal punto di vista giuridico, evidenziando come, nel contesto Normativo dell’Ordinamento Europeo, dello Stato Italiano e dell’Ordinamento Regionale , vi sia un’attenzione particolare, sull’esigenza di offrire un’adeguata assistenza sia alla Persona Disabile Gravissima che ai Familiari. Infine, invito il Prof. Lucio Romano, a valorizzare i contenuti espressi, evidenziando sia il valore che il rispetto della Vita, indipendentemente da ogni condizione esistenziale. Grazie.

 


INTERVENTO Paolo Bongioanni U.O. Neuroriabilitazione, Dip. Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Presidente "NeuroCare onlus"

Le Persone con Disabilità Gravissima , si trovano ad affrontare molte difficili problematiche esistenziali, a seguito dei deficit motori, sensitivo-sensoriali e cognitivi, di cui sono portatori, che ingenerano inoltre, notevoli ripercussioni psicologiche e relazionali, non solo nei diretti interessati, ma anche in chi li assiste.

Il Disabile Gravissimo, può non essere più in grado di interagire autonomamente con l’ambiente che lo circonda e con le altre Persone che vi si rapportano, stanti d’un canto l’incapacità di decodificare gli input esterni e/o dall’altro, l’impossibilità pressoché totale, di rispondervi, magari motoriamente, prima ancora che cognitivamente. Ben si capisce, pertanto, lo sgomento strettamente correlato con la ridotta funzionalità relazionale, ma anche lo sconforto di una Persona, talvolta solo in parte, limitata dal punto di vista cognitivo, nel vedersi negata la legittima aspirazione ad una vita Indipendente.

Quale può essere il contributo delle Neuroscienze a migliorare la qualità di vita delle Persone con Disabilità Gravissima e dei loro Caregiver?

Il presente è fatto massimamente di assistenza; la ricerca da par suo, apre poi delle prospettive per il futuro. Realisticamente, intanto, non si tratta di impedire ad una causa morbosa, unica o molteplice, di produrre effetti dannosi, quanto piuttosto di contenerne le conseguenze funzionali e contestualmente, potenziare le capacità residue. Solo così è possibile, insieme, assistere il Disabile Gravissimo con la Sua Famiglia e sostenere nel concreto la motivazione della Persona ad una Vita autonoma. Gli ingredienti necessari ad un tale approccio, sono rappresentati da un’adeguata forma mentis, che si basa sulla centralità della Persona, intesa come “Soggetto Relazionale” , nel contesto degli sforzi terapeutico- assistenziali, coniugata con una dose opportuna di tecnologia assistiva.

Il danno a carico del sistema nervoso centrale, prodotto da un accidente cerebrovascolare , da un trauma cranio-encefalico, oppure da una malattia neurodegenerativa, che determina in larga misura tutto il corteo sintomatologico, può d’altro canto rappresentare il target, di un approccio terapeutico innovativo, mirato a favorire la neurorigenerazione.

Sono questi due, i “filoni”, le due direttrici, lungo cui si muovono tutti gli sforzi clinico-scientifici, che a buon diritto, devono essere sempre integrati, per poter essere sinergici: è inopportuno, quando non pericoloso, scotomizzarne uno, privilegiandone troppo l’uno e dimenticandosi totalmente dell’altro.

Le Neuroscienze, implementando efficaci dispositivi assistivi e sviluppando strategie neurobiologiche d’avanguardia, riusciranno sempre più ad essere all’altezza di questa sfida a favore dell’uomo.


INTERVENTO avv. LUIGI MURCIANO Studio Legale e Tributario “Giovannini & Partners” di Pisa

Grazie a tutti di essere intervenuti e per l’attenzione ad un problema così drammatico, da parte di chi lo vive direttamente. Purtroppo il problema della Disabilità ha una dimensione sociale importante e la notevolissima ricostruzione della normativa sopranazionale, nazionale e regionale, che ha fatto la Prof.ssa Messerini, lo dimostra. Non è solo un problema delle Persone che vivono la Disabilità. E’un problema sociale, in termini di gestione di quella situazione. E’ un problema culturale in termini di accettazione della Disabilità e quindi della difficoltà, come elemento non discriminante, rispetto al Diritto di Vita. Voglio sottolineare una cosa importante, che mi coinvolge personalmente: La lotta per la Vita, non deve essere intesa come una lotta a tutti i costi, ma si deve qualificare essenzialmente, come lotta per una Vita Indipendente e quindi capace, di consentire la piena realizzazione della Persona. Un primo passaggio che ritengo di dover chiarire, è la prospettiva alla quale stiamo lavorando. Produrre una proposta di Legge Regionale, che sia in grado di tradurre nell’ordinamento locale, quelli che sono principi alti e che non hanno trovato attuazione.

Non si vuole imporre un obbligo di Vita. Si vuole muovere da un diritto delle Persone Disabili Gravissime e dei loro Familiari, di poter scegliere di continuare a vivere in maniera dignitosa, in maniera serena ed affermativa della propria Personalità. Esigenza che tra l’altro, nell’esperienza drammatica che abbiamo vissuto, è stata prioritaria proprio, per chi era protagonista di quella vicenda. E’ fondamentale che si abbia consapevolezza dell’esigenza di tutelare non solo la Famiglia, come elemento che contorna il Disabile Gravissimo, ma anche che si consideri la libertà di scelta della Persona, che deve avere la possibilità di continuare a vivere in una certa prospettiva, in una certa dimensione. Chiarito questo principio fondamentale, che ha un’importanza etica di particolare spessore, voglio dire che l’articolato normativo al quale stiamo lavorando, su input di questa vicenda, mira proprio a consentire un automatismo di riconoscimento del Diritto della Persona Disabile Gravissima, che non debba essere gravata dall’obbligo di attivarsi, in maniera stressante, per raggiungere obiettivi necessari,di tipo economico ed assistenziale. Creare cioè le condizioni, a che sia immediatamente conseguente, la presa in carico da parte degli organismi deputati all’assistenza sociale e degli organismi locali e degli enti pubblici locali, deputati alla verifica sul territorio, di queste realtà. Avviare un Automatismo, che però non sia l’automatismo che connota attualmente la legislazione sull’argomento, che è lo automatismo purtroppo di una cultura abituata a concepire la solidarietà, sotto forme di assistenzialismo e spesso, di assistenzialismo a pioggia, ma in realtà un automatismo, che miri a realizzare quella personalizzazione dell’assistenza alla quale faceva riferimento la Prof.ssa Messerini, muovendo dalle indicazioni della Convenzione del 2006 e poi dalla normativa Sovrannazionale, alla quale dobbiamo inevitabilmente, far riferimento.

Quindi, come punto di partenza del nostro lavoro, focalizzare l’esigenza di garantire dignità di esperienza individuale, alla Persona Disabile Gravissima, automatismo di un meccanismo pubblico, che preveda l’attivarsi non solo della Famiglia, ma anche delle Istituzioni, alla ricerca di una soluzione personalizzata, che non può essere solo automatica, ma deve essere calibrata sulle concrete e specifiche esigenze di vita di quella Persona. Deve essere calibrata su quelle specifiche esigenze di vita, tentando di mantenere fermi dei vincoli di bilancio, che purtroppo non possono essere derogati per la normativa nazionale, ma che possono consentire di recuperare risorse, da situazioni nelle quali invece, c’è uno sperpero di denaro pubblico, a svantaggio di situazioni che non sono connotate da un’urgenza, altrettanto forte di intervento. Questo automatismo, questa capacità della pubblica amministrazione, di rispondere in maniera personalizzata alle esigenze del singolo, non deve essere vista come una chimera irrealizzabile. L’abbiamo realizzata in un caso concreto. L’hanno realizzata, come dicevo prima, nelle Marche. Ho contezza di esperienza analoga, nella regione Emilia-Romagna. Ma in tutti i casi, deve essere vista come una attuazione concreta dei principi che già informano l’ordinamento e costituiscono obbligo per la pubblica amministrazione. Obbligo che deve essere appunto creato, in maniera da non dover presupporre uno scontro contenzioso con l’amministrazione, ma una partecipazione diretta dell’amministrazione, alla gestione condivisa di quello che è il momento della difficoltà. Gestione condivisa, che deve presupporre però, una condivisione non solo di progettualità, non solo di intenti, ma anche di concrete dinamiche economiche che purtroppo non possiamo far finta che non esistano. Uno dei problemi più gravi, che si affrontano nel rapportarsi a questa problematica, soprattutto in un momento di grave crisi finanziaria, concerne l’aspetto economico. E’ una realtà effettiva. Però, soprattutto nel momento in cui si pone l’esigenza di gestire in maniera efficiente, risorse che non vengono più percepite come limitate, nel momento in cui ci si rapporta a questo tipo di esigenze, normandole e quindi traducendole, da aspirazioni in regole concrete, che tutti i giorni possono essere applicate. Bisogna non dimenticarsi mai, affinchè questo tipo di progettualità sia concreta, di considerare oltre la dimensione e l’efficienza economica, anche la limitatezza delle risorse che sono a disposizione.

Quindi, ricapitolando brevemente i passaggi nei quali si sta articolando il mio discorso e che poi, in qualche maniera, costituiscono la base di quello che è il progetto di Legge che proporremo, ovviamente preceduto da una discussione pubblica, perché nessuno può avere la pretesa su questi argomenti, di avere una visione da un singolo angolo visuale, tengo ad evidenziare, l’assoluta tutela dell’indipendenza di scelta della Persona Disabile Gravissima, la tutela della libertà, della dignità dell’indipendenza della Persona, in previsione di un meccanismo automatico di attenzione da parte del pubblico, rispetto a questa esigenza. Automatismo che non deve tradursi però nella consegna di un pacchetto preconfezionato, ma deve tradursi nell’avvio di un contraddittorio utile a capire, quali siano le oggettive e specifiche esigenze di assistenza della Persona Disabile Gravissima e delle Persone che stanno intorno e lo sostengono, in quella specifica e particolare condizione.

E’ in questo senso, che va accolta la proposta di una Legge Regionale, a sostegno delle Persone Disabili Gravissime e dei loro Familiari, nel concetto innovativo che costituiscono un “Unicum Inseparabile”, di cui parlava Alberto Guerrieri. Mi sia consentita una riflessione: Evitiamo di promuovere quella miriade di Leggi, che consentono il permesso di due ore da lavoro, per chi sia coinvolto in questi problemi. Non deve essere quella di chi consente di usare il parente invalido, per ottenere il trasferimento da Udine a Reggio Calabria e poi da Reggio Calabria a Palermo. Scusate, sono fortemente contrario a questo tipo di abusi. L’attenzione deve essere riferita all’esigenza concreta, di Persone che non possono essere private della loro vita, a supporto di vicini e familiari che vivono un dramma di quel genere. Devono essere invece messe nelle condizioni di coordinare le risorse, anche personali, di tempo ed affettive, in una logica comune, non di sperpero, ma di efficienza. La logica di efficienza che deve tener conto delle modalità di impiego concreto delle risorse che purtroppo, in ambiti di ordinari stanziamenti di bilancio, come sottolineava giustamente la Prof.ssa Messerini, possono essere messe a disposizione di queste Persone. Da qui, la necessità ed il dovere per la pubblica amministrazione, di evidenziare una trasparenza ineludibile, su quali siano le destinazioni delle somme pubbliche messe a disposizione per esigenze di tipo sociale.

Confronto drammatico, ma necessario, tra situazioni di analoga gravità, per criticità o per durata. Elaborazione di un progetto, che sia costantemente sottoposto a verifica e che lo sia, non solo dalla parte del privato che lo vive, ma anche della pubblica amministrazione, che abbia modo di verificare appunto, l’effettiva rispondenza dell’originario impianto, a quelle che sono le esigenze effettive. In definitiva, ciò che andiamo a proporre, è l’idea di un meccanismo per il quale il servizio di assistenza sociale, che ha in carico una situazione di una Persona Disabile Gravissima, va inteso ed affrontato come problema sociale, perché è problema delle Famiglie, è problema di economia, è problema di assistenza. Il presupposto per avviare un confronto alla ricerca di soluzioni concrete che portino poi all’elargizione di una somma di denaro, ma che siano somme di denaro calibrate sulle esigenze concrete, specifiche ed accertate nel contradditorio. Questo dal lato della procedimentalizzazione della norma.

Un altro aspetto che ritengo necessario analizzare nella previsione normativa, è quello riferito all’utilità di coinvolgere anche forme di incentivazione dell’impegno privato, nell’assistenza e nello svolgimento della attività dell’assistenza. Mi ha fatto piacere e per certi versi è stato illuminante, il confronto di stamattina con il Prof. Romano. Nell’elaborazione del progetto di Legge, ritengo che l’assistenza del privato, in queste situazioni, non possa che essere ancillare, per due motivi: Perché purtroppo i moventi o sono a livello di lucro, e quindi finalizzati ad un guadagno, che oltretutto è incompatibile con quell’esigenza di massimizzazione della efficienza delle risorse pubbliche investite, o finiscono per essere connotate da una dimensione di solidarietà, che difficilmente riesce ad attingere ad un livello di istituzionalità. Cioè, sono piuttosto affidate alla carità ed alla volontà di fare carità. Per questo penso che sia utile, prevedere dei meccanismi che consentano una importante defiscalizzazione di tutto quello che è spesa per l’assistenza, anche lavorativa ed in questo senso, la possibilità di utilizzare l’incentivo fiscale e l’incentivo economico. Purtroppo non credo che possa essere realistica un’ipotesi di coinvolgimento diretto, per questo genere di attività, un project finance, perché purtroppo non c’è ritorno economico, ma penso che in realtà utilizzando anche recenti sollecitazioni che sono provenute dalla Corte di Giustizia dell’ Unione Europea, che ha affermato, mi verrebbe da dire finalmente, il principio per cui non tutto il mercato e non tutto si può ridurre alla logica di mercato, ma ci possono essere degli spazi in cui il mercato cede il campo ad esigenze di solidarietà, di sussidiarietà, penso in particolare alla recente sentenza sulla salvaguardia della fiscalità delle cooperative, che è stata salvaguardata proprio in considerazione dello scopo più alto che questi enti perseguono. Pur nelle dinamiche di mercato, penso che si possa lavorare per trovare un meccanismo di incentivazione sul piano fiscale. Riepilogo brevemente in quattro punti, il passaggio riferito alla nostra proposta di Legge Regionale:

1- Affermazione di un principio fondamentale che le forme di tutela devono essere scelte e volute dalla Persona Disabile Gravissima e dalla Famiglia nel rispetto dell’art. 32 , cioè che non si possono trovare forme di assistenza che siano non rispettose della libertà di scelta della Persona che ne è portatrice. Il primo principio dell’art. 32 della Costituzione, penso che sia spesso troppo sottovalutato da questo profilo, e che debba essere affermato.

2-Automatismo di un contraddittorio e di una responsabilizzazione della pubblica amministrazione nel farsi carico di una ricerca puntuale di soluzioni, che non sia quello della minestra preriscaldata.

3-Individuazione di un percorso di contraddittorio, necessario e finalizzato alla individuazione di risorse, da destinare alla Persona Disabile Gravissima e alla Famiglia.

4-Creazione di meccanismi normativi di defiscalizzazione, che consentano un beneficio economico per chi si rapporta a quella situazione, ed in qualche maniera, consentano anche un alleggerirsi degli oneri imposti alla Famiglia ed alla collettività. Faccio un esempio per essere concreto: Ci stiamo scontrando in questi giorni, con una situazione di particolare complessità, che è quella che deriva dalla impossibilità di conciliare le limitate risorse, che l’amministrazione pubblica, in questo momento, è disposta a mettere a disposizione, con gli enormi costi contributivi e fiscali, dovuti al lavoro delle Badanti, per l’assistenza. Parlo di cose concrete per dare il segno di quale sia il problema. Mi riferisco al costo per il lavoro delle Badanti, in rapporto all’erogazione garantita a Persona Disabile Gravissima. L’esito di questo percorso programmatico, non può essere considerato al lordo degli oneri fiscali, cioè, l’amministrazione pubblica si deve fare carico anche di defiscalizzare tutto quello che è l’assistenza, e deve farlo nella logica di creare in quella situazione, volano per occupazioni pulite e trasparenti. Defiscalizzazione, non vuol dire necessariamente “abuso”, vuol dire a volte solidarietà attraverso la rinuncia a qualcosa da parte dello Stato. In questi casi, l’importo delle imposte. Nella speranza di aver sufficientemente illustrato le logiche nelle quali ci stiamo muovendo, e premesso che si renderà indispensabile un confronto partecipativo, in riferimento alla nostra proposta di Legge Regionale, invito Alberto Guerrieri, ad aprire il Dibattito.

 

 


INTERVENTO Prof.ssa Virginia Messerini

Ordinario Diritto Pubblico Università di Pisa

Innanzitutto esprimo un ringraziamento ad Alberto Guerrieri. Ha promosso questa iniziativa al fine di favorire una riflessione inerente il problema dell’assistenza alle Persone affette da Gravissima Disabilità. Saluto i presenti, confermando il personale coinvolgimento sul tema trattato. Il mio intervento affronta il problema da un punto di vista giuridico. Costituisce il punto di arrivo riferito alle varie istanze e valori che sono stati espressi nei precedenti interventi. Faccio riferimento alla Prima Edizione Nazionale del Convegno “Diritto ad una Vita Dignitosa” tenuto a Piombino il 26 novembre 2010. In tale occasione il problema giuridico fu affrontato in riferimento alla questione della Dignità dell’uomo. Il rispetto della Dignità, la tutela giuridica della Dignità dell’uomo.

La Costituzione Italiana fu il punto di riferimento, in considerazione della particolare valenza contemplata e riferita al principio di uguaglianza sostanziale, che naturalmente impone a tutti, alle Istituzioni,ma anche alla Società, di operare proprio per garantire ed assicurare il diritto alla Dignità di ogni Persona in qualsiasi situazione essa si trovi. E soprattutto riferita alle Persone Disabili Gravissime.

Oggi vorrei ripartire da quel punto, per promuovere un’analisi della normativa, che si è sviluppata intorno al problema più concreto e preciso, dell’assistenza alle Persone Disabili, ma soprattutto, alle Persone che sono in una situazione di Gravissima Disabilità. Sono quelle che hanno bisogno di assistenze diverse e personalizzate. Ne consegue l’esigenza di un diverso approccio, nel predisporre un adeguato progetto assistenziale.

Come già fatto riferimento nel Convegno del 2010, vorrei ricordare la Convenzione approvata nel 2006 dalle Nazioni Unite, in relazione al problema della Disabilità. Questione già affrontata in sede di Ordinamento Internazionale, a conferma della particolare attenzione riferita a questo problema, da parte di tutta la Società, a livello globale. Infatti nel 2006, è stata approvata la Convenzione ONU, sui diritti delle Persone con Disabilità. E’ la prima Convenzione di questo secolo che impegna gli Stati. Non propriamente come un trattato, che definisce comportamenti e protocolli precisi, ma indica impegni ai legislatori statali che hanno sottoscritto la Convenzione. In questo senso, li obbliga ad individuare gli strumenti e le modalità, attraverso le quali operare, sulla base delle indicazioni che provengono dalla Convenzione. Si tratta di una Convenzione che si inserisce nel mondo giuridico con gli strumenti di Softlaw. Strumenti di diritto meno cogente, rispetto al trattato specifico. Però assumono ormai in molti settori, un rilievo importante. Promuovono e da lì scaturiscono, atti più cogenti nei confronti dei singoli Stati. E’ avvenuto nel settore ambientale. In materia ambientale, si parte da questo tipo di Convenzioni, che sono facilmente sottoscrivibili. Nel senso che indicando agli Stati degli obiettivi. Non li vincola in modo preciso e puntuale.Per questo, trovano il consenso di un numero molto elevato e ampio di Stati. Infatti la Convenzione è stata sottoscritta da circa 200 Stati.L’Italia, l’ha sottoscritta con una Legge nel 2009. Quindi, lo Stato Italiano si è impegnato ad affrontare questo problema. Pur non avendo definito nello specifico le modalità, ha comunque assunto un impegno e quindi una valenza. Per esempio, quando il Giudice deve risolvere una controversia, può far riferimento a questo materiale normativo, per suffragare certi tipi di posizioni e di soluzioni. In questo senso, è importante che anche lo Stato Italiano lo abbia ratificato. Come avevo evidenziato l’anno scorso, questa Convenzione, fra l’altro riconosce alle Persone con Disabilità, non solo la loro autonomia ed indipendenza individuale, ma anche la libertà di compiere le proprie scelte. Autonomia ed indipendenza individuale, quale premessa per assicurare anche alle Persone Disabili Gravissime, di poter ottenere l’ assistenza necessaria ed adeguata, nell’ambito non solo delle Istituzioni a ciò preposte, ma anche nell’ambito della Famiglia. Cito un passaggio : “Convinti che la Famiglia sia il nucleo naturale e fondamentale della Società e che abbia diritto anche alla protezione da parte della Società e dello Stato,e che le Persone con Disabilità ed i membri delle loro Famiglie, debbano ricevere la protezione e l’assistenza necessaria a permettere alle Famiglie di contribuire al pieno ed eguale godimento dei diritti delle Persone con Disabilità”.

E’ un’affermazione importante, perché in pratica, accoglie quell’idea della inclusione della Persona Disabile Gravissima, nella Società e nella Famiglia. Cioè, inclusione nella Società e nelle formazioni sociali che la Società esprime. La nostra Costituzione, in riferimento all’articolo 2, riserva una particolare attenzione, in merito a questa impostazione. Assume perciò un rilievo particolare, proprio per la tutela che la Costituzione affida e riconosce alla Famiglia, in quanto prima formazione sociale, quella naturale.

Quindi, è importante che nella Convenzione dell’ONU ci sia questo riferimento, questo richiamo specifico, all’esigenza di assicurare alla Famiglia, nella quale la Persona Disabile Gravissima trova sostegno concreto, per poter ottenere condizioni di vita, che gli assicurino una Dignità, indipendentemente dal suo stato di disabilità. E’ altresì importante questa Convenzione sulla Disabilità, perché poi nell’articolo 28, precisa che: “Gli Stati che la hanno sottoscritta devono agire , salvaguardare e promuovere la realizzazione del diritto ad un adeguato standard di vita e a protezione sociale, inclusa la garanzia dell’accesso da parte delle Persone con disabilità e delle loro Famiglie che vivono in situazioni di povertà, forme di assistenza da parte dello Stato per le spese collegate alla Disabilità”. Quindi, si fa riferimento a questa esigenza di un aiuto non solo alla Persona Disabile, ma anche alla Famiglia. Il concetto coincide con la proposta della Legge Regionale sviluppata in questo Convegno: “ La Famiglia fa parte di un tutt’uno con la Persona Disabile Gravissima”.

Quali effetti ha avuto la Convenzione dell’ONU ?

Innanzitutto l’Unione Europea, il 23 dicembre 2010, in data successiva alla Prima Edizione Nazionale del Convegno “Diritto ad una Vita Dignitosa”, tenutosi a Piombino in data 26 novembre 2010, ha ratificato questa Convenzione. La ratifica da parte dell’Unione Europea, ha un significato giuridico molto pregnante, perché mentre la Convenzione dell’ONU, è un tipo di normativa che fa parte di quelle che si considerano come diritti più leggeri, di softlaw, quella dell’Unione Europea, rende più cogente l’obbligo. L’Unione Europea ha ratificato la Convenzione come Soggetto che opera in campo Internazionale e non come insieme degli Stati membri. E’ per questo che è importante. L’Unione Europea si propone come singolo Soggetto, nell’obiettivo sia di offrire assistenza alle Persone disabili, che di promuovere tutta una serie di iniziative e di azioni, per conseguire questo scopo, coinvolgendo anche gli Stati. E’ in questo senso, che disponiamo di strumenti più cogenti, più efficaci rispetto alla Convenzione dell’ONU. Tengo ad evidenziare questa iniziativa importante dell’Unione Europea, che il 23 dicembre 2010, ha ratificato la Convenzione dell’ONU. Il fatto non esclude che i singoli Stati membri, come nel caso dell’Italia, possano sottoscrivere la Convenzione ONU, singolarmente.

Quali sono stati gli effetti di questo intervento dell’Unione Europea?

La Comunicazione “ Strategia Europea per la Disabilità 2010-2020. Un rinnovato impegno per una Europa senza barriere”, emessa dalla Commissione Europea e rivolta al Parlamento Europeo, al Consiglio e agli organismi dell’Unione Europea, quali il Comitato Economico e Sociale Europeo ed il Comitato delle Regioni, esplicita i contenuti della Strategia Europea riferita alla Disabilità, nel decennio 2010-2020. Un preciso impegno, per promuovere gli interventi dei singoli Stati membri, al conseguimento del comune obiettivo, di garantire assistenza alle Persone disabili. Un’assistenza quindi, che deve essere assicurata attraverso forme ed azioni dei singoli Stati. Indubbiamente c’è una sollecitazione, un particolare contributo dell’Unione Europea, a favorire azioni nazionali, finalizzate ad assicurare assistenza alle Persone disabili. Non solo, ma soprattutto l’elaborazione di piani di finanziamento, quale strumento concreto a che sia garantita l’assistenza personalizzata, la creazione di buone condizioni di lavoro per il personale sanitario, ed un sostegno per le Famiglie e l’assistenza informale. Questo mi sembra il punto essenziale, sul quale dobbiamo porre l’accento. Si parla di assistenza personalizzata. Evidenzio come questa impostazione debba essere adottata per la nuova forma di assistenza delle Persone disabili. Non più quindi un’assistenza fornita sulla base di protocolli, di linee generalizzate, progetti che definiscono in modo comune, quelli che possono essere tipi di intervento per le Persone disabili. Qui si parla di assistenza personalizzata. Vuol dire che per le Persone disabili, bisogna procedere con progetti specifici, con individuazione di linee che sono adattate, adeguate a quella singola Persona. E’ questo il futuro. E’ giusto evidenziare che su questa linea si era già mossa anche la nostra legislazione. A questo punto propongo di esaminare, l’Ordinamento italiano.

Nell’Ordinamento italiano siamo partiti anche con strumenti efficaci già nel 1992 con la Legge Quadro per l’assistenza, per l’integrazione sociale ed i diritti delle Persone con handicap. Successivamente, e non ha un significato marginale, il legislatore ha abbandonato l’indicazione di “handicap”, sostituendola con “disabilità”. Già in questa Legge, c’era un riferimento all’esigenza di interventi di Persone con handicap in situazioni di gravità. L’articolo 10 di questa Legge, che è partita nel 1992, ha subito nel tempo modifiche, adattamenti ed adeguamenti. L’ultimo risale alla modifica del 2010, dove si fa riferimento, al compito dei Comuni. Ho già precisato che si tratta di una Legge Quadro, e che pertanto, indica principi, linee, indirizzi ed orientamenti, che sono rivolti prevalentemente alle Regioni. Nel 1992, la competenza legislativa e amministrativa, era anche delle Regioni. Potevano delegare, oppure utilizzare le strutture proprio dei Comuni, delle Province e degli altri Enti locali. Questa Legge, nel dare indicazioni alle Regioni, su quali dovessero essere gli obiettivi per questo tipo di assistenza, indica anche i Comuni, come protagonisti di questo tipo di assistenza. Cito: “ I Comuni, anche consorziati tra di loro o con le Province, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell’ambito delle competenze in materia di servizi sociali, attribuiti dalla legge di riforma delle autonomie locali, la L. 142/90, possono realizzare con le proprie ordinarie risorse di bilancio, e questo è il punto dolente, assicurando comunque il diritto all’integrazione sociale e scolastica, secondo le modalità stabilite dalla presente Legge. E’ importante segnalare questa azione di sinergia fra le Istituzioni pubbliche. Ma il riferimento ai progetti, avviene soprattutto nell’ambito degli accordi Stato/Regione. Un accordo Stato/Regione, che delinea ed indica in modo più preciso, le linee che le Regioni devono seguire. L’ultimo accordo Stato/Regione, in questa materia, l’accordo del 2009, prevede Progetti per assicurare alle Persone non autosufficienti un’adeguata assistenza, anche in Famiglia. Penso che questa debba essere la linea da seguire per operare in questo settore. Sulla base di queste indicazioni, vediamo che cosa hanno fatto le Regioni. In particolare la Regione Toscana. Alcune Regioni, si sono mosse spinte soprattutto da situazioni particolari. Ci sono stati interventi con Progetti personalizzati e specifici, che hanno poi sollecitato anche normative e regolamenti a livello comunale. Ce ne sono alcuni molto interessanti, che fanno riferimento a Persone con Disabilità Gravissima, in merito all’ esigenza di individuare percorsi specifici personalizzati. Questi interventi normativi, sono stati sollecitati da singole situazioni. Situazioni drammatiche, portate all’attenzione dei mass-media e dell’opinione pubblica. E’stato evidenziato il problema drammatico, dell’assistenza alle Persone con Gravissima Disabilità e alle loro Famiglie. Quindi, è stato portato alla luce, il problema dell’esigenza, di offrire anche alle Famiglie, un aiuto che non deve essere rivolto solo al soggetto colpito da gravissima Disabilità, ma anche alle Famiglie che sono altrettanto coinvolte in questa dolorosa vicenda. Nella Toscana, lo Statuto della Regione, pone un’attenzione verso questo specifico problema della disabilità. Se esaminiamo lo Statuto della Regione Toscana, all’Art. 4, fra quelli che sono i principi, le finalità principali della Regione, quindi quei valori, quegli obiettivi in cui si riconosce, non solo la Regione, ma tutta la Comunità regionale, fra tutte le finalità principali, viene indicato proprio il riferimento alla lettera e) : “ Il diritto delle Persone con disabilità e delle Persone anziane, ad interventi tesi a garantire la vita indipendentemente dalla cittadinanza attiva”. Quindi, la Regione Toscana, pone l’esigenza di garantire un’assistenza alle Persone con disabilità, proprio fra i suoi valori fondanti dell’Ordinamento Regionale. Apro una parentesi: E’ pur vero, che queste principali finalità, che dovevano essere delle disposizioni di carattere cogente anche per i singoli cittadini, per tutti, delle norme di carattere cogente, poi hanno subito un’interpretazione molto criticata in dottrina, dalla Corte Costituzionale. Il problema era riferito alla questione del riconoscimento delle altre forme di convivenza, contenuto in questo statuto. Ha portato il Governo ad impugnare lo Statuto, davanti alla Corte Costituzionale, quando lo Statuto rinnovato è stato approvato nel 2004. La Corte Costituzionale,

per non dichiarare incostituzionale questa disposizione, che avrebbe finito per creare tutta una serie di problemi, cosa ha fatto? Ha detto: “ Per questo tipo di indicazione,non è incostituzionale l’art. 4, ma è un articolo che ha una valenza solo di tipo politico, ma non una valenza di tipo giuridico”. Ha così tolto, quella cogenza che invece queste disposizioni, in quanto inserite nello Statuto, devono avere e che comunque hanno. Hanno tolto quella ulteriore pregnanza, che queste disposizioni hanno. A noi interessa il fatto che questi costituiscono degli obblighi per il Legislatore Regionale. Non vi è dubbio che sono degli obiettivi, degli obblighi che impegnano il legislatore regionale ad intervenire seguendo le indicazioni che provengono dalla Legge Quadro, dagli accordi Stato/Regioni, dall’Unione Europea, perché ormai c’è un pieno obbligo da parte delle Regioni, di avere presente, quelle che sono le indicazioni che provengono dall’Unione Europea e anche dall’Ordinamento Internazionale. Da quelle Convenzioni, che indicano i comportamenti di tutti i Soggetti, di tutte le Istituzioni pubbliche, compresi i Soggetti privati. Quindi anche le Associazioni, i singoli individui con i loro comportamenti. Prefiguro una sollecitazione anche da questa Sede o comunque da parte del mondo dell’Associativismo. E’ finalizzata a promuovere una iniziativa legislativa, davanti al Consiglio Regionale della Toscana, idonea a sviluppare i principi contenuti nello Statuto, prevedendo anche la possibilità, di percorsi personalizzati, per i Disabili Gravissimi.

Perché un progetto di Legge ?

Perché anche se attualmente la normativa legittima questo tipo di percorsi, la previsione di un contesto legislativo più chiaro e preciso, faciliterebbe indubbiamente le Persone Disabili Gravissime ed i loro Familiari, troppo spesso costretti a rappresentare e legittimare inalienabili necessità assistenziali alle Autorità Regionali e all’Apparato Legislativo Regionale. Un impegno certamente molto gravoso e in talune circostanze, persino impossibile, per taluni familiari o comunque per coloro che gravitano intorno alla Persona Disabile Gravissima.

 


RIFLESSIONI Prof. Lucio Romano

Università di Napoli Federico II, Copresidente Nazionale dell’Associazione Scienza e Vita

Prima di tutto, grazie per l'invito che ho colto immediatamente, a nome dell'Associazione SCIENZA&VITA. Saluto i relatori al tavolo ed un particolare saluto a Marcello Masotti, Presidente di SCIENZA&VITA a Firenze.

Devo dire che contatti ripetuti e frequenti con Guerrieri, mi hanno indotto non solo ad essere presente qui, ma a chiedere anche al figlio Roberto, un intervento scritto che è stato riportato nell'ambito della news letter di SCIENZA&VITA. Credo che questo sia un aspetto a cui tengo particolarmente. Mi è molto caro, perché è la dimostrazione tangibile, di una partecipazione attiva, diretta ad un dibattito culturale, che voi sapete essere molto presente e molto attivo appunto, in alcune realtà associative, in primis, quella di SCIENZA&VITA. Devo dire che il compito che mi è stato assegnato, è un compito un po' ingrato. Perché ingrato? Perché dovrei trarre delle conclusioni alla luce degli interventi che mi hanno preceduto, interventi estremamente ricchi di riflessioni, provocatori sotto il profilo culturale e di grande approfondimento, nell'ambito delle rispettive competenze: in ambito giuridico, economico, fiscale ed in ambito biomedico. Ma evidentemente non posso trarre delle conclusioni. Posso ribaltare questa mia posizione analizzando, così come mi invita poc'anzi Guerrieri, ad una riflessione di ordine bioetico, precisando che tale riflessione, non è di ordine eminentemente speculativa, per pochi addetti ai lavori, ma è una riflessione che oggi ha delle ricadute indubitabili a livello sociale ed a livello politico. Noi possiamo dire che la riflessione bioetica è questione sociale ed è questione politica. Come avete potuto notare, i vari interventi che mi hanno preceduto, nell'ambito biogiuridico, bioeconomico e nello ambito biomedico, richiamano indubitabilmente ed ineludibilmente, principi e valori di riferimento, sui quali devo dire che c'è stato un accordo per buona parte dei loro interventi. Resta da puntualizzare un qualche cosa, ma la mia riflessione per quanto riguarda alcuni termini che sono stati usati è che la loro traduzione in ambito di un progetto di Legge, una Legge Regionale o quant'altro, credo che debbano essere meglio posti alla nostra attenzione. Ho sentito parlare di Vita Dipendente e di Vita Indipendente.

Ho sentito parlare di un riconoscimento dello Statuto di Persona ad alcuni, ma non ad altri. Credo che su questo dobbiamo un po' confrontarci, per un motivo molto semplice: Sotto il profilo etico, la vulnerabilità o la fragilità è un paradigma proprio di ogni Essere Umano, al di là di come questa si rappresenti in uno stato di buona o non buona situazione di salute, in uno stato di malattia, di tipo di disabilità; lieve, media o gravissima che sia. Questo è un aspetto estremamente delicato che inerisce la Democrazia e la Biopolitica. Perché se noi procediamo, e capisco la semantica che è stata usata di " Vita Dipendente" in quanto legata all'assoluta presenza di un Familiare, di una Società, di interventi di politiche sociali e familiari, credo che questo trovi da parte nostra un'immediata condivisione. Attenzione però, a dare una valenza etica di distinguo tra "Vita Dipendente" e "Vita Indipendente", perché noi siamo costituzionalmente ed ontologicamente soggetti Dipendenti. Non siamo soggetti Indipendenti. Cioè la nostra relazionalità, è una relazionalità che non è funzione di una capacità di poter esprimere un pensiero, di poter interpretare un pensiero, o in una situazione contingente, di elaborarlo. Ma è costituzionalmente, Dipendente. E questo rappresenta non un Minus, dell'Essere Umano, ma rappresenta un Plus. Per quale motivo? Se noi andiamo a considerare per esempio delle situazioni proprio di inizio vita, così come problemi di fine vita, vedete che in maniera molto chiara è riportata la dipendenza dell'Essere Umano, la dipendenza che nasce già in un rapporto di ordine biologico se pensiamo dal concepimento fino alla nascita. Ma non finisce lì. Esiste una dipendenza che è successiva alla nascita stessa.

Se portassimo alla nostra attenzione un esempio prescindendo dal dato cronologico e di sviluppo della Vita, potrei dire e potremmo dire tra noi: " Non è in grado di camminare, non è in grado di esprimere un pensiero verbalmente, ha bisogno di pannoloni ed ha bisogno anche di qualcuno che lo imbocchi, che gli dia la possibilità di mangiare e di nutrirsi, ha bisogno insomma, di qualcuno che lo porti per mano e lo assista continuamente. A questo punto ci potremmo fare la domanda: " Ma chi è?". Stiamo parlando di un Feto? Stiamo Parlando di un Neonato? Stiamo parlando di un Bambino o stiamo parlando di un Soggetto affetto dalla sindrome di Alzheimer o da altre patologie, lievi, medie o gravissime, riportate dal Dr. Bongioanni poc'anzi? Stiamo parlando in realtà di un Essere Umano. Potrebbe essere un bambino. Non è in grado di mangiare, non è in grado di bere da solo. Ha bisogno di essere imboccato, di pannoloni, non ha ancora il completo controllo degli sfinteri. Pur tuttavia è una Persona. E' Persona. Non è in grado di camminare.

Ha bisogno di essere assistito, ha bisogno di chi lo imbocca, di chi ovviamente lo ripulisca. Non è in grado di controllare i propri sfinteri. Possiamo dire che è un Paziente. E' un soggetto che si trova in determinate situazioni di Gravissima Disabilità, ma che sia in grado di potersi relazionare in modo compiuto, in quanto Persona. E' comunque Persona. Non è la contingenza della sua abilità che gli dà e gli riconosce lo Statuto di Persona.

A questo punto si pone la domanda: " E' una riflessione raffinata di ordine intellettualistico, bioetico, filosofico, teologico o quant'altro? ". No. Inerisce proprio la Democrazia.

Perché inerisce la Democrazia? Non è che sto facendo un salto argomentativo. Perché se noi partiamo da questa riflessione, che è fondamento del vivere civile, noi decliniamo la Democrazia, che non è una concezione semplicemente Politico-Sociale, o di Ideale Etico. Questo è il passaggio che a me sembra forte e che non debba mai essere dimenticato. Si rifonda sul riconoscimento dei Diritti Inviolabili di ognuno, indipendentemente da qualsiasi giudizio circa le sue condizioni esistenziali. Il rischio, quale potrebbe essere? Se andiamo a riconoscere lo Statuto di Persona, che tanto fa dibattere e crea momenti di dialettica accanita, ma anche, diciamo così, di Essere Umano, il discorso è pericolosissimo. Se riconosciamo ad alcuni lo Statuto di Essere Umano e di Persona, solamente perché in grado di potersi relazionare, e non riconosciamo ad altri, stiamo ratificando a livello Etico e a livello Biopolitico, quello che ci dice Peter Singer, che ce lo dice da sempre e che nel suo libro " Ripensare alla Vita" dice "La Vita non è degna di essere vissuta per gli embrioni, i feti, i neonati malformati. I bambini con gravi patologie a livello neocerebrale". Non specifica i Pazienti in fase terminale, i comatosi, gli alzheimer, i vegetativi persistenti e quant'altro. Perché? Semplicemente perché non riconosce loro lo Statuto di Persona, di Essere Umano. Non hanno la capacità di distinguere ciò che è bene da ciò che non lo è. Ne deriva per Peter Singer, che la loro Vita non è Degna di essere vissuta. Di quella Vita se ne può fare anche a meno. Questa a me sembra una riflessione doverosa da parte di chi interviene su queste problematiche. Il rischio è di tutelare solo quella che viene riconosciuta come Vita Indipendente. O comunque tutelare quella Vita Dipendente che potrebbe diventare Indipendente. Mentre quella vita che rimane Dipendente non avrebbe più bisogno di essere tutelata, in quanto non avendo più la possibilità di diventare Vita Indipendente, non è più degna. Evidenzio la complessità di questo passaggio, perché non è un gioco di parole, ma si richiama ai fondamenti della Bioetica che riconosca la Dignità Intrinseca di ogni Essere Persona. Nel pensare esclusivamente il conseguimento di una Vita Indipendente, si rischia di modificare la Dignità Intrinseca che è fondamento della Democrazia, del Diritto, in una cosiddetta "Dignità attribuita" o " Dignità Acquisita". E' logico questo. Perché se riconosciamo la "Dignità Intrinseca" di ogni soggetto, condividiamo pienamente che costoro devono essere trattati non egualmente, ma da Eguali. E' ben diverso a considerare tutti egualmente. Considerandolo da Eguale, riconosciamo in lui una sua Dignità che è pari alla nostra. A chi apparentemente non sia affetto da patologie o non si trovi in una condizione di estrema Disabilità. Se invece viene assegnata una "Dignità", solamente perché può essere una Vita Indipendente, è evidente che facciamo un discrimine. E non solo in ordine Etico. E' un discrimine che inerisce evidentemente anche la riflessione a livello Sociale, gli interventi di ordine Politico-Sociale, perché si rischierebbe di intervenire solamente nei confronti di coloro che hanno una certa Chance, una certa possibilità di poter successivamente acquisire una certa Indipendenza. Ma che cosa intendiamo per "Indipendenza?". Chiariamo questo aspetto, perché parlare di "Vita Indipendente" significa parlare di una Vita che riconosce alla Persona la possibilità di essere addirittura autonoma in tutto e per tutto. Ma sappiamo che in determinate realtà, in certe situazioni, non si può conseguire questo risultato. Non potendolo conseguire, non possiamo dire che l'obiettivo ultimo è l'Indipendenza, ma l'obiettivo primo e l'obiettivo ultimo, è nel riconoscerti nella tua Dipendenza. Non in una posizione succube, rispetto agli altri, ma in una posizione paritaria in cui la tua Vita è bene comune. Quindi entriamo ancora una volta, in una dialettica di ordine Biopolitico; la Vita di ognuno di noi, non è un bene privato, né tantomeno può essere un bene pubblico, ma è un bene Comune.

Le differenze non sono solamente terminologiche e semantiche, ma sono differenze sostanziali sotto il profilo squisitamente pratico, perché se la Vita viene interpretata come bene Privato, è logico che ne posso fare quello che ritengo più opportuno. E potremmo dire "Benissimo", perché questo è secondo il principio di autodeterminazione. Però attenzione: Una Vita che venga declinata come bene privato, evidentemente disconosce quello che è il fondamento della relazionalità umana. Non può essere considerata come bene pubblico, perché il rischio quale altro potrebbe essere? Che una Società decida che nell'interesse sociale appunto, nell'interesse di tutti, alcune di queste debbano essere tutelate, altre non debbano essere tutelate. Non crediate che questo tipo di cultura sia molto lontano dalla cultura a noi contemporanea. Gli esempi potrebbero essere tantissimi. Ma la Vita intesa come bene Comune, fa sì che io sia responsabile della tua Vita, ma ne sono talmente responsabile che finisco per esserne garante affinchè la tua Vita si possa realizzare in piena Dignità e riconoscimento del Diritto. E' molto importante richiamare che ci sia. E questo è l'aspetto che richiamo ancora. Lo porto alla vostra attenzione, lucrando dal manifesto che abbiamo prodotto come " Scienza e Cura della Vita, Educazione alla Democrazia55, dove c'è un passaggio che noi diciamo " Fondamento della Democrazia è dunque la rilevanza per lo intero corpo sociale in pari Dignità di Diritti e Doveri di ciascun Individuo Umano, con particolare attenzione per la tutela di coloro che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità, come per esempio nello stato di Malattia o di diversa Abilità".

Allora, la domanda che dobbiamo porci a livello sociale, al di là di quella che possa essere poi la risultanza di un progetto di Legge Regionale o di altri Interventi, la Vulnerabilità è un fattore Inclusivo, a livello sociale, a livello politico o la Vulnerabilità nell'etimologia stretta della parola, propria della parola, è un fattore Esclusivo?

Se vogliamo dare un richiamo di ordine Biopolitico alla Vulnerabilità, a me sembra che debba essere un paradigma Inclusivo, perché devo includere quello che ritengo particolarmente Vulnerabile, fragile per determinate situazioni cliniche nel corpo sociale. E soprattutto lo devo riconoscere da Eguale. Lo devo riconoscere nello Statuto di Essere Persona. E comunque da essere tutelato proprio perché fonda nella relazionalità tra soggetti la Democrazia ed il trattamento di Eguale degli altri, altrimenti non ne usciamo. Possiamo pensare anche, voi potete pensare anche di elaborare una Legge a livello Regionale, di avere tutto il consenso politico, a livello Comunale, Provinciale e Regionale, però attenzione ad alcuni passaggi che potrebbero essere Esclusivi ma non Inclusivi per determinate categorie di Persone. Credo che questo sia molto importante, anche perché come è stato saggiamente e ripetutamente richiamato nei vari interventi, sia sotto il profilo biogiuridico, biomedico, economico-fiscale, una Legge che si può pensare a livello Regionale, non può essere una Legge sul caso singolo, ma Leggi in quanto tale devono evidentemente abbracciare una situazione dove si richiede una normazione. Non si può evidentemente entrare nel focalizzare una normativa per una certa categoria di Persone e non per altre, perché sarebbe estremamente rischioso sotto il profilo delle conseguenze di ordine Biopolitico, perché significa ratificare un distinguo, una differenza di ordine politico, evidentemente di ordine sociale, con un fondamento purtroppo di ordine etico in senso sensista come ricordava Peter Singer, o contrattualista come ricordava Engheltar, che esclude altri. Credo che lo scopo di questa iniziativa sia lo scopo di abbracciare in una maniera rigorosa, ricca sotto il profilo etico-politico la fascia della vulnerabilità nel senso lato dell'espressione, ma non tutelare solamente una certa componente. Credo che questa sia molto importante, perché un altro aspetto che mi lascia un po' perplesso in alcuni passaggi, possa essere quello di dire " Io devo porre in condizione il Soggetto che deve decidere". Siamo perfettamente d'accordo, ma che cosa intendiamo quando usiamo questa espressione : "... che il Soggetto deve decidere?". Cioè che il Soggetto possa decidere la propria vita senza dubbio, ma fino a che misura e in che grado la vita possa essere decisa da ognuno di noi, queste sono tematiche che devono essere affrontate non a cuor leggero, perché ineriscono il fondamento della relazionalità umana, ineriscono il fondamento della Democrazia. Credo che questi siano degli aspetti, estremamente importanti che possono essere rilevati alla luce di questo dibattito di oggi, molto ricco devo dire perché le riflessioni che mi hanno preceduto, sono state estremamente puntuali, ed hanno dato il quadro estremamente chiaro in ragione dell'ambito del quale queste riflessioni si sviluppavano, però ritengo che sia sempre opportuno, fare una riflessione calma e di fondo sull'attenzione non soltanto semantica, ma una riflessione ed un'attenzione etica, le quali possano essere le conseguenze che ne potranno derivare sotto il profilo di ordine Biopolitico, che credo questo è l'aspetto più importante che ci debba interessare, almeno per le finalità che ci andiamo a prefiggere.

Un piccolo consiglio che mi permetto con molta umiltà: è necessario, è fondamentale oggi fare rete in modo tale che tutte le realtà non camminino da sole, ma che creino quei momenti di convergenza, di sintonia, di condivisione, con tante altre molteplici realtà che sono presenti a livello nazionale e nello stare insieme, ritengo che si trovi la terapia e l'antidoto alla Solitudine declinata nei suoi vari modi.

Grazie

 


SINTESI DIBATTITO

PRECISAZIONI di Alberto Guerrieri

Credo che sia molto importante aver precisato nella "INTRODUZIONE", che il Convegno è riferito esclusivamente alle Persone Disabili Gravissime ed ai loro Familiari, nella consapevolezza che:

TUTTI HANNO DIRITTO AD UNA VITA DIGNITOSA !

La premessa pone un ostacolo insuperabile, alla formulazione di normative, a favore di una certa categoria di Persone e non per altre. Spazza via, il timore discriminante espresso dal Prof. Romano, riferito ad una Legge Regionale iniqua, per il rischio di tutelare solo alcuni, il riferimento alla "Vita Indipendente", escludendo altri, il riferimento alla "Vita Dipendente".

Oltretutto una siffatta Legge, avrebbe violato sia il principio di "Essere Persona", ed in quanto tale, da "Eguale"agli altri, che i Diritti Costituzionali di " Uguaglianza di trattamento".

Di fatto, la suddetta premessa, pone riferimenti certi, a garanzia dei fondamenti della Democrazia.

In coerenza con i principi espressi, "Essere Persona", da "Eguale", "Uguaglianza di trattamento", va da sé che la nostra proposta includa l'esigenza di un più ampio respiro.

Cito da Catania: " Ci hanno abbandonati, farò come Englaro".

In coerenza al fatto, che la nostra iniziativa è a sostegno delle Persone Disabili Gravissime e dei loro Familiari, che sempre più spesso, devono affrontare situazioni limite di estrema vulnerabilità, in condizioni di completa Solitudine Istituzionale, ne consegue, come nel caso di Catania, l'esigenza di un respiro più ampio, fuori della Regione Toscana.

Per questo motivo, abbiamo ritenuto opportuno, dare già inizio ad una campagna di sensibilizzazione, con il conforto dei primi attestati di sostegno, sopra riferiti.

Purtroppo, la complessità del problema, richiede per il Dibattito, tempi che contrastano con gli orari di partenza dei Relatori. Ragion per cui, concludo velocemente esprimendo consapevolezza che un siffatto Progetto, passa necessariamente attraverso la condivisione ed il coinvolgimento di tutte quelle Associazioni che da tempo operano sul territorio nazionale, nella proposta di un comune percorso.

 

 


 

 

SOSTEGNO Enrico Rossi Presidente Regione Toscana

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Il 26 Novembre 2010 si è svolta a Piombino presso l'Hotel Falesia la prima edizione del convegno


"Il diritto ad una vita dignitosa"

 

CONVEGNO RIFERITO ALLE PERSONE DISABILI GRAVISSIME

PATROCINIO REGIONE TOSCANA

 

e

COMUNE DI PIOMBINO

PER

"IL DIRITTO AD UNA VITA DIGNITOSA"

 

Organizzazione Soroptimist International


CLUB di PIOMBINO

CONVEGNO 26 NOVEMBRE 2010 h 15.00

PIOMBINO - HOTEL PHALESIA

COMUNITÀ' EBRAICA : Prof. BRUNO DI PORTO

Proprietario e Direttore "IL TEMPO E L'IDEA" una finestra ebraica sul mondo

Dott. GIANNI ANSELMI

Sindaco di Piombino

Prof. GIANVITO MARTINO

Ordinario Divisione Neuroscienze Istituto Universitario San Raffaele - MI

Prof. LUCIANO EUSEBI

Ordinario Diritto Penale Università Cattolica Milano e Piacenza

Prof. VIRGINIA MESSERINI

Ordinario Diritto Pubblico Università Degli Studi - Pisa

Dott. LUCA PAMPALONI

Autore " Il cuore a sinistra, senza ruota di scorta" Presidente A. VI. - Toscana

MODERATORE : Dott. PAOLO BONGIOANNI

Dirigente Neuroriabilitazione Università di Pisa-Presidente NeuroCare onlus

DIBATTITO

conclusioni: Dott. ENRICO ROSSI

Presidente Regione Toscana

PROMOSSO DALLE ASSOCIAZIONI VITA INDIPENDENTE

ONLUS TOSCANA e VAL DI CORNIA

 

 

Questo Convegno tratta "IL DIRITTO AD UNA VITA DIGNITOSA",riferito alle Persone Disabili Gravissime, sull'esempio di Jean Dominique Bauby, autore "Lo scafandro e la farfalla". Troppo spesso apprendiamo dai quotidiani "Voglio l'eutanasia, non punite mia moglie" dalle pagine del "IL TIRRENO" del 21 luglio 2010.

Invitiamo TUTTI a riflettere sul fatto che la scelta delle Persone Disabili Gravissime, tra l'accettazione della propria disabilità e/o la fuga da una vita terribile, non più DEGNA di essere vissuta, è fortemente condizionata dalla percezione della Persona Disabile in rapporto alle attenzioni, all'affetto, alle relazioni umane, alle CONCRETE FORME DI ASSISTENZA, CONTRIBUTI ECONOMICI e quant'altro questa Società sia disposta ad erogare loro.

Purtroppo nell'attuale crisi economica e politica, il drammatico disagio sociale di queste Persone Disabili e dei loro familiari, sembra non essere percepito, come problema prioritario, da chi non ne sia direttamente coinvolto. Ne consegue , che questi casi non numerosi, se non trovano adeguata visibilità mediatica ( caso Fogar, Borgonovo ) restano "Senza Voce". Da qui l'idea e l'esigenza del Convegno "IL DIRITTO AD UNA VITA DIGNITOSA", dove "Vita Dignitosa" esprime la richiesta di CONCRETE FORME DI ASSISTENZA, CONTRIBUTI, relazioni umane e quant'altro possa favorire l'accettazione della estrema Disabilità. Non può certo sfuggire, come il valore della DIGNITA'si relazioni con il tema della DISUGUAGLIANZA,della assuefazione ad essere EMARGINATI, nella tristissima definizione "Persone Improduttive". Per combattere questo senso di INSICUREZZA, per non lasciare sole queste Persone Disabili Gravissime ed i loro familiari, invitiamo TUTTI ad abbracciare e sostenere la causa della

VITA DIGNITOSA

 


bongioanniIntroduzione : Dott. Paolo Bongioanni
Dirigente Neuroriabilitazione Università di Pisa-Presidente
NeuroCare Onlus

Vi propongo, perché attinente al convegno “Diritto ad una vita dignitosa”, uno stralcio del telegramma del Presidente della Repubblica , onorevole Giorgio Napolitano, inoltrato a favore del Festival del DIRITTO /Piacenza organizzato dal Prof. Rodotà, nello scorso settembre.
Lo propongo a testimonianza delle tematiche che oggi andiamo a trattare.
Riferisce il Presidente Napolitano :
Il vostro Festival,pone cruciali domande strategiche che certo non consentono facili risposte. Tuttavia,tornare a proporre un orizzonte di uguaglianza, riportare nel dibattito pubblico l’obiettivo di contrastare pesanti disuguaglianze, costituisce di per sé, un risultato degno di nota.
Lo è in particolare, in un periodo storico, nel quale in molti luoghi ed ambienti, a vari livelli, sembra affermarsi una cultura diffusa che accetta vistose disuguaglianze di reddito e giuridiche.
Tuttavia, tornare a proporre un orizzonte di uguaglianza, riportare nel dibattito pubblico , l’obiettivo di contrastare pesanti disuguaglianze, costituisce di per sé, un risultato degno di nota.
Lo è in particolare, in un periodo storico, nel quale in molti luoghi e ambienti, a vari livelli, sembra affermarsi, come voi stessi segnalate e come noi evidenziamo oggi, una cultura diffusa, che accetta vistose disuguaglianze di reddito e di potere.
Il gusto dell’uguaglianza, il fastidio per le disuguaglianze immeritate,prima ancora che nell’agenda politica, dovrebbe tornare negli animi dei cittadini.
Penso ad un tema che mi sta molto a cuore : Il DIRITTO DEI DISABILI
ad avere quanto più possibile , uguale accesso ad una vita normale.

GIORGIO NAPOLITANO



giustiMons. Simone Giusti
Vescovo di Livorno

Tutti hanno diritto ad una vita dignitosa! Il titolo di questo convegno non è un invito, è una verità dalla quale nessuno può prescindere.
La scienza e la tecnologia oggi permettono passi da gigante, nel garantire una vita più lunga, nel curare malattie che fino a qualche decennio fa sembrava impensabile poter curare, mi chiedo perché questa stessa scienza non possa essere d'aiuto nell'attuare una più qualificata assistenza sociale e sanitaria soddisfacendo le varie istanze ed esigenze dei disabili. Se in questo campo molto è stato fatto pur tra difficoltà e ostacoli, molto resta ancora da fare perché siano definitivamente superate le barriere culturali, sociali e architettoniche che impediscono ai disabili il soddisfacimento delle loro legittime aspirazioni.
Occorre far in modo che essi possano sentirsi a pieno diritto accolti nella comunità civile, essendo loro accordate l'effettiva opportunità di svolgere un ruolo attivo nella famiglia, nella società e nella Chiesa.
Non basta quindi un'assistenza discrezionale affidata alla generosità di alcuni; è necessario che vi sia il coinvolgimento responsabile, a vari livelli, dei componenti dell'intera comunità.
Ogni persona umana - la legislazione internazionale lo riconosce chiaramente - è soggetto di diritti fondamentali che sono inalienabili, inviolabili e indivisibili. Ogni persona: quindi anche il disabile. Questi, tuttavia, a causa del suo handicap, può incontrare particolari difficoltà nell'esercizio concreto di tali diritti. Ha perciò bisogno di non essere lasciato solo.
«Nessuno — affermava Giovanni Paolo II nell'anno giubilare - meglio del cristiano è in grado di capire il dovere di un simile intervento altruistico. Come ricorda san Paolo, parlando della Chiesa, Corpo mistico di Cristo, "se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui" (l Cor 12,26).
Questa rivelazione illumina dall'alto anche la società umana e fa capire che, all'interno delle strutture, la solidarietà dev'essere il vero criterio regolatore dei rapporti fra individui e gruppi. L'uomo, ogni essere umano, è degno sempre del massimo rispetto e ha il diritto di esprimere appieno la propria dignità di persona.
In tale ottica la famiglia, lo Stato, la Chiesa - ciascuna entità nell'ambito della propria natura e dei propri compiti - sono chiamate a riscoprire la grandezza dell'uomo e il valore della sofferenza, "presente nel mondo per sprigionare amore...per trasformare tutta la civiltà umana nella civiltà dell'amore" (Salvifici
doloris, 30). Alla famiglia, allo Stato e alla Chiesa - strutture portanti dell'umana convivenza - è domandato un peculiare contributo, perché si sviluppi la cultura della solidarietà e perché i portatori di handicap possano divenire autentici e liberi protagonisti della loro esistenza».
«La famiglia, anzitutto, che è il santuario dell'amore e della comprensione è chiamata a condividere più di ogni altro la condizione dei più deboli, a riscoprire il proprio ruolo determinante nella formazione del disabile, in vista del suo recupero fisico e spirituale e del suo effettivo inserimento sociale. Essa costituisce il luogo naturale della sua maturazione e della sua crescita armoniosa verso quell'equilibrio personale e affettivo che risulta indispensabile per l'instaurazione di adeguati contatti e rapporti con gli altri.
Ma un compito ugualmente importante spetta allo Stato, il quale misura il proprio livello di civiltà sul metro del rispetto con cui sa circondare i più deboli tra i componenti della società. Tale rispetto deve esprimersi nell'elaborare e nell'offrire strategie di prevenzione e di riabilitazione, nel ricercare e nell'attuare tutti i possibili percorsi di recupero e di crescita umana, nel promuovere l'integrazione comunitaria nel pieno rispetto della dignità della persona, favorendo nel disabile "la partecipazione alla vita della società in tutte le sue dimensioni e a tutti i livelli accessibili alle sue capacità: famiglia, scuola, lavoro, comunità sociale, politica, religiosa".
Anche la Chiesa ha il dovere e diritto di intervenire in questa delicata materia perché, guidata dall'esempio e dall'insegnamento del suo Signore, non deve mai cessare di prodigarsi al servizio dei più deboli. Questa attenzione a chi è nel bisogno deve sempre più coinvolgere l'intera comunità ecclesiale, così che ciascuno, e in particolare, il soggetto in difficoltà, possa trovare piena integrazione nella vita della famiglia dei credenti.
Mi piace concludere questo breve intervento con un saluto a tutti coloro che vivono la disabilità, un saluto che vuol essere il mio attestato di solidarietà ed un incoraggiamento a continuare a lottare per i propri diritti, ma che vuol essere anche espressione di affetto sincero.
È il saluto che Giovanni Paolo II rivolse ai disabili qualche anno fa in occasione di un convegno e che io condivido profondamente: «Voi siete membra del Corpo di Cristo: il corpo del Risorto! Contiamo su di voi per insegnare al mondo intero che cos'è l'amore!»


Messaggio trasmesso dall’on. Pier Ferdinando Casini
ex-Presidente della Camera

Non potendo partecipare personalmente,desidero comunque far giungere un mio messaggio e la mia vicinanza agli organizzatori di questo importante Convegno.
Un’iniziativa meritevole, alla quale mi auguro ne seguiranno altre dello stesso segno.Tutti hanno diritto ad una vita dignitosa, anche,ovviamente i disabili gravissimi i quali, oltretutto, hanno anche il diritto di chiedere allo Stato gli strumenti ed il sostegno necessario a far fronte alle loro difficoltà.
Sono ancora molti, però, i passi che devono essere compiuti. L’Italia è ancora troppo indietro nell’assistenza alle Persone con disabilità ed il sistema collasserebbe senza il fondamentale contributo delle famiglie, delle associazioni no-profit e degli istituti religiosi.
Tuttavia,pur in questo quadro di estrema difficoltà, che aggiunge alle sofferenze i disagi, sono tanti i disabili anche gravissimi che vogliono vivere, assistiti con amore e dedizione dai loro cari.I mass media, la stampa,la televisione non possono ignorare questa realtà, queste esperienze umane.La televisione pubblica in particolare,non può dare spazio a chi parla di eutanasia. Una pratica che, è bene ricordarlo,è vietata dalla legge - negandolo alle voci in difesa della vita ,a qualcuno che racconti agli Italiani cosa significhi assistere un disabile,credendo ancora nella Vita.
Nel ringraziare ancora gli organizzatori e tutti gli intervenuti,invio il mio saluto più cordiale,unito ad un sincero augurio di buon lavoro

Pier Ferdinando Casini



di portoIntervento Prof. Bruno Di Porto
Proprietario e Direttore de “IL TEMPO E L’IDEA” una finestra ebraica sul mondo

Presentiamo il Professor Bruno Di Porto, Professor dell’Università di Pisa, Direttore della rivista “IL TEMPO E L’IDEA” una finestra ebraica sul mondo, un quindicinale di attualità e cultura.

Buonasera. Il Professor Enzo Orlando mi ha gentilmente invitato al convegno che si terrà in Piombino, convegno che promuove l’istanza di una vita dignitosa, in particolare per persone con gravi disabilità. Dare una dignità a queste persone, e indubbiamente la dignità è intrinseca già in loro, si tratta di riconoscere da parte della società questa dignità e di promuovere il maggiore benessere possibile nelle condizioni difficili in cui si trovano, e mi ha trovato naturalmente partecipe, doverosamente partecipe; purtroppo per impegni già presi, i molti impegni dei prossimi giorni non potrò essere presente, ma sono ben lieto di porgere questo cordiale e solidale saluto. Ci vuol poco a rendersi conto dei problemi delle persone con disabilità, con gravi disabilità, dei problemi delle loro famiglie, immagino questa lotta quotidiana della vita di queste persone e delle loro famiglie, una vita che acquista e reclama dignità in ragione delle difficoltà che si trova ogni giorno a dover affrontare e a dover superare; come non rendersi conto di questo e come non porsi in rapporto con questo. I problemi sono tanti immagino, e pur non avendo io conoscenza precisa, però penso che siano problemi di diverso ordine: assistenziale e previdenziale da parte degli istituti a questo preposti, e questo è un elemento fondamentale, quindi il fattore del sostentamento, degli aiuti alle famiglie, leggi, c’è tutta una normativa al riguardo, vorrei, non so se è così, che nel sostegno dato alle disabilità si sceverassero le disabilità più gravi rispetto alle disabilità minori, meno gravi. La scienza, la medicina sono le grandi risorse nelle quali tutti speriamo, riconosco la mia pochezza di intellettuale nel campo umanistico, storico di fronte a quello che noi ci attendiamo dalla scienza con i suoi progressi che cerco di seguire, per esempio mi interessano molto le letture di bionica, è qualcosa che potrebbe sopperire in prospettive future per ridare slancio, per ridare funzionalità ad organi, ad arti di persone che li hanno gravemente compromessi; un altro settore che mi si faceva presente è quello della comunicazione, quello di porle in rapporto, di porle in comunicazione con la società, con la conoscenza, con i media, ora viviamo in un’epoca di grande incremento della comunicazione, fin troppo, siamo tutti al corrente di questo, ed allora si potrebbe dire “La comunicazione ci sta, cerchino di mettersi in contatto”, però penso che ci vogliono delle strategie apposite, delle strategie peculiari, e qui sono necessarie tante competenze: tecnologiche, tecnologie della comunicazione, con speciale riguardo alle condizioni di queste persone, competenze psicologiche, la psicologia è di grande importanza, competenze mediologiche, cercare i media adatti da porgere alla comunicazione, all’informazione con queste persone, e si devono mobilitare anche le agenzie di valori etici”, agenzie di valori morali e sociali. Queste agenzie possono essere di tanti tipi, si tratta appunto di accostarle, come è stato fatto questa sera con me in quanto persona intellettuale e di cultura ebraica, e le culture sono diverse, sono tante e possono tutte convergere in un modo armonico verso questo grande compito di assistere e di coinvolgere le persone con disabilità e le loro famiglie, verso le quali sento di dover esprimere un’ammirazione, una gratitudine perché sono il primo usbergo come oggi si dice, la famiglia è il grande riparo nella crisi economica, riparo dei giovani, riparo di soggetti più vulnerabili. Tra queste agenzie di valori morali indubbiamente ci possono essere le culture religiose, le comunità religiose, perché la religione, il senso religioso ha molto da dire. Il senso religioso ha anzitutto una grande reputazione della vita, una connaturata valorizzazione nella vita come dono di Dio, come espressione dell’essere, e nel tempo stesso il senso religioso ha una connaturata cognizione del dolore, cognizione della sofferenza, cognizione delle cadute dell’uomo, cadute che possono essere per colpa o possono essere invece per afflizione dell’innocente, se andiamo alla Bibbia è il Libro di Giove. Sono tante queste cadute, pensate nel Libro di Ester la figura di Noemi, questa donna che parte con il marito e con i due figli e perde il marito, perde i due figli, si ritrova sola, il rapporto con le nuore, insomma la caduta umana, la caduta nell’afflizione, la perdita di quello che aveva, perdita non solo economica di quello che aveva o politica di quello che aveva, ma siamo in presenza, affrontando questa problematica delle disabilità, della perdita motoria, perdita delle facoltà fisiche che l’uomo aveva, di cui l’uomo normalmente dispone, e la (parola incomprensibile) è una condizione di vulnerabilità, una condizione di debolezza, una condizione molto molto particolare, condizione in cui però si mostra la reattività umana, reattività che è o spontanea o è da promuovere perché certo è facile allo sconforto in queste condizioni, ed allora ecco che il senso religioso può anche aiutare a suscitarlo dove non c’è, può aiutare a confermarlo dove c’è, può aiutare ad alimentarlo giornalmente perché ha bisogno di essere normalmente, anche quotidianamente stimolato, ciascuno di noi… mi accade che mi alzo la mattina e faccio un discorso a me stesso: “Oggi è l’08 novembre, che farai l’08 novembre? Abbi coraggio per affrontare le piccole difficoltà che puoi incontrare oggi per arrivare a sera, avendo fatto quello che ti proponevi o qualcosa di più di quello che ti proponevi”, quindi questo senso della stimolazione morale e psicologica di cui la religione è dotata, il senso religioso è dotato di questo. Poi il senso religioso, la religione da’ un’altra cosa: la sublimazione in condizione di difficoltà, in condizione di sofferenza, la capacità di rovesciare in positivo le negatività che ci affliggono, le negatività nelle quali noi ci troviamo, di cambiare noi stessi in meglio anche partendo, e proprio appunto partendo dalle difficoltà, tramutare le negatività in positività, nella luce dell’essere, del contatto con la fonte primigenia dell’essere, la sublimazione, l’elevazione dell’animo.
Tutto questo non è scontato, tutto questo non è affatto facile e dobbiamo guardarci dal suggerirlo con facile retorica. Non è affatto facile, si tratta di saper comunicare con il soggetto tutto questo, di richiamarlo alla fiducia, di richiamarlo alla tolleranza del male, in ebraico c’è una sola parola “sorlamut”, che indica la sofferenza, che indica la pazienza. Chiedere pazienza al sofferente, chiedere non solo pazienza ma coraggio al sofferente, nel linguaggio ospedaliero si configura come “paziente” quello che entra in ospedale, e il paziente sembra appunto in condizione di passività di fronte all’uomo sano o di fronte al medico che lo cura, è l’oggetto della cura, ma a ben guardare invece si richiede molto proprio al paziente. Il paziente deve cooperare per il proprio recupero, per la propria guarigione, c’è una grande importanza della reattività psicologica, e il senso religioso può aiutare appunto nell’esercizio di questa reattività.
La condizione del disabile, del grave disabile è una condizione umana di frontiera, e di condizioni umane di frontiera ce ne sono molte, a questo proposito mi viene in mente l’uomo al limite, e vorrei concludere questo messaggio con la lettura di versetti del salmo VIII, il salmo della dignità dell’uomo, il salmo dello stupore per la considerazione che Dio ha di un essere così scarso di fronte a lui, quale è l’uomo. Il salmo VIII dice infatti in questa parte saliente che citerò “Oh Signore, nostro Signore, come è potente il tuo nome su tutta la terra, tu che hai fatto apparire la tua maestà sui cieli. Quando io vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu mi hai disposto esclamo: ma che cosa è l’uomo, che tu lo ricordi? E’ l’essere umano perché tu ne tenga conto”.
Seguitando vorrei commentare il salmo con un’esigesi perfino critica, aggiungere qualcosa: il salmo seguita dicendo “Eppure tu lo hai reso solo di poco inferiore agli esseri divini, lo hai circondato di onori e di gloria, lo fai dominare sulle opere delle tue mani, tutto hai messo ai suoi piedi, il bestiame minuto e quello grosso, tutti, anche le pietre della campagna, gli uccelli del cielo, i pesci del mare”. In questa situazione, riferendoci alle persone con disabilità, con gravi disabilità, questo trionfalismo nel salmo non si addice più, non c’è un domini, c’è piuttosto un dominio su sé stessi, no sugli altri, no sulla realtà, no sul resto del mondo, l’uomo in questa condizione così al limite e di frontiera reagisce per sopravvivere, reagisce per continuare a vivere con fiducia, allora modifichiamo il salmo, la cultura ebraica è molto abituata al ragionamento sui testi, all’adattamento del testo a nuove situazioni, e in questa situazione allora diciamo “Eppure tu che cosa gli dai all’uomo, che è in partenza così caduco, così gracile, in particolare poi nella condizione di disabilità? Che cosa gli dai? Gli dai ancora il senso della vita, il senso della ripresa, il senso del recupero, gli dai un’assistenza, una irradiazione di energia, della tua energia come un raggio che parte dal sole che arriva a riscaldare”. La persona con disabilità, la persona così afflitta potrebbe anche pensare “Ma io non lo sento, ma io non lo vedo, come mi si dimostra?” E’ la domanda di Giove al Signore. La risposta è ardua, la risposta che il credente può dare a questa domanda è molto ardua, ma una risposta può essere “Sentilo nell’interiorità profonda, sentilo nei beni che ancora hai – dicevo in particolare per esempio la famiglia – e sentilo nei messi che il Signore ti manda”. I messi che il Signore ti manda… una volta si credeva molto negli angeli, l’angelologia, e gli angeli… mi ha sempre conquistato molto il pensiero degli angeli, quella parte della teologia che si chiama “angelologia”, oggi li vediamo di meno gli angeli, gli angeli con le ali, gli angeli che scendono dal cielo, ma forse possiamo identificare l’angelo nella persona di sensibilità, nella persona di cuore, nella persona capace di condividere, nella persona che sente l’armonia del tutto, che sente l’interdipendenza profonda, che quindi è capace di entrare nell’atmosfera di questo grave e forte problema. Grazie.

 


Introduzione Prof. Massimo TOSCHI
Consigliere speciale nominato dal Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi per i problemi delle persone disabili nella Regione Toscana
Grazie, io mi scuso, porto il saluto del Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, ma devo essere a Firenze alle 17.30, però ho voluto in tutti i modi essere presente qua innanzitutto per le mie responsabilità di Consigliere speciale del Presidente Rossi per i diritti delle persone disabili, e ovviamente le persone disabili in più grande difficoltà, e che dunque chiedono il pieno dispiegamento dei diritti sono le persone disabili in situazioni acute diciamo così, noi non partiamo dalle lobby dei disabili, pensate agli invalidi civili, ai ciechi, ai sordi, sono tutte associazioni che hanno un grande peso, e ovviamente è giusto che l’abbiano, però non possiamo dimenticare, anzi, bisogna partire da quelli in situazione più acuta, perché solo se si includono non si esclude nessuno. Qual è il punto vero? – e in qualche modo lo sentivamo nelle parole del Presidente Napolitano – E’ che se non si rimuovono gli ostacoli ad una vita degna, anche per i disabili, la Costituzione Italiana non è applicata, la Costituzione Italiana è sotto scacco, perché all’articolo 2 e 3 si parla esattamente di rimuovere gli ostacoli che impediscono, allora la partita – capite – non è una partita “Poverini!”, dei poverini non ci interessa nulla, ma è una partita sulla Costituzione e su ciò che unisce questo Paese. Per cui è una grandissima partita quella che noi giochiamo oggi, questo convegno mi pare di grandissimo interesse perché non è un problema residuale, non è un problema di contentare qualcuno con qualche fondo dato qua e là, e vorrei che anche la politica e i politici quando parlando di queste cose lo facessero con “timore, tremore e pudore” perché non si può usare della sofferenza delle persone, non la si può usare, ma si deve usare tutto il nostro potere per rendere le persone libere. Vi potrei citare delle cose pirotecniche sulla questione dei disabili, ma non lo faccio.
Un’ultima cosa vorrei dire, poi vi saluto e il Professor Bongioanni poi mi farà avere gli atti di questo convegno che mi pare di grandissimo interesse perché c’è bisogno di cambiare mentalità e cultura se vogliamo una vita degna per tutti, dunque per i disabili, dunque per i disabili più acuti. Io faccio un appello: non dividiamo il Paese tra il partito della vita e il partito della morte, facciamo un Paese che si impegni perché i vivi possano vivere degnamente, perché se ci mettiamo gli elmetti e le divise questo Paese non si agguanta più da nessuna parte, e i primi a pagarne le spese sono esattamente i disabili. A me ha fatto piacere la lettera dell’Onorevole Casini, però ricordo solamente che l’Onorevole Casini è stato Presidente della Camera e quando io sono andato alla Camera c’erano ancora le barriere architettoniche e gli scalini, allora quando si parla di queste cose bisogna parlarne chiedendo perdono per le nostre responsabilità, essendo disponibili a cambiare mentalità, non possiamo fare sconti a nessuno, a nessuno. Questa è la grande sfida, questa diventa davvero la grande politica. Io ringrazio chi ha promosso questo convegno, le associazioni, i relatori, perché c’è il bisogno del contributo di tutti e di ciascuno per un cambiamento grande di mentalità e di cultura, nessuno può lucrare sui disabili, i disabili ci insegnano piano piano a cambiare noi, a cambiare la nostra cultura e la nostra politica, per questo sono straordinariamente importanti, per noi, per la nostra regione, per il nostro Paese. Grazie.

 

 

 


Introduzione DOTT. GIANNI ANSELMI
Sindaco del Comune di Piombino
Io intanto condivido la consecutio che è stata concordata, perchè dopo il mio avremo una serie di interventi di natura più tecnica, diciamo portatori di una serie di elementi che danno a questo convegno una collocazione alta. Io ringrazio di essere stato invitato e che mi sia concesso di portare il saluto delle istituzioni cittadine oggi qui in un’iniziativa che, promossa dall’Associazione Vita Indipendente di Piombino, annovera non solo patrocini e contributi importanti, ma l’aspirazione, attraverso appunto il contributo dei relatori che succederanno dopo di me e attraverso il bel contributo del Professor Toschi in rappresentanza del Presidente Rossi, che daranno appunto un taglio e anche un target adeguato alle aspirazioni degli organizzatori. A me fa molto piacere che, in una città dalle forti tradizioni solidaristiche come la nostra, si sia attivato un meccanismo di attenzione intorno a questa associazione, intorno alle vicende che essa vuole porre al centro appunto dell’attenzione dell’opinione pubblica, della cittadinanza, delle istituzioni ai vari livelli, a partire da quello locale investito della titolarità dell’assistenza sociale, che noi dispieghiamo nel territorio attraverso l’Azienda Sanitaria Locale, per arrivare a quelle che sono le potestà normative di carattere regionale, ma anche e soprattutto direi di carattere nazionale, perché il tema merita – come diceva giustamente Toschi, ma anche gli interventi scritti che sono stati letti che l’hanno preceduto – un approccio di natura eminentemente politica, e direi trasversalmente politica, e viene giustamente sottolineato quanto questo tema non può essere a pannaggio di qualche perimetro culturale, ma deve essere un patrimonio davvero percepito come un patrimonio collettivo in termini di espansione dei diritti, delle possibilità, delle opportunità, e sono di chi soffre di patologie drammatiche che ne limitano la possibilità di vivere una vita... o di percepire di vivere una vita come quella degli altri. Sono d’accordo anche con le cose che venivano dette circa il fatto che non si tratta di collocarsi semplicemente su una posizione di natura assistenziale, e cioè su una collocazione puramente caritatevole, passatemi il termine, qui si tratta di costruire, di apprestare a dei meccanismi di carattere prima di tutto ordinamentale, accompagnarli con le risorse che servono perché si tratta di scelte che debbono essere accompagnate da adeguati apprestamenti di natura finanziaria, a maggior ragione si tratta della necessità di fare scelte politiche perché viviamo in un tempo di risorse scarse, per cui l’individuazione delle priorità e l’assegnazione delle risorse adeguate alle priorità individuate a maggior ragione richiede uno sforzo di selezione di natura politica. Non ci si deve collocare – dicevo – semplicemente su una posizione di accompagnamento assistenziale delle persone, che pure ne hanno bisogno, ma l’obiettivo deve essere ulteriore, cioè quello di, attraverso queste servizi, consentire loro di dispiegare efficacemente quella che è la loro voglia di vivere la vita in termini pieni, di esprimere se stessi, di sentirsi protagonisti centrali della propria esistenza e di non considerarsi un elemento marginale sopportato dalla società.
C’è anche un elemento ulteriore, Toschi ha parlato poco, ma ha toccato tutti i punti che anche io avrei voluto tratteggiare, e provo a farlo con minor efficacia della sua, perchè condivido anche il fatto che c’è una unicità di punti di vista, che è quella impareggiabile, delle persone che soffrono in determinate situazioni delle loro famiglie, per cui l’invocazione del profilo basso di chi non vive quelle situazioni, se non per ruolo, per funzione, per attribuzione istituzionale, persino per competenza o per passione, non si può mai arrivare a pensare di comprendere appieno quale sia la situazione che tocca le persone e le famiglie che ne sono coinvolte, ma proprio questo deve spingere al fatto che partendo da una visione umile della funzione delle istituzioni, della politica, non si debba nello stesso tempo pensare di avere un atteggiamento soffice rispetto a questi temi, cioè è la sobrietà dell’approccio che ci deve essere, ma che non deve nulla togliere all’intensità con cui si cerca di perseguire l’obiettivo politico. Allora io dico che da un punto di vista locale noi possiamo, e stiamo facendo da tempo delle riflessioni con i nostri servizi per capire, posto che c’è una normativa di carattere regionale che prevede dei servizi e delle erogazioni standard per le famiglie, per i soggetti che soffrono per natura o per ventura di determinate sofferenze, determinate circostanze, noi dobbiamo capire da un lato come si razionalizzano meglio queste risorse sul terreno locale, definendo operazioni crescentemente adeguate o personalizzate in funzione delle specifiche situazioni dei soggetti che ne hanno diritto, potenzialmente o effettivamente, questo per non disperdere le risorse e per dare le cose che servono a chi ne ha bisogno nella misura giusta, in termini finanziari e in termini di proporzionalità e appropriatezza dei servizi, perché non tutti i disabili sono disabili alla stessa maniera; dall’altro lato capire qui sul terreno politico dell’azione istituzionale, dell’azione politica, dello stimolo nei confronti dei livelli competenti perché c’è la Regione e c’è un Parlamento. Una delle poche cose che condivido delle ultime scelte sulle manovre del Governo è il fatto che sia stato dato un segnale sulle SLA - e chi lavora intorno a queste cose sa che è stato previsto un adeguamento di quei fondi - ma non ci sono solo le SLA, in particolar modo le SLA più gravi, la SLA è una malattia drammaticamente progressiva come noto, ma ci sono altre forme che meritano un’adeguata attenzione, e che non sono adeguatamente coperte dalle normative, né regionali, né nazionali, e su questo si deve riuscire a poter intervenire, anche animando un dibattito locale, sollecitando le istituzioni a partire da questo livello, anche quelle che non sono direttamente investite di prerogative normative perché i comuni possono approvare ordini del giorno, ma come minimo è la Regione che ha competenze di questa natura. Per cui a me fa piacere che anche l’Associazione Vita Indipendente si aggiunga allo splendido mosaico sociale e associativo che già riempie di sé la vita della nostra comunità aiutandoci e anche colmando le nostre lacune vuoi sui servizi, vuoi sull’accessibilità dei luoghi pubblici, vuoi sulle possibilità che diamo alle persone afflitte dalla disabilità fisica o mentale di esprimere il meglio di sé nella vita di tutti i giorni, nella vita di relazione, nelle scuole, negli uffici, e mi fa particolarmente piacere che questa iniziativa - che credo sia la prima di questo livello, e mi fa piacere che già se ne programmi un’altra – parta con questo tipo di partecipazione. Si fanno molte cose a Piombino, molte iniziative da parte di tanti soggetti: istituzionali, associativi, privati, ma non sempre c’è l’attenzione che è stata dimostrata oggi con la presenza di cittadini, rappresentanti del mondo della chiesa, forze dell’ordine, rappresentanti politici, del mondo associativo, è una cosa che a me fa molto piacere come Sindaco della città, della quale ringrazio chi ha promosso l’iniziativa, soprattutto i cittadini che hanno sentito di volerne far parte, credo che questo è il Paese nel quale si dice “Per qualsiasi cosa c’è sempre molta strada da fare”, è stato detto su tutte le cose fondamentali che la Costituzione non è ancora riuscita ad assicurare nella Costituzione effettiva, non parlo della Costituzione scritta in modo così lungimirante dai padri ormai oltre 60 anni fa, ci sono tantissime cose fondamentali delle quali si dice “C’è sempre tanta strada da fare”, penso alle opportunità per le donne, al federalismo e a tanti altri aspetti che nella Costituzione sono conclamati, ma che non trovano attuazione nella vita reale. Io penso che su quelle tante cose la politica e le istituzioni, che non sono una cosa a sé stante rispetto alle comunità che rappresentano o che danno loro vita, debbono esplicitare un lavoro selettivo, quindi fare scelte. Quello che ci si invita a fare è stabilire e mettere in fila le cose che consideriamo più importanti, e questo rappresenta per noi una sfida sul piano locale, sul piano operativo, ma per tutti noi ne rappresenta un’altra su un terreno più generale, cioè quello di chiedere ai legislatori regionali e nazionali che venga messa in campo davvero un’azione convinta, e che non si limiti a un’ostensione di sé nei momenti critici da parte di chi rappresenta e chi ha davvero le leve per cambiare le cose e migliorare le condizioni di vita di tante persone.
Questo volevo dire, ringraziando anche i relatori illustri che mi seguiranno, ma soprattutto di nuovo l’associazione, mi spiace solo che non sia stato - ho provato ad invitarlo anche io dal Comune - presente il Presidente Rossi, ma oggi ha un impegno di Giunta, noi confidiamo… lui ha già dimostrato con i provvedimenti sulla non autosufficienza e sulla vita indipendente, la Toscana è stata una fra le regioni che hanno dato alcuni importanti segnali da questo punto di vista, non unica per la verità, ma alcuni importanti segnali da questo punto di vista, e io penso che il Presidente, anche per le sue vicende precedenti, ha tutto l’arsenale culturale e intellettuale, e anche la volontà politica di essere corrispondente a questo tipo di stimoli, quindi buon lavoro per il convegno e grazie di nuovo a tutti.


Intervento Prof. GIANVITO MARTINO
Direttore della Divisione di Neuroscienze dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano
Grazie a te dell’introduzione.
Io sono molto felice di essere qua, però devo dire che sono qua perché qualche mese fa ho avuto la fortuna, il privilegio di conoscere Roberto che è venuto a trovarmi, ci siamo scambiati delle e-mail. Ad un certo punto lui ha deciso che io in qualche modo potevo essergli utile per spiegargli come era il panorama internazionale legato alle terapie con le cellule staminali e mi ha fatto l’onore di venirmi a trovare, io sono stato felice, emozionato, sono tuttora emozionato perché ho trovato in lui una persona come ce ne sono poche, forse le sue gambe, le sue braccia non funzionano, fa fatica a parlare, ma quello che comunica, a prescindere diciamo dalla fisicità che può usare per comunicare o meno, va ben aldilà di quello che probabilmente io, ma tanti di noi siamo in grado di comunicare, quindi avendo avuto questo piacere, questo privilegio ho ritenuto assolutamente necessario ricambiargli la visita, venire io a casa sua e raccontarvi qualcosa sulle cellule staminali che forse credo sia giusto discutere in questi contesti. Perché è giusto discutere? Perché, e in questo senso vi do’ alcune informazioni numeriche, perché chi fa scienza deve stare ai numeri diciamo così in qualche modo, e nel 2007 sono stati 750.000 gli americani che sono andati fuori dagli Stati Uniti per fare questi cosiddetti “viaggi della speranza”; nel 2010 sono stati 6 milioni per un giro d’affari che sembra sia attorno ai 40 – 60 miliardi di dollari, quindi questo vuol dire che i medici, gli scienziati, chi si occupa di questi problemi non è in grado di soddisfare le richieste che i malati fanno, quindi i malati credono, pensano o si rivolgono a situazioni secondo me abbastanza complesse, che magari cercherò di raccontarvi nel breve, perché credono e sperano che aldilà della medicina diciamo tradizionale ci sia qualcosa di più. Da questo punto di vista le cellule staminali per ovvie ragioni sono diventate diciamo in qualche modo il “cavallo di battaglia” dei viaggi della speranza, sono l’argomento principale dei viaggi della speranza, e nel mondo si sono create una serie di realtà, più o meno diciamo legali o più o meno ufficiali, che contrabbandano l’utilizzo di cellule staminali per tutto e per tutti, si va dalla calvizie alle forme più gravi di malattie neurologiche, magari utilizzando le stesse cellule, gli stessi tipi di trattamento, ovviamente a pagamento e ovviamente senza un controllo sanitario adeguato. Perché questo è successo? E’ successo per una serie di ragioni concrete, reali, perché di solito queste situazioni non si vengono a creare diciamo così dal nulla, ed è successo perché ad un certo punto si è scoperto - e mi permetto anche qua di darvi due o tre informazioni – che in tutti gli organi del nostro corpo, cervello compreso, ci sono delle cellule, appunto le cellule staminali, che sono in grado, nel momento in cui qualche cellula si danneggia, di crescere in numero, di dividersi, di proliferare come si dice in termini tecnici, e di andare a rimpiazzare le cellule che sono state perse. Il nostro corpo è fatto di 100.000 miliardi di cellule, dovete prendere un 1 e aggiungerci 14 zeri, e ogni secondo noi produciamo 25 milioni di nuove cellule, in un giorno produciamo mezzo miliardo di cellule della pelle, 50.000 cellule del cervello, ogni secondo produciamo 2 milioni e mezzo di globuli rossi. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che noi per vivere dobbiamo continuamente rigenerare il nostro patrimonio cellulare, noi cambiamo il nostro scheletro in tre mesi, cambiamo ogni 28 giorni la nostra pelle, addirittura si pensa che cambiamo tutti gli atomi del nostro corpo in circa dieci anni. Quindi se noi non rigeneriamo, non cambiamo le nostre cellule in tutti i nostri organi non possiamo sopravvivere.
Questo è il primo punto. Come facciamo a rigenerarci? Quali sono le strutture o le entità che ci permettono questa straordinaria capacità rigenerativa? Sono le cellule staminali, che a differenza delle altre cellule invecchiano meno diciamo così, hanno più capacità di proliferare, di duplicarsi, di crescere, di conseguenza sono sostanzialmente l’officina di manutenzione del nostro organismo. Fino a qualche anno fa si pensava appunto che queste cellule ci fossero solo in alcune aree, per esempio nell’embrione, come è ovvio che sia, perché noi partiamo da 1 cellula e diventiamo appunto 100.000 miliardi di cellule, e adesso noi sappiamo che invece queste cellule ci sono anche nell’adulto, ci sono in tutti i tessuti, quindi non solo siamo riusciti a capire che ci sono in tutti tessuti, ma siamo riusciti anche a isolarle, cioè a identificarle, a tirarle fuori dai veri tessuti, in laboratorio a moltiplicarle all’ennesima potenza, quindi è ovvio che è nata la necessità o la conseguenza rispetto a questo di poterle trapiantare. L’idea era: visto che queste cellule sono in grado di rimpiazzare, di mantenere un organismo, un organo, allora a questo punto le prendiamo, le trapiantiamo dentro qualsivoglia organo e risolviamo i problemi: ricostruiamo il cervello, il cuore, la pelle e così via. Effettivamente qualcosa siamo riusciti a fare, nel senso che la pelle si ricostruisce, per esempio centinaia di migliaia all’anno di grandi ustionati vengono ricoperti di pelle nuova e riescono a sopravvivere proprio perché utilizzando le cellule staminali della pelle si riescono a costruire lembi enormi di pelle che possono essere trapiantati. La stessa cosa avviene per la cornea, già si utilizzano cellule staminali della cornea per ricostruire cornee che vengono perse per esempio per ustioni e quant’altro; si riesce a rifare il sangue, il trapianto di midollo osseo che tutti conosciamo è un trapianto di cellule staminali del sangue, e se ne fanno anche qua centinaia di migliaia di trapianti all’anno; si riesce a ricostruire piccoli pezzettini di ossa facendo dei miscugli, delle cose strane con alcune cellule del sangue particolari che si chiamano staminali mesenchimali, quindi qualcosa si riesce a fare, però questo qualcosa che si riesce a fare è ancora ovviamente limitato a una serie di patologie specifiche: tumori del sangue, i grandi ustionati, i problemi legati ai danni alla cornea, quello che non si riesce ancora a fare è di ricostruire strutture più complicate. Quindi più semplice è una struttura - la pelle ovviamente è semplice, il sangue è semplice - più facile è ricostruirla o rigenerarla, più complicata è una struttura più difficile è rigenerarla. Il cervello da questo punto di vista è in assoluto la struttura più complicata, sono circa 100 – 200 miliardi le cellule del cervello, ma ogni cellula del cervello contatta circa 20 – 30 mila altre cellule, forma delle reti che sono molto complicate, quindi è difficile pensare che sostituendo una cellula anche la rete che questa cellula in qualche modo determina venga sostituita, è questa la cosa più difficile. Oltretutto le cellule staminali del cervello sono difficili da identificare, da isolare, da crescere, infatti per ora usiamo solo quelle dei feti e non possiamo usare cellule staminali adulte, quindi non possiamo trapiantare nello stesso paziente le sue stesse cellule, e se trapiantiamo quelle dei feti ovviamente andiamo incontro a problemi di compatibilità, quindi queste cellule possono venire rigettate. Detto ciò però anche le cellule del cervello si iniziano a trapiantare in questo momento nelle persone, ci sono 6 bambini negli Stati Uniti con delle malattie molto gravi ereditarie che non sviluppano diciamo così il cervello in maniera adeguata, che sono stati già trapiantati con queste cellule staminali del cervello e stiamo aspettando i primi risultati, però siamo ancora veramente all’inizio, quindi tutto il resto, tutto quello che sentite al di fuori delle cose che io vi ho raccontato sono diciamo così trattamenti non adeguati. “Non adeguati” cosa vuol dire? Che sono trattamenti particolarmente rischiosi, e sono soprattutto finalizzati al profitto e non alla cura, al profitto perché ogni trapianto costa da 5 ai 30 mila dollari, e soprattutto non finalizzati alla cura perché non ci sono dimostrazioni reali confermate, riprodotte e riproducibili che possono funzionare, ma a prescindere da ciò, la cosa più importante è che sono molto pericolosi, infatti negli ultimi tempi iniziano a venire a conoscenza una serie di casi in cui persone sono andate non solo in Cina, in Thailandia, ma anche in Germania o in Olanda, addirittura anche a San Marino, anche in Italia, non ci facciamo mai mancare nulla, che hanno ricevuto queste cellule staminali strane, non controllate e quant’altro che hanno sviluppato tumori come conseguenza del trapianto. Quindi se io dovessi trapiantare una persona con una grave malattia neurologica e magari in qualche modo riuscissi a curare la malattia neurologica, ma contestualmente a generare un tumore è chiaro che non avrei raggiunto l’obiettivo che devo raggiungere. Questo perché? Per due ragioni principali – poi mi fermerei qui e se volete ne possiamo discutere – perché queste cellule staminali proprio perché sono straordinariamente capaci di riprodursi sono molto simili diciamo così alle cellule tumorali. Le cellule tumorali come sapete sono cellule che si riproducono all’infinito, quindi il confino tra una cellula staminale e una cellula tumorale è un confine molto delicato, addirittura adesso si pensa che i tumori stessi siano legati alle cellule staminali che non funzionano adeguatamente, quindi quando noi in laboratorio le coltiviamo, cioè ne produciamo una grossa quantità per poi poterle trapiantare, in qualche modo stimolando queste cellule a duplicarsi, a replicarsi in maniera rapida spingiamo ancora di più l’acceleratore e in qualche modo possono scapparci dal nostro controllo e diventare cellule tumorali. Se non controlliamo bene durante la preparazione di queste cellule se questo avviene o meno corriamo il rischio di iniettare già delle cellule che potenzialmente possono diventare dei tumori.
Il secondo è un aspetto legato alla contaminazione possibile quando si manipolano queste cellule, cioè la contaminazione da parte di agenti infettivi, e quindi se anche qua non controlliamo adeguatamente la manipolazione di queste cellule ovviamente anche in questo caso corriamo il rischio di trapiantare delle cellule che portano con sé degli agenti infettivi e quindi determinano delle infezioni spesso incontrollabili. Quindi per tutelarci da ciò abbiamo creato delle regole molto ferree, in qualche modo anche eccessive, per controllare la preparazione di queste cellule, e proprio perché queste regole sono molto ferree e molto diciamo così particolari i costi di produzione sono enormi adesso, le sperimentazioni sono molto poche perché non tutti riescono a mettere in opera queste procedure di produzione cellulare, di conseguenza i tempi sono automaticamente lenti, lunghi, o non quelli che uno si aspetterebbe, ma questo lo si fa per proteggere il malato e non per allontanare il malato da una possibile cura. Io dico sempre che sarei un pazzo se avessi una cura che so che funziona tra le mani e non la somministrassi, perché non dovrei farlo? Non esistono proprietà intellettuali, soldi, partners, gli scienziati sono tutto tranne che ricchi, avrebbero dovuto fare un altro lavoro se pensassero di guadagnare attraverso la propria ricerca; fanno ricerca perché hanno una finalità diversa, cioè quella di riuscire a migliorare lo stato di salute delle persone. Di conseguenza queste limitazioni fanno sì che noi siamo ancora in una fase in cui dobbiamo capire se le cellule staminali, una volta somministrate, qualsivoglia, sono sicure; nel momento in cui dimostreremo che sono sicure potremo anche pensare di provare ad usarle e provare a vedere se sono efficaci. Quindi ci vuole ancora tempo, mi spiace dirlo ma ci vuole ancora tempo, rispetto a 10 anni fa quando ho iniziato io siamo andati avanti straordinariamente, le cellule staminali del cervello sono state scoperte nel 2000, quindi in dieci anni abbiamo fatto già passi da gigante; le cellule staminali del sangue che usiamo nei trapianti di midollo sono state scoperte a fine ‘800, ci sono voluti 80 anni affinché dalla scoperta della cellula si arrivasse alla terapia, in questo caso al trapianto di midollo osseo. Quindi ci vuole un pochino di pazienza, ma le cose sono partite, sono iniziate, i primi trapianti si stanno facendo, i risultati sono assolutamente dignitosi, sembra che queste cellule realmente si possono trapiantare, dire che cosa faranno o quanto saranno utili non lo so, sicuramente non sono la panacea o tutto quello che ci aspettiamo siano, non cureranno e non guariranno tutte le malattie del mondo, su questo sono sicuro, ma di sicuro saranno una possibilità terapeutica in più che potremo avere solo se saremo in grado di gestirne diciamo così dal punto di vista scientifico la loro sperimentazione; se invece continueremo a usarle o le useremo sempre di più in maniera banditesca corriamo il rischio di creare gravi problemi, cioè di creare appunto incidenti di percorso che non solo saranno deleteri per chi li subisce, ma sicuramente rallenteranno di molto la ricerca perché questo farà sì che si diminuiranno ancora di più gli investimenti e che chi dovrà investire si preoccuperà ovviamente per i possibili effetti dannosi di queste terapie. Quindi la strada è stata imboccata, è quella giusta, si va un passo dietro l’altro, sicuramente si arriverà ad utilizzare queste terapie, le si utilizzerà – ripeto – nei campi in cui dimostreranno di essere più efficaci, ma ci vuole cautela, quindi da questo punto di vista più si sta – tra virgolette – dalla parte secondo me della scienza vera, cioè di quella che fa le cose per aumentare la conoscenza, e più facilmente e rapidamente si arriverà all’obiettivo, mentre se si cercano scorciatoie attraverso i viaggi della speranza secondo me il rischio è troppo alto e di sicuro questo non porterà ad un avanzamento della conoscenza.
Finirei qua e vi ringrazio molto per avermi ascoltato.



Intervento PROF. LUCIANO EUSEBI
Ordinario di Diritto Penale dell’Università Cattolica di Milano e Piacenza
Grazie. Innanzitutto un saluto molto caro a tutti per questa accoglienza, e vorrei muovere, come già era stato fatto dall’amico Toschi e dal Sindaco, un riferimento alla Costituzione, che qualche volta noi forse non valorizziamo adeguatamente. Che cosa ci dice la Costituzione in quel nucleo fondamentale che è dato dagli artt. 2 e 3? Non sono solo parole, e l’art. 2 ci parla dei diritti inviolabili dell’uomo e ci dice una cosa rivoluzionaria, che poi è stata base anche della Dichiarazione Universale dei Diritti Dell’Uomo, diversamente da tutta la tradizione precedente, perfino dalla tradizione liberale che ha tutti i suoi meriti, noi abbiamo l’idea che i diritti non vengono dallo Stato, non vengono concessi dall’ordinamento giuridico, e lo Stato è l’organizzazione giuridica che è al servizio dell’essere umano portatore di diritti in quanto tale; la Repubblica riconosce - non concede, non attribuisce – i diritti inviolabili, li riconosce, quindi al centro c’è la persona, tutto il resto è al servizio della persona. Poi questo si mette in stretta correlazione con l’art. 3 che ci parla di quei medesimi diritti inviolabili, quindi della dignità della persona nell’ambito sociale, dicendosi che quei diritti, dunque la dignità sociale, si hanno a prescindere da qualsiasi altra considerazione. Avete presente i “senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua, di religione”, e poi si dice “di condizione umana o personale”. Che cosa vuol dire in sostanza? Senza nessuna distinzione, cioè i diritti inviolabili non dipendono – questo è importantissimo, rivoluzionario – da un giudizio sulle condizioni esistenziali, sulle qualità, sulle capacità che quella vita esprime in un dato momento del suo svolgimento. I diritti inviolabili dipendono esclusivamente dalla esistenza in vita, e questo – notate bene – è il fondamento del principio di uguaglianza in senso sostanziale. Perché siamo uguali? Perché i nostri diritti inviolabili non dipendono da un giudizio che altri possa dare delle mie condizioni, tanto meno da un giudizio che altri possa dare – quando l’umanità l’ha voluto fare ha fatto sfracelli – sul fatto che la mia vita sia degna o non degna di essere vissuta. I diritti inviolabili dipendono esclusivamente dalla esistenza in vita, siamo eguali perché ci riconosciamo reciprocamente come titolari di diritti per il solo fatto di essere in vita. Questo è assolutamente rivoluzionario nella nostra Costituzione. L’abbiamo attuato sufficientemente, o è un compito che ci sta ancora dinnanzi? Perché poi la Costituzione fa un passo ulteriore - già veniva ricordato in sede di introduzione – non si limita a dirle queste cose, ma poi, sempre nell’art. 3 dice che è compito della Repubblica – veniva ricordato prima – rimuovere gli ostacoli che si frappongono al fatto che questo divenga realtà.
Questo ci fa capire un’altra cosa estremamente importante: non basta affermare i diritti, anzi, vogliamo essere un po’ provocatori? I diritti non esistono, i diritti sono un’astrazione. Che cosa esiste davvero? Scusate, l’avete mai visto camminare un diritto per strada? Che cosa avete visto camminare per strada? I doveri, cioè il fatto che qualcuno si pieghi sulla situazione di difficoltà di un altro per farsene carico. Se qualcuno assume un dovere allora l’altro ha il diritto, ma il diritto è un’astrazione finché qualcuno non assume l’impegno di agire verso l’altro secondo la sua dignità, perché alla fin fine il messaggio della Costituzione sta tutto qui: il diritto che cosa è? E’ prima di affermare i diritti diventare consapevoli che io devo agire verso l’altro, verso ogni altro secondo la sua dignità, anche quando questo costa. Questo allora ci porta al significato anche del messaggio costituzionale nel suo più profondo: la democrazia non è soltanto il sistema dove ognuno può parlare, ci mancherebbe altro se non è importante, ma è di più; non è soltanto il sistema dove ognuno può votare, ci mancherebbe altro che è importante, ma la democrazia è quel sistema dove anche chi non ha forza contrattuale conta, la democrazia è quel sistema dove ognuno conta, dove il debole conta. Allora vedete, questo è molto facile dirlo da un tavolo, poi si tratta di tradurlo in realtà, e questo ci guida anche un pochino a superare certi stereotipi nel nostro Paese dove si fa un po’ politica su queste… Attenzione: per esempio abbiamo un po’ banalizzato a mio avviso, io non sono di espressione conservatrice, lo sa chi mi conosce per quanto riguarda tutta una serie di battaglie nel mio settore per la riforma del penale etc…, però a me sembra, se la vita umana è il presidio del mutuo riconoscimento tra ogni essere umano, a prescindere da un giudizio sulle sue condizioni, non conta se sei sano, malato, all’inizio o alla fine della tua vita che allora abbiamo davvero banalizzato anche i temi della bioetica e del rispetto della vita dall’inizio alla fine. Non è un tema né religioso, né di destra, né di sinistra, è un tema che attiene al fondamento della nostra democrazia, e su queste cose dobbiamo ritornare a dialogare, a lavorare insieme, perché io potrei anche aver finito perché poi sarà la Professoressa Messerini che, avendo una specifica competenza di ambito non solo costituzionale, ma amministrativo sull’ordinamento dello Stato, che magari ci potrà cominciare a dire qualche cosa sulle legislazioni che potrebbero migliorare a tutela delle situazioni deboli dove oggi noi abbiamo la necessità di fare dei passi avanti, ma indugiando ancora un poco così su alcune riflessioni di fondo forse già nella nostra società ricreare serenità nel guardare senza steccati, senza contrapposizioni a queste esigenze assolutamente fondamentali io lo ritengo importante, senza diffidenze. Io per esempio devo dire che ho qualche timore che una certa enfasi – si diceva all’inizio non facciamo… e sono d’accordo – che qualche volta non mette al centro quello che oggi invece giustamente insieme abbiamo messo al centro, cioè il massimo aiuto possibile verso chi vuole vivere, può avere anche degli effetti che vanno un poco sbilanciati, oggi si parla con tanta facilità del diritto di morire. Attenzione: siamo tutti d’accordo che l’intervento terapeutico non deve mai essere un intervento sproporzionato? Siamo tutti d’accordo nella riflessione sul modo corretto di intendere il concetto di proporzione? Io ho qualche perplessità nell’immaginare che una materia così delicata possa oggi essere trattata come se insieme democraticamente non abbiamo più nulla da convivere, nessuna criteriologia da condividere, c’è soltanto da fare riferimento a un’espressione formale di volontà, quale essa sia, a prescindere da un giudizio sul tipo di intervento che si sta effettuando sulla sua proporzione. Su questo possiamo essere estremamente aperti, ma attenzione un poco ai messaggi. Io ricordo quello che gli psicologi olandesi, non un singolo, ma l’associazione degli psicologi olandesi più di dieci anni fa disse al governo olandese nel momento in cui ci si orientava a una certa scelta legislativa, che voi conoscete bene “Attenzione, perché si rischia di fare una cosa che non deve avvenire, che comunque insieme dobbiamo evitare, e cioè che i soggetti deboli vengano a trovarsi in una situazione di maggiore debolezza, perché fino a ieri l’essere curato anche in situazione di precarietà esistenziale - non sto parlando delle situazioni dove la terapia sarebbe una sproporzione – era la normalità, da oggi in poi diventa una tua scelta”, e si insinua un tarlo molto pericoloso, forse gli altri, forse la società si attendono un mio passo indietro. Non dobbiamo trascurare che dinnanzi a queste problematiche esistono anche problemi, anche considerazioni di carattere economico, dobbiamo evitare in tutti i modi che ci sia una colpevolizzazione dei malati, delle famiglie, che anche in condizioni dove la guarigione non è più possibile, chiedono, anche se la malattia è una malattia degenerativa, ma può ancora dare spazio esistenziale, di essere curati.
Io ho seguito la persona a me più vicina in una lunghissima vicenda oncologica che non è certamente la stessa cosa delle situazioni di cui stiamo parlando quest’oggi, ma cinque anni prima che quella vicenda si concludesse qualcuno anche autorevole sul piano medico ci diceva “Ma perché chiedete ancora terapia? In fondo si sa già come va a finire”. A parte il fatto che si sa come va a finire della vita di ciascuno di noi a prescindere, però attenzione: la vita non va quantificata soltanto dal punto di vista dell’efficienza materiale, e dobbiamo ribaltare – tornando a quell’idea iniziale – l’idea – è già stato detto prima molto bene – che quanto qualcuno assume un impegno, che può essere anche sacrificio, per essere vicino, per dare dignità all’altro che fa – tra virgolette – una sorta di elemosina, una sorta di atto melenso, così caritatevole, ma nel senso deteriore del termine, noi dobbiamo riscoprire nella società una cosa che in fondo è essa pure implicita al testo costituzionale: che tu come persona che magari hai la fortuna di star bene di realizzi non nel momento in cui butti via dalla tua vita tutti gli incontri che ti chiedono qualche cosa, perché se vivi così puoi anche vivere 90 anni o 120 anni e non costruisci niente, perché se hai eliminato dal percorso della tua vita – come si fa quando si va a giocare a bowling che si buttano via tutti i birilli – ti accorgi che sì, magari hai avuto una vita apparentemente facile, ma ti sei privato di tutte le occasioni dove tu potevi essere autenticamente te stesso, perché ciò che tu sei di più grande lo sperimenti solo quando non sei egoista, ma quando sei capace di dare, quindi il piegarsi sulle situazioni di difficoltà non è un solo dare, ma anche un realizzare se stessi. Allora davvero, io non credo che poi dopo ciò che chiedono le famiglie sia la solitudine anche nelle situazioni che danno tanti gravi problemi di decidere da soli, noi dobbiamo ancora saper condividere nel nostro Paese delle criteriologie che ci portano a dire “Decido io quando muori tu, quando muore tua madre, tua figlia”, ma se insieme diciamo se questa terapia è proporzionata o non è proporzionata, ma insieme diciamo nel momento in cui valutiamo se una terapia è proporzionata o non è proporzionata che in tutti i casi in cui non dovessimo riconoscere che ormai un intervento terapeutico non ha più senso in tutti quei casi ci impegniamo fino in fondo senza sé, senza ma, per essere vicino a chi non vuole vivere, ma a chi ha davvero diritto di vivere perché è membro prezioso della società, e chi l’ha mai detto che chi da più alla società è chi si manifesta soltanto efficiente sul piano dei rapporti che possono essere pesati dal punto di vista economico?
Allora il mio messaggio essenzialmente è questo: non usiamo i problemi in termini di contrapposizione – già lo si diceva all’inizio – ma torniamo a guardarli i problemi, a guardarli nel loro spessore, a sentirci amici nel guardare i problemi nel loro spessore e a renderci conto che proprio nei casi in cui da un punto di vista materiale ci potrebbe sembrare ma non ha senso intervenire, ma non ha senso essere vicino anche a quel malato che magari vive una condizione estrema di povertà esistenziale, magari non sappiamo neanche se c’è un barlume di coscienza o non c’è un barlume di coscienza. Quando la società mostra di essere vicina anche ai suoi membri più deboli e più umanamente deprivati da’ un messaggio straordinario perché mostra di essere davvero una società solidaristica, e questo noi lo dobbiamo dire con forza, anche perché dobbiamo riconoscere che non è possibile, lo abbiamo capito ormai da 2.000 anni di riflessione filosofica, non possiamo distinguere nell’essere umano un corpo che è solo il corpo sul quale poi chissà da dove verrebbero le dimensioni psichiche, intellettive, cognitive, la realtà umana è una realtà unitaria, quando inizia l’avventura del corpo a quell’avventura del corpo si associa lo strutturarsi di tutto ciò che esprime l’umano, l’umano non è l’appiccicamento di una dimensione corporea e di un’altra dimensione, tutto ciò che è l’umano, tutto ciò che è certamente più grande della mera biologia si esprime attraverso il suo corpo, e allora finché noi riconosciamo un individuo in vita come potremmo mai dire che lì ormai c’è solo un corpo e non c’è l’umano? Sarà un’umanità ferita, sarà un’umanità che ci chiama alla solidarietà, ma è fondamentale questo elemento di attenzione verso queste realtà umane, che sole garantiscono se non le abbandoniamo, che la nostra società sia davvero democratica, allora non dobbiamo assolutamente avere paura di riflettere insieme anche sui temi sui quali magari oggi si teme, perché poi si dice “Ah, ma allora tu sei in uno schieramento, tu sei…”, pensate semplicemente al problema enorme del terzo millennio di come useremo i dati genetici: se li useremo in senso selettivo o in senso curativo, se li useremo per fare genetica quando la vita è già iniziata o li useremo invece per migliorare le terapie? Sono problemi enormi, non sono problemi ideologici, sono problemi che ci debbono accomunare. Io sono stato 4 anni nel Comitato Nazionale per la Bioetica, erano presenti tante posizioni ovviamente, riuscivamo a discutere animatamente, ma anche in certa misura ad essere amici. Voglio farvi un piccolo esempio che forse fa un po’ il paio con quello che diciamo oggi: se c’è un tema dibattuto nella nostra società è l’aborto. Va bene. In Comitato Nazionale con 2 anni di lavoro - poi l’hanno dimenticato tutti – eravamo riusciti a fare un gruppo di lavoro che ha pubblicato – lo potete guardare nel sito “Comitato Nazionale per la Bioetica, Pareri” un documento firmato da tutti sull’aiuto alla donna in gravidanza, sul massimo aiuto alla donna in gravidanza in senso di prevenzione. E’ stato firmato da tutti, si è fatto abbastanza? Mi pare proprio di no, e allora nella nostra società nonostante tante divisioni c’è la possibilità di condividere, il tema di cui diciamo stasera ben difficilmente troverà qualcuno che dice “No, non si deve aiutare le persone con gravissimi problemi”, ci mancherebbe che qualcuno dica di no, ma abbiamo fatto finora abbastanza? Come in quell’occasione è giusto aiutare la donna in gravidanza? Certo che è giusto, ma abbiamo fatto abbastanza per prevenire poi quell’evento, che è un evento comunque tristissimo per la vita e anche per la donna? Nella nostra società c’è molta possibilità di riprendere un cammino di dialogo e di condivisione, lo dobbiamo assolutamente fare.
Il mio intervento è stato soltanto un messaggio di stimolo, mi fermo, ma credo che sia una cosa importante.



Intervento PROF. VIRGINIA MESSERINI
Ordinario di Diritto Pubblico dell’Università degli Studi di Pisa
Certo dopo l’intervento così denso di pathos del Professor Eusebi, e anche degli altri interventi precedenti, io che riporterò il discorso a profili più tecnici, più giuridici, raffredderò certamente l’uditorio, me ne dispiace e mi scuso, ma penso che il discorso comunque sia utile e necessario anche per individuare poi sul piano concreto - come si veniva stimolati prima - quali possono essere i percorsi giuridici, le vie concrete per riuscire a raggiungere quegli obiettivi che così mirabilmente sono stati già delineati.
Sulla Costituzione, che è il punto di partenza di ogni discorso giuridico, si è già detto parecchio, io vorrei solo aggiungere alcuni aspetti, che mi servono poi per riuscire a precisare, puntualizzare il rapporto fra i disabili e la società, fra i disabili e le istituzioni, e il ruolo che le istituzioni e la società possono avere per includere al loro interno i disabili. Ritorno sul diritto alla dignità richiamato in precedenza, che noi troviamo riconducibile alla Costituzione, anche se nella nostra Costituzione espressamente non si parla di un diritto alla dignità, come in altre costituzioni avviene, come avviene nella Costituzione tedesca, come avviene nella Costituzione spagnola, nella Costituzione portoghese, nelle dichiarazioni dei diritti che ai vari livelli di ordinamento internazionale avviene. Ma la nostra Costituzione, pur non richiamando espressamente un diritto alla dignità, presuppone però questo diritto alla dignità in modo estremamente forte, indica la dignità della persona come un nucleo irriducibile aldilà – mi vien fatto di dire – della stessa esistenza fisica della persona. Dico questo perché mentre la Repubblica può chiedere in casi estremi ai cittadini anche il sacrificio della vita, come nel caso della guerra difensiva, unica ammessa dalla nostra Costituzione – come voi sapete – all’art. 52, quindi la Repubblica può chiedere in casi estremi il sacrificio della vita, ma non potrà mai chiedere il sacrificio della dignità, perché se si toglie la dignità ad una persona si infligge a questa persona – potremmo dire – una pena più grave della morte perché la dignità è l’essenza stessa della persona, e alla dignità non si può mai rinunciare in qualsiasi situazione l’individuo si trova, in qualsiasi situazione anche di menomazione della libertà, si pensi ai problemi che questo comporta per le persone che sono ad esempio nelle carceri, ma per quelle che sono negli ospedali? Per i disabili gravi che hanno le loro libertà fisiche estremamente compresse, ma che non possono rinunciare in alcun modo alla loro dignità. Ora questa dignità che la nostra Costituzione quindi presuppone e richiama come un diritto inviolabile, come un nucleo irrinunciabile e irriducibile della persona umana viene collegato alla società, viene messo in connessione con la società perché l’uomo è inserito nella società, l’uomo – come già diceva il Professor Eusebi – non vive da solo, l’uomo vive nella società e in tutte le forme in cui la società esiste, l’uomo è società prima che Stato, e se questo è vero allora le istituzioni assumono un rilievo determinante proprio per quanto riguarda il rispetto del diritto alla dignità. Nei confronti della dignità io penso che sia importante parlare non solo di diritto ma di rispetto proprio perché bisogna garantire che ogni individuo possa esprimere in tutta la sua pienezza, pur nelle condizioni in cui si trova, quella che è l’essenza stessa della sua personalità. L’elemento di novità che - è stato già sottolineato prima – noi troviamo nella nostra Costituzione è proprio il collegamento dei diritti fondamentali e quindi della dignità dell’uomo con la società. L’art. 3 dice “La Repubblica deve rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della personalità”, ed è proprio attraverso il collegamento della dignità con il principio di uguaglianza e con questo obbligo, dovere della Repubblica di intervenire per rimuovere gli ostacoli che si trova quella sintesi, quel superamento – che era stato prima sottolineato – tra l’apparente contraddizione del principio di uguaglianza con l’esistenza di differenze che nella vita, nella società noi incontriamo, proprio attraverso la dignità si ricompone quell’apparente disomogeneità tra le singole differenze di situazioni, di condizioni e l’uguaglianza degli individui. Dicevo prima che l’elemento sociale è l’elemento di novità - che si riconduce a tutto il dibattito sulla tutela, il riconoscimento della dignità e del principio di uguaglianza – è dato proprio dal fatto che c’è un’impostazione dinamica nei confronti della tutela di questo diritto, del rispetto della dignità. Cosa vuol dire “un’impostazione dinamica”? Vuol dire che non basta il riconoscerlo sulla carta, occorre intervenire, occorre agire per promuovere questa effettiva uguaglianza per assicurare in concreto, di fatto il rispetto della dignità e la tutela dei diritti fondamentali, non basta quindi – riesprimo lo stesso concetto con un’espressione diversa che ha espresso già il Professor Eusebi – una tutela passiva, occorre una tutela attiva, occorre un agire, occorre che le istituzioni, ma anche la società, operino perché questi diritti vengano garantiti in concreto, di fatto, è la grande novità del nostro art. 3 della Costituzione e che lo distingue rispetto ad altre formule che in altre costituzioni noi troviamo. Allora lo Stato non può essere indifferente allo sviluppo economico e sociale, non può essere indifferente - ed è responsabile - a favorire le condizioni perché i diritti fondamentali e anche il rispetto della dignità possa trovare una sua concretezza. Questo ruolo attivo - sul quale voglio ritornare – dello Stato per dare concretezza a questa esigenza di rispetto della dignità, che proprio è un’esigenza fondamentale, che sta al fondo di tutta la nostra Costituzione, questa esigenza di assicurare in concreto il rispetto della dignità della persona, soprattutto delle persone che si trovano in condizioni particolari di limitazioni nelle loro libertà, di difficoltà a esprimere appieno la loro personalità, ha subito un processo evolutivo - il cui approdo è quello che noi vi abbiamo detto – che è parallelo ad un processo evolutivo che riguarda la definizione della disabilità, e io vorrei qui fare un riferimento a dei documenti che a livello internazionale importanti sono stati elaborati, approvati e ratificati dal nostro Stato e anche nell’Ordinamento Comunitario. Non ho sentito prima qui il riferimento a questi documenti che mi sembrano molto importanti, e io penso che in questa sede sia il caso di richiamarli brevemente: mi riferisco alla Convenzione Internazionale per i Diritti delle Persone con Disabilità approvato dalle Nazioni Unite nel 2006 e ratificato dall’Italia l’anno scorso e dall’Unione Europea poco dopo, sempre nel 2009. E’ stato considerato come un documento importante perchè è il primo accordo sui diritti umani del III millennio, del 2000, è il documento più autorevole perché è stato adottato da 192 stati, e questo documento è importante perché ci da’ due indicazioni che in questa sede ci interessano molto: innanzitutto dice che cosa è la disabilità, ma la definisce con un’impostazione innovativa rispetto alle espressioni tradizionali che si possono dare della disabilità “La disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con le menomazioni e le barriere comportamentali ed ambientali che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri”. Come vedete con questa definizione si riassume molto delle riflessioni che sono state fatte prima, perché si collega la situazione della disabilità con gli aspetti sociali, con la società. Innanzitutto si dice che la disabilità non è solo un dato personale, ma è il risultato di un’interazione con le barriere comportamentali e ambientali, quindi con le barriere che possono derivare dalla società. Questa definizione quindi ci porta nel cuore del rapporto fra disabilità e società. Mettere in connessione gli aspetti della disabilità con la società vuol dire andare avanti in quel processo che ha portato le persone che sono affette da gravi disabilità da una situazione di esclusione ad una situazione successivamente di marginalità, e poi ad un’esigenza di inclusione per realizzare in modo compiuto la pari dignità. Ecco il nuovo aspetto che presenta la Convenzione, quello della inclusione, infatti facendo riferimento agli obiettivi la Convenzione – che ho prima ricordato – pone fra gli obiettivi “promuovere, proteggere e assicurare il pieno godimento e in condizioni di uguaglianza di tutti i diritti umani, di tutte le libertà fondamentali e per tutte le persone con disabilità, promuovendo il rispetto della loro intrinseca dignità”, quindi impone che si abbandoni questa definizione che si da’ di disabilità e di indicazione degli obiettivi, impone che si abbandoni l’indirizzo tradizionale che fino ad ora, fino a poco tempo fa veniva seguito nei confronti dei disabili, che era una risposta ai bisogni, invece ora bisogna porre il centro dell’attenzione sulla dimensione dei diritti, quindi occorre sostituire – e si diceva prima – le politiche dell’assistenza con le politiche dell’inclusione. Questo cosa ci porta ad affermare? E su questo devo dire che vi è una piena convergenza anche con le posizioni dell’Unione Europea, il più recente documento, di pochi mesi fa dell’Unione Europea va proprio in questa direzione: nell’esigenza dell’inclusione. “Inclusione” vuol dire che i disabili devono essere accolti dalla società e la società deve trarre da loro anche la forza di tipo culturale per poter proseguire ed andare avanti; vuol dire che le istituzioni a livello territoriale anche più vicine alle varie situazioni devono operare innanzitutto per cercare di affrontare i bisogni dei disabili, ma non è solo questo – e su questo voglio ritornare – non solo affrontare il problema dei bisogni dei disabili, ma cercare di promuovere una crescita culturale, una crescita della società, ambientale direi e culturale della società, e il fatto che qua siano presenti tante persone, il fatto che qua siano presenti anche tanti giovani da’ una speranza in questo senso, proprio per cercare di promuovere nella società quella cultura necessaria per riuscire a raggiungere l’obiettivo dell’inclusione, “inclusione” che vuol dire che il disabile deve vivere nella società, fa parte della società, non deve essere emarginato, non deve essere escluso. Questo permette anche di affermare che le istituzioni si devono promuovere e devono operare perché i disabili se lo ritengono opportuno possano scegliere un percorso di vita all’interno della famiglia, e non solo, all’interno della società, non rimanere chiusi nelle istituzioni, che pur possano soddisfare i loro bisogni di assistenza, ma non soddisfano quell’esigenza di dare pieno sviluppo alla loro dignità. I disabili devono riuscire a vivere nella società che deve essere in grado di accoglierli, e su questo le istituzioni possono fare molto – ricordava prima il Sindaco – alcune regioni, non molte, poche, si sono già mosse in questa direzione. Come si possono muovere in questa direzione? Innanzitutto permettendo, attraverso forme di sostegno, la possibilità che i disabili rimangano nei loro ambienti, rimangano nel loro ambito sociale, permettendo anche un sostegno a tutte le associazioni che possono dare proprio questa possibilità della persona che si trova in una grave disabilità a vivere insieme agli altri, ad essere circondata dall’affetto degli altri. Il Comune, la Regione in questa direzione devono essere in prima fila, lo Stato può dare indicazioni attraverso delle leggi di principio, ma poi i protagonisti devono essere le istituzioni territoriali, e per sottolineare il ruolo che in questa direzione può dare la società, ma anche gli effetti che la società riceve dalla presenza di queste persone. Lo ha fatto prima il Professor Eusebi, vorrei ricordare… non l’ho mai fatto, ma in questo ambiente mi viene così… questo bisogno di far presente un episodio della mia vita passata, della mia vita personale: io in tutta la giovinezza ho vissuto accanto a una persona gravemente disabile, era una zia, la sorella della mia mamma, che era affetta da sclerosi multipla, un tempo si diceva sclerosi a placche, una persona meravigliosa che man mano è andata perdendo la sua libertà di movimenti, era rimasta praticamente quasi impedita in tutti i suoi movimenti, e anche la vista si andava sempre più riducendo. Bene, questa persona è riuscita con la sua serenità, con la sua forza di accettazione delle sue condizioni, con la testimonianza della sua vita a dare non solo un esempio a me, ai miei fratelli, ai miei genitori ovviamente, ma a dare forza a noi. Non eravamo noi che si dava forza a lei ma era lei che dava forza a noi, ma non solo a noi, c’erano molte amiche, la mia mamma aveva molte amiche che inizialmente venivano a trovare la mia zia per uno spirito assistenziale, di carità, ma che poi hanno avuto tanto beneficio, tanta forza che dicevano a noi “Quanto ci ha fatto bene questo esempio”. Questa testimonianza della mia vita personale mi porta ad affermare che queste persone che combattono così tanto con i loro dolori, con le loro limitazioni sono una forza anche per la società, ed è per questo che questa esigenza di inclusione va assecondata, d’altra parte ce lo indica, è un percorso che ci indicano, che ci viene indicato a livello internazionale, la Dichiarazione che vi ho prima letto, a livello comunitario. A livello comunitario come? Io qui vorrei ricordarlo come un possibile percorso: indicando delle possibilità di progetti finanziati dalla Comunità Europea, progetti che possono promuovere delle buone prassi, e quindi dar luogo poi ad un’acquisita consapevolezza della società che può portare veramente a modificare la legislazione e a permettere di distribuire in modo diverso le risorse che mi rendo conto sono pur limitate, ma le risorse che comunque le istituzioni pubbliche possono offrire perché questo avvenga. In questo modo si avrebbe davvero quella integrazione tra quel principio di sussidiarietà verticale e di sussidiarietà orizzontale che la nostra Costituzione rinnovata del 2001 ha proclamato nell’art. 118, in cui si richiama il principio di sussidiarietà orizzontale, che vuol dire che le istituzioni devono operare a livello più vicino ai cittadini per far fronte alle esigenze dei cittadini, di tutti i cittadini, anche di quelli che hanno, e anzi, ancor più, nei confronti di quelli che hanno maggiori difficoltà; ma anche sussidiarietà orizzontale, che vuol dire che la società in tutte le sue articolazioni attraverso le associazioni di tutti i tipi, anche quella che ha contribuito a promuovere questa iniziativa, il SOROPTIMIS, di cui faccio parte, quindi sono molto contenta di essere intervenuta anche in questa occasione, proprio perché l’iniziativa era stata assunta anche dal club di cui faccio parte, e queste associazioni devono tutte quante portare ad una crescita della società. Che vuol dire “crescita della società”? Vuol dire anche permettere la piena attuazione dei diritti, soprattutto dei diritti delle persone che si trovano in una situazione di maggiore difficoltà. Io ora mi rivolgo alle persone disabili che vedo qui accanto e che saluto veramente con molto affetto: trovare la forza per portare avanti questa vostra testimonianza; sappiate che questa vostra testimonianza serve anche agli altri, quindi non vi dovete sentire isolati, dovete sapere che la società intorno a voi vi circonda, vi circonda con affetto, vi da’ la forza perché voi riuscite a dare forza anche agli altri. Grazie.



Intervento WILMA MALUCELLI
Presidente Nazionale SOROPTIMIST INTERNATIONAL d’ITALIA

Grazie all’Associazione Per una Vita Dignitosa che ha pensato a noi, al SOROPTIMIST. Noi soroptimiste siamo un’associazione tutta femminile, siamo una grande rete: prima si è evocata questa operatività in rete e noi siamo una rete di donne, quasi 90.000 nel mondo, quasi 6.000 in Italia; siamo un’associazione aconfessionale, apartitica: ecco che quindi ci ritroviamo nella mission di questa associazione che ci ha coinvolto. Devo dire che io sono qui non come addetta ai lavori, sono un’ insegnante di lettere, il mio è un messaggio di ringraziamento, di saluto, ma sono qui anche per imparare. Io ho ringraziato il signor Guerrieri perché ha capito, e anche noi abbiamo capito, che le nostre finalità in effetti coincidono, e mi fa piacere che l’intervento di Virginia Messerini abbia messo in evidenza appunto che Virginia è qui anche come soroptimista, soprattutto come soroptimista. Fra pochi giorni noi celebreremo il “Soroptimist Day”, la nostra festa più importante, ed è il 10 dicembre, una giornata che commemora, che ricorda la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, quindi mi fa piacere che il mio intervento segua i due interventi sui diritti: effettivamente noi siamo un’associazione – come diceva Virginia – che rappresenta la società civile, quella sussidiarietà orizzontale che evocava la Professoressa Messerini, e noi ci battiamo per l’affermazione dei Diritti umani, in particolare delle donne, dei bambini, di queste fasce deboli - come fascia debole indubbiamente è quella dei disabili gravi- e noi riconosciamo che i diritti sono inalienabili, ma purtroppo – come diceva il Professor Eusebi – non sempre l’applicazione pratica di questi diritti è conseguente alla loro inalienabilità; sono gli Stati i garanti di questa applicazione, e purtroppo ci sono Stati che non la garantiscono, specie per le fasce marginali: donne, bambini, le fasce che noi difendiamo in particolare in quanto associazione femminile, ma anche le fasce più deboli, quelle appunto dei disabili. Anche noi ci battiamo contro le disuguaglianze, basandoci sul volontariato, crediamo che l’operatività concreta derivi anche da un’accettazione volontaria di questa operatività: noi scendiamo in campo perché crediamo in queste nostre finalità, abbiamo passione e quindi applichiamo in pieno quello che è stato detto prima: contro l’egoismo, per la solidarietà. Questi sono i principi che ci muovono, è quella capacità di dare - che diceva il Professor Eusebi - che ci fa anche realizzare noi stesse, contro qualsiasi egoismo. Siamo d’accordo che i mass-media purtroppo distorcono spesso la realtà - lo diceva prima il Sindaco - indubbiamente è chiaro che i mass-media danno più spazio al discorso dell’eutanasia, quasi una rimozione voluta appunto della disabilità grave, e siamo d’accordo che i mass-media distorcono anche l’immagine della donna, e impongono lo stereotipo femminile, e noi ci battiamo in questo senso: bisogna cambiare la cultura, è vero, l’hanno detto tutti quelli che mi hanno preceduta, in tutti i sensi, anche la cultura nei riguardi della differenza di genere; sono tante purtroppo le differenze da cui è lacerata la nostra società, e la differenza di genere è una di quelle. Bisogna cambiare la cultura da subito, fin da giovani, e mi fa piacere che ci siano qui molti giovani: anche io come Virginia sono felice di questa presenza oggi, poiché i nostri interlocutori sono soprattutto loro. Mi hanno fatto piacere le parole, anche se virtualmente dette attraverso la registrazione, del Professore dell’Università di Pisa, che ha parlato di un bisogno di agenzie di valori etici: anche il SOROPTIMIST vuole affermare proprio questo, l’etica, i valori: se voi leggeste le nostre finalità, la nostra etica ve ne accorgereste. Ha ricordato gli angeli in senso simbolico, non so effettivamente il senso che volesse dare a questa parola, ma effettivamente ci sono tanti angeli che sono intorno a noi, io qui ne ho uno accanto, accanto a Luca Pampaloni c’è un angelo, un angelo custode, e sono molto belle queste presenze angelicate, queste presenze importanti e silenziose. A Forlì dove io vivo si è tenuto un convegno a cui ha partecipato il signor De Nigris che ha fondato la Casa dei Risvegli a Bologna in nome di un figlio perso tragicamente, Luca De Nigris. Tante persone, tanti volontari si adoperano in questa Casa dei Risvegli dove vengono portati coloro che vivono in uno stato di coma più o meno lungo, a volte ci sono stati dei risvegli, quindi il miracolo di risvegliarsi - sono soprattutto giovani che a seguito di incidenti sono entrati in coma. Ma il signor De NIgris diceva anche che coloro che incontrano questa realtà quasi si “risvegliano” dalla realtà che ci circonda oggi, che ci costringe quasi ad una vita addormentata o che rimuove certe situazioni dolorose, quindi “risveglio” in senso lato. Fra l’altro è bella anche questa voglia di vivere inguaribile, questa volontà di vivere anche da parte di chi indubbiamente soffre o è costretto appunto a una vita così difficile: è quindi un messaggio di speranza. E’ chiaro che chi ha una disabilità grave vive perché c’è qualcuno che lo ama, e noi siamo qui per affermare questo, cioè che ci sono tanti che li amano, che amano queste persone che sono costrette a vivere una vita così difficile: quindi voglio dire che la qualità della vita può essere alta anche in situazioni di grave disabilità, se c’è qualcuno intorno che è un angelo – come diceva il Professore di Pisa – qualcuno che volontariamente dedica loro parte della sua giornata, o, se sono i genitori, anche tutta una vita. Quindi “risvegliarsi” proprio da questa realtà, riconoscere il valore della vita: questo valore è una conquista per tutta la società aldilà di ogni confine di religione, di politica… anche noi soroptimiste siamo aconfessionali, apartitiche, siamo tante nel mondo, cristiane, musulmane, ebree, di qualsiasi confessione. La qualità della vita dipende dai rapporti umani, e noi vogliamo che questi rapporti umani esistano, noi siamo qui per affermare che crediamo che i rapporti umani importanti, profondi ci possono essere in qualsiasi condizione, anzi, in queste condizioni forse di più. Io non voglio certo dilungarmi, voglio condividere quello che è stato detto: anche noi crediamo certo nei gesti caritatevoli, non la carità per la carità, ma la carità progettuale, la carità che si fa progetto, che si fa esempio concreto, che si fa anche modello di vita, modello propositivo, queste sono le nostre priorità. Quindi direi che questo convegno oggi anticipa il 10 dicembre, il nostro “Soroptimist Day”. L’Europa – è stato detto – è il giardino fiorito dei Diritti umani, ed è vero, noi siamo fortunati, anche in Italia, se ci confrontiamo con tante parti del mondo dove i Diritti umani vengono calpestati costantemente e quotidianamente, siamo fortunati, è chiaro però che nella nostra fortuna lati oscuri ci sono, e qui sono stati messi in evidenza: ci sono ancora tante esigenze, tante fasce appunto della nostra società, la società del benessere, che ancora non sono state raggiunte, ecco quindi che ci vogliono agenzie di valori etici proprio come è stato detto, una tutela attiva dei diritti: ed è vero, anche noi soroptimiste vogliamo essere tutela attiva dei diritti.
Io ringrazio l’Associazione per Una Vita Dignitosa, condividiamo le stesse finalità, gli stessi principi, lo stesso desiderio di valori etici affermati. Grazie.
Aggiungiamo i ringraziamenti per il SOROPTIMIST Club di Piombino, prima non l’ho citato, ho ringraziato Virginia Messerini del SOROPTIMIST Club di Pisa, ma indubbiamente volevo estendere i ringraziamenti come Presidente del SOROPTIMIST ITALIA al club di cui fa parte anche la mamma di Roberto, una cara amica che saluto caramente, un club che ha dato tanto all’Unione italiana, quindi grazie a Piombino, grazie a voi.



Intervento DOTT. LUCA PAMPALONI
Autore di “Il cuore a sinistra, senza ruota di scorta”

Non preoccupatevi se non capite, perché il mio assistente personale tradurrà quello che dico.
Io ho preparato un intervento scritto perché avevo un po’ di cose da dire, però prima di questo volevo dire due o tre cose.
Mi dispiace molto che proprio nell’ultima fase di preparazione del convegno ho avuto problemi tecnici con il computer. Questo mi ha impedito di chiedere una rettifica. Quindi, la faccio ora e mi scuso di nuovo. Io non sono il Presidente della AVI Toscana, faccio parte della segreteria operativa, però non sono il Presidente. Questa era la rettifica.

Io scelgo di leggere ugualmente l’intervento, anche se purtroppo dobbiamo lamentare un piccolo stravolgimento del programma. Questo intervento era scritto pensando alle conclusioni da parte della Regione Toscana. Quindi, ci sono anche cose molto precise. Io le tengo lo stesso perché comunque un po’ di concretezza non fa male. Per ora mi fermo e faccio leggere il mio intervento.

Il diritto a una vita dignitosa per te persone disabili gravissime
Dovendo preparare in anticipo questo intervento, non posso evitare il rischio di ripetere concetti già espressi dagli autorevoli relatori che mi hanno preceduto.
Oggi, in generale, anche tra coloro che vogliono richiamarsi alla Costituzione lo si fa in modo approssimativo e incompleto. Il primo dato da tenere presente è che non può essere casuale il fatto che i costituenti abbiano posto uno di seguito all'altro i principi di libertà e il principio dell'eguaglianza. Non dimentichiamoci che questi principi sono complementari ed entrambi concorrono alla definizione del regime democratico.
Tuttavia, la formulazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione ha delle specificità che la staccano notevolmente dalle Costituzioni ottocentesche.
Intanto, l'articolo 2 è di una strabiliante chiarezza, sancisce l'inviolabilità dei diritti dell'uomo e chiama tutte le istituzioni della Repubblica non solo a riconoscerli ma a garantirli:

"La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale".

La grossolanità cui accennavo prima si esplicita soprattutto quando molti citano soltanto il primo comma dell'articolo 3:

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".

Se l'articolo si fermasse qui, la nostra Costituzione non sarebbe troppo diversa da quelle dell'ottocento.

Invece, i padri costituenti aggiunsero subito il secondo comma:

"È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

Trovo scandalosamente tragico che moltissimi esponenti, anche del cosiddetto centro sinistra, a partire da moltissimi amministratori locali, abbiano dimenticato questo secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione.

Per noi disabili soprattutto gravissimi questo secondo comma è di vitale importanza perché in riferimento a noi la distinzione tra "libertà negative" (libertà dallo Stato) e "libertà positive" (libertà dal bisogno, che richiedono l'intervento pubblico per essere garantite e attuate) non ha alcun valore, perché ciascuno di noi necessita dell'aiuto altrui anche per esercitare quelle libertà che le altre persone esercitano per proprio conto. Oggi, ad esempio, io non potrei esercitare la libertà di manifestazione del pensiero (ritenuta la libertà principale) senza l'aiuto del mio assistente personale che prima mi ha aiutato a venire qui e ora sta leggendo e traducendo ciò scrivo e dico. Senza contare che i disabili gravissimi necessitano di assistenza personale anche per espletare funzioni vitali come bere un bicchier d'acqua e mangiare.

 

 


 

 

Intervento LAURA CANAVACCI
Commissione Regionale Toscana di Bioetica
Buonasera, sono Laura Canavacci, sono della Commissione Regionale di Bioetica, intanto ringrazio veramente gli organizzatori del convegno per questa serata, io vi porto i saluti di Alfredo Zuppiroli che è il Presidente della nostra Commissione, il quale si scusa, non è potuto venire personalmente oggi perché impegnato già in un convegno, ha incaricato me e io ovviamente mi farò portavoce in seno alla Commissione delle riflessioni e anche dei contenuti degli interventi molto interessanti e molto belli che io oggi ho ascoltato. Non voglio rubare altro spazio al dibattito perché credo che sia un aspetto su cui gli organizzatori invece tenevamo molto, soltanto un minuto per una riflessione personale, che poi è appunto un personale apprezzamento per come nell’organizzazione di questo convegno sia stato dato un senso secondo me molto corretto al “Diritto ad una vita dignitosa”. Il concetto di “dignità” è un concetto molto scivoloso, molto liquido, un concetto sul quale tutti ci mettiamo d’accordo, da un punto di vita emotivo con la pancia siamo tutti d’accordo, ma sotto il quale poi è un grande ombrello e ci possono stare cose, anche molto differenti. Io credo che il modo in cui questo convegno ha interpretato il senso della dignità della persona gravemente disabile sia straordinariamente completo, perché da una parte – io almeno così ho percepito oggi – c’è il riconoscimento di una centralità della volontà, della personalità, della creatività della persona gravemente disabile, che è il punto di partenza, che è il riconoscimento primo, a me piace moltissimo il titolo dell’organizzazione “Vita indipendente” perché mette al centro l’idea che c’è qualcuno che come tutti gli altri è autonomo, è indipendente, ma è anche creativo e ha bisogno di spazi di creatività. Di creatività e di libertà io mi sento in questo momento anche di dover fare un riferimento a quella che poi è la libertà nella tutela della salute individuale, quindi a quanto sancito dall’art. 32 della Costituzione, quindi la libertà anche da interventi non voluti; dall’altra però c’è stato un collegamento molto forte al fatto che la persona anche libera, anche autonoma, anche indipendente non fa e non compie nessuna scelta da sola, in solitudine, ma la compie all’interno di un contesto che è fatto di relazioni, e per questo io sono molto contenta perché oggi ho avuto l’occasione di entrare in questa relazione e guardate che io mi occupo di bioetica da tanti anni e non è facile entrare bene in un’idea senza essere dentro una relazione, una relazione effettiva, e già la presenza… e io per questo ringrazio Luca Pampaloni e Roberto Guerrieri per avermi permesso una relazione diretta con loro. Poi credo che questo convegno abbia messo dentro all’idea che l’esercizio di un diritto ad una vita dignitosa è compatibile unicamente con una società che nel suo complesso nel riconoscimento reciproco dell’individualità costruisce il senso del riconoscimento e della solidarietà. Credo che sia un modo molto importante questo, soprattutto in questi giorni, perché per una persona come me che crede che la rivendicazione dell’autonomia sia un aspetto fondamentale della vita dignitosa, del concetto di dignità e della difesa della dignità individuale, deve essere anche detto con chiarezza che questa rivendicazione non può in nessuna maniera essere interpretata, soltanto nei termini di dirci che cosa non possiamo fare agli altri, non imporre trattamenti non voluti, sono cose importanti, ma che rimarrebbero prive di senso se interpretate in antitesi e non invece solamente in un doveroso completamento di un impegno che dovremo assumere ciascuno di noi personalmente, ma la società e le istituzioni in primo luogo, a rimuovere quegli ostacoli - oggi l’ho sentito tante volte – che poi effettivamente rendono impossibile un esercizio completo – ripeto – libero e creativo di una vita indipendente. Vi ringrazio, e vado via con il compito appunto di riferire alla Commissione, l’ufficio di presidenza è la prossima settimana, quindi mi faccio portavoce di quanto oggi ho appreso. Grazie.

 


 

Riflessioni Eusebi-Canavacci

PROF. LUCIANO EUSEBI
Ordinario di Diritto Penale dell’Università Cattolica di Milano e Piacenza
Volevo buttare lì soltanto un completamento, una precisazione, una riflessione su un punto che la Dottoressa Canavacci ha toccato, possiamo magari non essere pienamente d’accordo, ma rimaniamo amici proprio in questo stile di passione comune: io ho delle perplessità che l’art. 32 II comma della Costituzione istituisca il diritto di morire, istituisce un’altra cosa che era anche implicita in quanto veniva detto dal Dottor Bongioanni, e cioè che certamente il medico non può intervenire manu militari, ma altra cosa è dare per scontato che qualsiasi interruzione di terapia e qualsiasi prescrizione per il futura possa essere fatta senza una valutazione del contesto, della proporzionatezza di quella terapia, del resto lo stesso art. 32 della Costituzione per quasi 40 anni mai gli si era fatto dire che una relazione intersoggettiva può essere giocata per la morte. Certamente vanno interrotte terapie che siano diventate sproporzionate e insieme dobbiamo riflettere su questo nodo della proporzionatezza, degli elementi che entrano nel giudizio di proporzionatezza, ma una derivazione dall’art. 32 della Costituzione secondo cui può oggi nascere una relazione che di fatto ha una finalità che non è più quella della tutela della salute questo mi lascia perplesso proprio per quegli effetti che ne possono derivare. Uno che forse questa sera va pur sempre detto, oltre a quelli che cercavo di esprimere prima, è come tutta la psicologia clinica ci insegna a leggere un poco più nel profondo anche le dichiarazioni. Già prima sono emersi termini come quello di “rimozione”, ci sono delle fasi in cui si reagisce con una rimozione, che però non rappresenta il mio effettivo sentire ad una situazione ingrata immediata, e ci sono delle modalità in cui si protesta con una dichiarazione di non volere più nulla, un abbandono e una solitudine. Io però davvero, ho voluto mettere questa riflessione in un termine di totale… non ho usato a caso l’espressione “amicizia”, possono esserci anche degli aspetti che oggi vengono visti in maniera differente, però dobbiamo andare avanti a riflettere e ad ascoltarci reciprocamente in queste diverse riflessioni di fondo, perché questo credo che sia molto importante.
Vi ringrazio, e ringrazio anche lei della pazienza.

LAURA CANAVACCI
Commissione Regionale Toscana di Bioetica
Io ringrazio il Professor Eusebi, aspettavo, in realtà volevo andare via perché ho un impegno a casa, ma non ci riesco perché la passione mi ha trattenuto e ne sono molto lieta, quindi colgo l’occasione per rispondere, mi dispiace se mi sono mal espressa, non penso neanche io che la Costituzione sancisca un diritto a morire, anche perché non riesco neanche a identificare come possa costituirsi un diritto a morire, ma mi riferivo all’art. 32 quando dice che nessuno può essere obbligo a un determinato trattamento, se non per disposizione di legge, che è un trattamento sanitario obbligatorio che ha ben altre applicazioni, è il T.S.O., e in questo senso penso al diritto anche del grave disabile di scegliere a quali trattamenti essere sottoposto e a quali no, qual è il limite oltre il quale quel trattamento non è più proporzionato alle sue condizioni di vita. Quindi penso che in quel giudizio, che giustamente il Professor Eusebi richiamava alla proporzionatezza dei trattamenti, non si possa non mettere in campo la voce di chi quel trattamento lo deve subire, quindi ho soltanto dei dubbi sul fatto che quel giudizio di proporzionalità possa essere fatto a priori da qualcun altro quando c’è davanti una persona che è perfettamente abile a stabilire se quel trattamento è proporzionato o no alla sua situazione, questo solo. Le sentenze in questo senso mi pare siano state molto chiare, non esiste un diritto a morire, non esiste un diritto a richiedere un atto attivo, anche perché l’eutanasia è vietata dal nostro Ordinamento, quindi non credo che in nessuna maniera si possa in questo momento parlare di “diritto all’eutanasia”, si parla di un diritto a quali trattamenti essere sottoposti.

PROF. LUCIANO EUSEBI
Ordinario di Diritto Penale dell’Università Cattolica di Milano e Piacenza
Ma il problema è proprio questo: io credo che lei e io su questa riflessione sulla proporzionatezza potremmo arrivare a grandi margini di accordo, certo lo sappiamo benissimo che nessuno oggi discute di un’eutanasia attiva, il problema è proprio quello: se l’interruzione o la prescrizione per il futuro possa prescindere da un giudizio sulla proporzione. Una proporzione che certamente integra anche aspetti del vissuto soggettivo, ma si tratta di vedere se diventa un criterio suscettibile di una condivisione o se diventa una totale soggettivizzazione. Su questo si gioca molto, potremmo essere anche non d’accordo su alcuni aspetti di questo, ma abbiamo credo messo in evidenza un aspetto molto delicato, anche se era tangenziale rispetto alla passione comune che oggi abbiamo per l’aiuto alle persone in difficoltà.

LAURA CANAVACCI
Commissione Regionale Toscana di Bioetica
Sì. Più che altro alla volontà di ricordare che queste disquisizioni, sulle quali io poi credo ci sia invece un margine ampio di accordo, anche la sentenza su Eluana Englaro non dice “Un rispetto della volontà incondizionato” ma dice “Un rispetto della volontà condizionato all’accertamento di determinate condizioni cliniche”, sulle quali poi si può essere d’accordo o meno, sulle quali la scienza può discutere, però comunque richiama un giudizio di proporzionatezza rispetto agli interventi, quindi un giudizio semioggettivo, che è quello della scienza. Però la cosa importante secondo me è che queste disquisizioni non vadano a coprire, non siano presentate o percepite in antitesi a invece un riconoscimento di una soggettività che chiede la rimozione di quegli ostacoli all’espressione di un’autonomia che è nella vita quotidiana.


 

Intervento Sig. Mauro Sozzi

Non faccio parte di organizzazioni né Clubs,presenti qui né fuori di qui. Appartengo all’associazione dei
non associati.Sono un libero cittadino che vuol dire quello che pensa sui Gravissimi Disabili con la speranza
di aiutarli.L’aggettivo “Disabile” dà un’idea abbastanza chiara della condizione fisica e/o mentale della
persona.Si deve però tener presente che ci sono dei differenti stati di disabilità :cioè differenti condizioni
di vita.Infatti, si va da disabili che parlano,parzialmente immobili ed in buone condizioni mentali, a
disabili all’estremo limite della vita, immobili,senza alcuna capacità di parlare né di intendere e volere
in una condizione ,insomma, vegetativa.Per quest’ultima condizione la Società si impegna al massimo,
sia per umanità che per etica, per far vivere quelle persone anche in quello stato.Per quei disabili invece, in condizioni gravissime, perché non parlano, sono completamente immobili ma con piene facoltà mentali
la Società non fa assolutamente quanto dovrebbe.Eppure, per loro, sarebbero indispensabili mezzi adeguati
e un’assistenza totale di 24 ore su 24, al fine di potergli far soddisfare , sempre, le loro necessità : come noi,
del resto, esaudiamo le nostre quando vogliamo.Solo in questo modo, queste persone, acquisteranno la
consapevolezza di una vita dignitosa e indipendente che vale la pena di vivere.
Succede, che a una persona coinvolta in un grave fatto traumatico, gli si prodigano tutte le cure possibili, che spesso la salvano,restando, purtroppo, alle volte, impedita sia nel parlare che in tutte le altre attività motorie
tranne che in quelle intellettive.Comunque, noi ci riempiamo di soddisfazione al pensiero che , la Società di
cui noi facciamo parte, con la sua efficienza che si evidenzia con la velocità dell’intervento (ambulanze,
elicotteri), con la tecnica e qualità dei suoi complessi ospedalieri, questa Società gli ha salvato la vita.
Ci dimentichiamo, però, che se a queste persone, in uno stato di gravissima disabilità ma integre di
cervello, non diamo la possibilità di vivere una vita dignitosa molte di loro, trovandosi in uno stato indigente
arriveranno anche a pensare di voler morire. Del resto quanti di noi, qualche volta, hanno pensato che,
prima di restare completamente immobili, non parlare, non poter decidere niente, e non avere la benché minima possibilità di una vita decente, sarebbe meglio non vivere.
Ebbene, le Istituzioni, insomma la Società, deve farsi completamente carico dei gravissimi disabili e dar loro
quanto abbisognano per vivere una vita dignitosa.Seguiteremo altrimenti, a trovarci nell’assurdità di
salvare la vita a persone , che, poi, senza un benché minimo spiraglio di vita decente si formerà nella loro
mente il pensiero di non volerla più vivere.Così di tutte e due le “cose” ne saremo i responsabili :della
loro vita e Dio non voglia, della loro morte. Non può esserci una benché minima giustificazione alla
mancanza di una totale assistenza e di adeguate ed immediate sovvenzioni da dare a questa “gente”, per
permettergli una vita dignitosa che gli scacci dalla mente brutti pensieri e, a noi, ci renda la coscienza
più tranquilla. Attacchiamoci con forza a chi di dovere, perché sia dato immediato corso alla formulazione
di una legge adeguata e, velocemente, sia resa operativa.Mancano i mezzi ? Facciamo un carro armato in
meno ; perderemo la guerra ? Ma poi per non perderla basta non farla !