Apre il V Convegno l'intervento di S.E. Card. Giuseppe Betori


Presentazione Alberto Guerrieri Referente www.dirittovitadignitosa.it

Buongiorno a tutti. Nel dare inizio al V °Convegno Nazionale “Diritto ad una Vita Dignitosa”, saluto i presenti e ringrazio la Regione Toscana, il Consiglio Regionale ed il Comune di Firenze per i Patrocini concessi alla ns. iniziativa quale riconoscimento del valore e dell’impegno sociale.
Da anni ci battiamo a sostegno delle Persone Disabili Gravissime in Dipendenza Vitale. Chi sono?
Sono gli Ultimi, i Casi Estremi di Persone che necessitano di un’assistenza continua nelle 24 /h./giorno, per tutti i giorni dell’anno. Inutile evidenziare che le complesse necessità assistenziali non consentono a costoro di essere presenti tra noi. Ne consegue l’idea di aprire questa Tavola Rotonda, proponendovi i “pensieri e le parole” di una persona Disabile Gravissima. Parole vocalizzate con l’ausilio di un computer. NON IMPORTA CHI SIA.
Vi prego di ascoltare in silenzio, ciò che questa persona tenta di comunicarci. Grazie:

Testo Vocalizzazione:
Rivendico il Diritto di Vivere in modo Dignitoso e Libero. Diritto per Disabili in Condizioni Gravissime, a condurre una Vita Dignitosa, in piena Autonomia ed Indipendenza. Tragicamente mi viene in mente l’articolo 3, comma 2 , della nostra Costituzione:
è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la Libertà e l’Eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della Persona Umana

Manifesta quanto sia INGUARIBILE LA SUA VOGLIA DI VIVERE, di sentirsi ed essere Persona. Per questo è evidente che dobbiamo andare oltre le parole per comprendere che “Rivendico il Diritto di vivere in modo Dignitoso e Libero” altro non è che una FORTE RICHIESTA DI AIUTO, gridata a qualcuno che se ne faccia carico.
La finalità di questa Tavola Rotonda, oltre relazionare i contenuti della Legge sul Dopo di Noi, ha l’obiettivo di dare risposta a questa richiesta di aiuto.
Ma la Legge sul Dopo di Noi, può soddisfare questa richiesta di aiuto?
È una legge che abbiamo tanto atteso ed alla quale abbiamo dato un forte contributo sostenendola sia con il Secondo Convegno Nazionale / 2012, che con il Terzo Convegno Nazionale / 2013. È stata approvata in via definitiva il 14 giugno 2016. Introduce il sostegno e l’assistenza alle Persone con Disabilità Grave dopo la morte dei loro Cari. La finalità della legge mira a favorire il BENESSERE, LA PIENA INCLUSIONE SOCIALE E L’AUTONOMIA  delle Persone Disabili. Tutto questo nel rispetto della Convenzione ONU / 2006, ratificata in Italia nel 2009 e nel rispetto della Convenzione Europea e dei Diritti previsti dalla Costituzione italiana.
Purtroppo è necessario evidenziare che nella cornice di questi Diritti, LA REALTA’ È BEN DIVERSA. Mi riferisco alla drammatica emergenza sociale che registra un incremento degli Omicidi delle Persone Disabili ai quali fanno seguito i Suicidi di chi li ha commessi.

Cito i due recenti casi risalenti al novembre 2016 / Vespolate e Montesarchio:


Non vogliamo drammatizzare perché sulla morte non si specula, ma vogliamo far comprendere che nel descrivere questa drammatica realtà, nessuna Legge al Mondo, potrà mai trasferire serenità alle persone Disabili dopo la morte dei loro Cari, se non saremo capaci di andare oltre i contenuti della Legge sul Dopo di Noi e prendere consapevolezza che il Volto della Speranza, l’obiettivo di garantire alle persone Disabili la certezza che nessuno verrà abbandonato dopo la morte dei loro Cari, si realizza quando comprenderemo che il Dopo di Noi è un problema di TUTTI NOI. E’ un problema di tutta la Società.
Dobbiamo vincere quella devastante INDIFFERENZA determinata dalla drammatica  Crisi Globale, nel contesto della quale, gli Ultimi, i Senza Voce, i Casi Estremi, rischiano di non essere percepiti come un problema che riguarda Tutti Noi. Che riguarda tutta la Società.

Dobbiamo impegnarci Tutti a sostenere questa INGUARIBILE VOGLIA DI VIVERE di queste persone Disabili rimaste prive della presenza e del sostegno affettivo dei loro Cari.
Grazie per l’attenzione.


Ciò premesso passiamo ora a trattare le Relazioni Tematiche per quanto attiene i contenuti:

BIOGIURIDICI                    Relaziona Vito Camposeo, Diritto Privato Università di Siena.

BIOASSISTENZIALI           Relaziona Stefania Saccardi, Assessore Sanità Regione Toscana.

BIOFISCALI                         Relaziona Alessandro Giovannini, Ordinario Diritto Tributario Università di Siena.

Tutti, autorevoli esponenti che non hanno certo bisogno di alcuna presentazione.

INTERVENTO Vito Camposeo
(in fase di elaborazione)

INTERVENTO Stefania Saccardi
( VEDI VIDEO )

INTERVENTO Alessandro Giovannini
(VEDI VIDEO)


DIBATTITO


Lucia SteccatoCONTRIBUTO DI ESPERIENZE

Lucia Steccato / Caso Gianpiero Steccato
affetto Locked-in syndrom

Vi ringrazio per l’invito, ma la mia salute non mi permette di partecipare al convegno sul tema del Dopo di Noi. Il contributo di esperienza che desidero trasmettere è motivato dalla consapevolezza che nessuna Legge al Mondo potrà mai trasferire ad una Persona Disabile Gravissima, in dipendenza vitale, gli ultimi, i casi estremi, la certezza che non verrà abbandonato dopo la morte dei Suoi Cari se prima non avrà concreta certezza di far parte di una comunità sociale che lo abbia accolto e sostenuto.  In questo senso è utile ricordare mio marito Gianpiero: oltre ad una tetraplegia completa, era cieco, sordo ad un orecchio, due anni di singhiozzo, tre infarti e ben quindici focolai polmonari. Gianpiero, pur avendo perso il bello esteriore dei suoi 49 anni, “NON SI E’ MAI ARRESO”. In questi anni tante le fatiche, guerre con amministratori ASL, con il Comune di Piacenza per un progetto adatto a QUESTI MALATI. Tante le paure, il mettere in piazza i tuoi interessi, le critiche sempre pronte…
Delusione sapere che il nostro Paese elargisce fondi in base alle Regioni e non alle specifiche patologie.
Delusione di far forza per far rispettare le Leggi.
Delusione per l’indifferenza di molti che inevitabilmente avrebbero favorito il “Diritto ad una Morte Dignitosa” anziché battersi per il “Diritto ad una Vita Dignitosa”. Grazie a Dio, in questo lungo calvario abbiamo incontrato molte Persone che ci hanno finalmente aiutato a fare rientro a casa con un adeguato Progetto Socio- Assistenziale. Oltre all’assistenza giornaliera degli operatori, si era organizzato un COMITATO intorno a Gianpiero: 500 iscritti.
Circa quaranta VOLONTARI, si alternavano ogni giorno a farci compagnia ed in aiuto agli operatori.
Abbiamo riscoperto il valore dell’amicizia, dell’amore, sentimenti senza interessi, rispettosi e pieni di amore. Puri e Sinceri. Nonostante la bava che gli scendeva dalla bocca, donne e bambini lo hanno sempre accarezzato.
Abbiamo avuto una classe delle elementari. Sono venuti per cinque anni.
Grazie ai volontari, abbiamo avuto la possibilità di scrivere un libro e tante cose ancora…
Grazie allo Stato Maggiore, Prefettura e Croce Rossa Italiana, con un aereo messo a disposizione dalla Aereonautica Militare per andare a Roma, siamo stati ricevuti da Papa Benedetto XVI. Ma il sogno migliore, rispetto ad una aspettativa di vita di un anno, è stato quello di poter vivere 13 anni in MODO DIGNITOSO, con accanto angeli custodi che non ci hanno mai fatto sentire soli.
NON CI SONO LEGGI “che emanino calore ed amore”. E ’l’uomo “l’unica risorsa”.
Concludo esprimendo complimenti all’Ass. “Diritto Vita Dignitosa” per la tenacia, la determinazione di voler portare avanti al meglio, QUESTA INGUARIBILE VOGLIA DI VIVERE, delle Persone Disabili.


Intervento Daniele Pasquinelli.

SINTESI INTERVENTO V CONVEGNO NAZIONALE DIRITTO AD UNA VITA DIGNITOSA
Ci tengo anzitutto a ringraziare Alberto Guerrieri per avermi dato questa possibilità. Da cittadino piombinese non posso non manifestare il mio sincero apprezzamento per questa associazione che nasce in un contesto provinciale, ma  nel corso degli anni è diventata una realtà di livello nazionale. La legge 112/2016 “ Dopo di Noi” è entrata a far parte del nostro ordinamento giuridico quasi in silenzio e senza la dovuta attenzione, da parte di media ed opinione pubblica, che un argomento così complesso merita. Nel ristretto dibattito, avvenuto per lo più fra addetti ai lavori, sono emerse essenzialmente due posizioni ben definite e contrapposte: c’è chi definisce questa legge un epocale passo avanti che va a riempire un evidente vuoto normativo e chi più semplicemente la definisce un’occasione sprecata. Per analizzare contenuti ed effetti di questa legge io partirei da un aspetto più elementare, anzitutto definire in modo chiaro il problema che si vuole risolvere con questo provvedimento, per poi successivamente fare una valutazione complessiva. Poniamoci in maniera scevra da pregiudizi alcune domande. In quale tipo di società vogliamo vivere? Possiamo ancora definirci una comunità? Una comunità dove il collettivo si fa carico dei disagi dei più deboli, degli ultimi, di chi non ha voce semplicemente perché numericamente non “rilevante” ? Se, come presuppongo, questo è il sentire comune, non possiamo non accettare il fatto che tutte le famiglie che hanno nel loro nucleo persone con disabilità gravi in dipendenza vitale necessitino di un sostegno immediato ed immediatamente efficace per il “dopo ed il durante di noi”. In questo contesto si va ad inserire la legge 112/2016, che evidenzia numerose criticità tali da renderla inefficace rispetto al vuoto che si prefigge di riempire. Anzitutto non si può non considerare che le famiglie con disabilità gravi al loro interno, devono inevitabilmente  sostenere spese assai gravose e questo si va a sommare alla ormai strutturale crisi economico – occupazionale. Questa legge, invece, è sostanzialmente strutturata su aspetti fiscali, onerose polizze assicurative o strumenti comunque già contemplati dal nostro ordinamento come il Trust. Quest’ultimo è di per se un lampante esempio di come, nelle stesura della legge, non siano state considerate le reali necessità economico - assistenziali per il dopo di noi, in quanto si da per scontato che le famiglie abbiano beni da conferire per l’utilizzo del Trust. Sotto il punto di vista prettamente assistenziale invece, le risorse messe in campo risultano oggettivamente esigue. Il fondo stanziato è di 180 mln di euro per il triennio 2016/2018 (90 mln per il 2016 ) , chiaramente una goccia nel mare rispetto alle reali necessità. Sotto il profilo sostanziale, inoltre, l’Istat evidenzia l’inadeguatezza della definizione “statica” di handicap grave (ex l. n. 104/92) adottata dalla l. n. 112/2016, riconducibile alla riduzione delle capacità funzionali a causa di malattia o menomazione. Essa è, infatti, ormai superata da quella “dinamica” dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui l’handicap è la risultante della interazione, variabile nelle varie fasi dell’esistenza dell’individuo, tra le sue condizioni di salute e il contesto in cui egli vive . Tale definizione considera, quindi, non solo il grado di invalidità e di dipendenza attuali, ma anche le esigenze future. A tutto questo va aggiunto il fatto  che nessuno dei molteplici e burocratici metodi di verifica e controllo del grado di disabilità previsti attualmente in Italia è in grado di fornire informazioni circa l’interazione del disabile con il contesto, tali procedimenti valutano esclusivamente i requisiti che permettono di accedere ai relativi servizi, prestazioni e benefici, e nient’altro. I limiti della definizione di disabilità grave adottata dalla l. n. 112/2016 risultano ancor più evidenti se si considera che gli accertamenti connessi (ex l. n. 104/1992) non avvengono secondo criteri operativi definiti a livello centrale e quindi utilizzati omogeneamente, poiché lo Stato non ha mai elaborato uno strumento specifico valido per tutto il territorio nazionale, quindi, in mancanza di direttive statali unitarie, già nel “durante noi” i portatori di handicap grave sono oggetto di disparità di trattamento a seconda del territorio di appartenenza, e lo saranno inevitabilmente anche nel “dopo di noi”, dato che la legge n. 112/2016 non provvede a colmare tali lacune. Va infine evidenziato come la parte operativa di questa legge faccia riferimento quasi esclusivamente a soggetti del Terzo Settore, mentre settore pubblico ad ASL occupano un ruolo del tutto marginale. E’ mia profonda convinzione che uno Stato degno di questo nome debba farsi carico in maniera diretta dei soggetti più deboli, anche perché il terzo Settore, sia pur per la maggior parte costituito da ottime realtà, non può dare le giuste garanzie. Dobbiamo sempre ricordarci che stiamo parlando di soggetti non autosufficienti ed in stato di grave sofferenza fisica e mentale, quindi è dovere dello Stato trovare le necessarie risorse per garantire loro una completa assistenza e protezione da quei soggetti che potrebbero vedere in questa legge solo uno strumento per fare affari sulle loro necessità. Considerato quanto premesso non posso che giudicare questa legge inefficace rispetto agli obiettivi che si prefigge e posso aggiungere, riferendomi a chi invece l’ha considerata comunque un inizio, che una famiglia in attesa di una risposta per il “Dopo di Noi” non ha il tempo di aspettare che si facciano piccoli passi verso una soluzione ancora lontana, ma vogliono inderogabilmente che il “Dopo di Noi” diventi una reale priorità.

 


Donatella PagliacciIntervento Donatella Pagliacci

Il Decreto del novembre 2016, firmato dai ministri della Salute, del Welfare e dell’Economia, costituisce il primo passo per l’attuazione operativa della Legge 22 giugno 2016, n. 112, recante “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, anche detta Legge sul “Dopo di noi”. Con il Decreto si dà mandato alla Regione Toscana, come alle altre Regioni, di indicare le modalità concrete con cui verranno recepite sul proprio territorio le indicazioni della Legge e il modo in cui verrà utilizzato il Fondo istituito dalla legge, che il Decreto suddivide tra le Regioni (per la Toscana 5,490 milioni di euro per il 2016).
I requisiti per l’accesso al Fondo definiti dal Decreto ministeriale sono molto stringenti.
La legge, come chiarisce il Decreto, non è solo per le persone con disabilità grave senza più genitori ma anche per quelle i cui genitori «non sono in grado di fornire l’adeguato sostegno genitoriale» nonché «in vista del venir meno del sostegno genitoriale». Si deve intervenire quindi con un percorso di accompagnamento e preparazione. Inoltre gli interventi devono essere costruiti su una valutazione multidimensionale, effettuata da equipe multiprofessionali “…secondo i principi della valutazione bio-psico-sociale e in coerenza con il sistema di classificazione ICF». Questa valutazione è finalizzata alla definizione di un progetto personalizzato, che deve essere definito assicurando «la più ampia partecipazione possibile della persona con disabilità grave, tenendo conto dei suoi desideri, aspettative e preferenze e prevedendo il suo coinvolgimento pieno nel successivo monitoraggio e valutazione». Le aree su cui dovrà essere fatta la valutazione sono:
“…
a.    Cura della propria persona, inclusa la gestione di interventi terapeutici;
b.    mobilità;
c.    comunicazione e altre attività cognitive;
d.    attività strumentali e relazionali della vita quotidiana;

Il criterio più stringente è però forse quello su quali interventi e servizi potranno essere finanzianti con il Fondo. Infatti nel Decreto si dà indicazione di destinare il fondo a percorsi di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare di origine o per la deistituzionalizzazione, interventi di supporto alla domiciliarità in soluzioni alloggiative dalle caratteristiche ben descritte, programmi di accrescimento della consapevolezza e di abilitazione per la gestione della vita quotidiana. Rispetto alle caratteristiche alloggiative l’indicazione è quella, (presente già a monte nella Legge 112/2016) di riprodurre «le condizioni abitative e relazionali della casa familiare». Le dimensioni sono definite in modo chiaro e non derogabile: potranno viverci non più di 5 persone; complessivamente non ci potranno essere nello stesso contesto più di due moduli abitativi di 5.  Le camere dovranno essere preferibilmente singole, dovrà essere promossa la domotica, non dovranno essere in contesti isolati ma «in zone residenziali» e se rurali solo «all’interno di progetti di agricoltura sociale».
Questi criteri rispetto alla rete delle strutture esistenti nei territori indicano, nella maggior parte dei casi, un percorso innovativo, se non addirittura “rivoluzionario”. Infatti, i criteri quali-quantitativi indicati, rispetto alle soluzioni alloggiative, pongono ai servizi la sfida di garantire l’assistenza adeguata, che dovrà essere oggetto di progettazione davvero caso per caso, insieme alle persone e tenendo conto dei bisogni specifici e progetti di vita di ognuno. Anche la possibilità che queste soluzioni abitative ospitino progetti di co-housing è una piccola sfida, in questo caso sia per i servizi per per il tessuto sociale. Infatti il co-housing presuppone una visione di condivisione e solidarietà che va fatta crescere e supportata, non come una soluzione di “ottimizzazione” delle risorse (in ottica aziendalistica), ma invece come opportunità di arricchimento reciproco e di messa a comune di interessi, esperienze, soluzioni. Il co-housing deve essere volontario, anche se non necessariamente può nascere in modo spontaneo.  I progetti di co-housing, quindi possono nascere solo quando esistono davvero progetti individuali, e quando più progetti individuali trovano una sintesi sinergica nel contesto di una struttura che permette allo stesso tempo di mantenere la propria autonomia e di mettere in comune spazi, tempi e attività.
La Legge è il decreto ministeriale indicano come destinatari degli interventi sopra descritti tutti le persone con disabilità grave secondo la Legge 104/1992, art 3 comma 3. E’ evidente che l’opportunità di costruire dei progetti di vita come sopra descritti deve essere offerta a persone con caratteristiche e bisogni molto diversi.
E’ opportuno considerare le specifiche condizioni in cui si trovano persone con disabilità gravissima in situazione di dipendenza vitale. Se infatti, quanto sopra descritto costituisce già di per sé una sfida importante per i servizi e per la società nel suo complesso, garantire la possibilità di portare avanti il proprio progetto di vita nell’ottica del “Dopo di noi”, per persone che hanno queste caratteristiche è una sfida ancora più grande e richiede un impegno specifico, sia sul piano organizzativo, che tecnico. Infatti l’indicazione di garantire la domiciliarità per queste persone, contenuta nel Decreto Ministeriale attuativo del Dopo di noi, richiede la capacità di mettere in campo interventi di supporto alle funzioni vitali, in modo tecnicamente appropriato e continuo nel tempo. Ma soprattutto,  è evidente che per queste persone la garanzia di supporto alle funzioni vitali non può venire prima e condizionare il progetto di vita, la vita sociale e relazionale. Non si può piegare alle esigenze di sostegno della funzione respiratoria, o di nutrizione o di evacuazione, la possibilità di interagire, di uscire, di avere i propri tempi di vita e di autodeterminarsi. Questa sfida può essere raccolta solo se, attraverso progetti sperimentali e di preparazione al Dopo di noi, si riesce ad avere la piena percezione di quali sono le criticità, i tanti problemi tecnici e organizzativi che si possono incontrare, si individuano soluzioni e protocolli adeguati. Per questo è fondamentale che insieme ai servizi, la rete sociale e di supporto, si adoperi perché il diritto all’autodeterminazione della persona sia sempre alla base del progetto di vita, e che “vita” non divenga mai sinonimo di “sopravvivenza”.


Gianni Anselmi

 

Intervento Gianni Anselmi